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Dal cuore dell’Africa a quello dell’Europa: a Messina un incontro di preghiera senza confini   versione testuale
Articolo di Elena De Pasquale - Migrantes Messina

(17 novembre 2015) -  “Cosa abbiamo fatto di male Signore? Il nostro peccato è quello di essere poveri. Ci state uccidendo, lasciate che l’Africa trovi la sua pace”.
Come ben si evince dalla strofa di una delle canzoni intonate, quello organizzato dall’Ufficio Migrantes di Messina giorno 14 novembre, nella chiesa di “Santa Maria di Porto Salvo”, doveva essere un “incontro di preghiera per le vittime per le migrazioni”. Purtroppo, però, gli echi, ancora profondi, degli spari e delle urla di terrore che hanno inondato Parigi, l’Europa e il mondo intero, hanno fatto sì che l’appuntamento organizzato dalla Migrantes di Messina si trasformasse in un incontro di preghiera in memoria di quanti, per ragioni diverse, hanno visto brutalmente spezzate le loro vite.
Un momento di condivisione tra occidente e oriente, reso ancor più intenso dal bisogno di superare gli echi dell’odio e della diffidenza verso l’altro che, inevitabilmente, a seguito di quando accaduto nel cuore dell’Europa, rischiano di riprodurre invalicabili barriere ideologiche.
Un pensiero alle vittime del mare e a quelle delle armi dei terroristi dell’Isis; un pensiero rivolto a chi, ogni giorno, tenta di trovare pace oltre il Canale di Sicilia scappando da guerre, fame e persecuzioni e un pensiero rivolto a quanti, in una sera uguale a tante altre solo all’apparenza, hanno invece conosciuto morte e paura. Un’atmosfera a tratti surreale quella respirata tra le navate di “Santa Maria di Porto Salvo”, scandita da intensi momenti musicali intonati dal coro multietnico dell’Ufficio Migrantes di Messina.
Ad “impreziosire” la croce ricavata dal legno dei barconi, posizionata a ridosso dell’altare, un giubbotto di salvataggio, unica ancora di salvezza nelle insidiose navigazioni del Mediterraneo; una busta per colazione a sacco, a significare la frugalità del viaggio intrapreso dall’Africa verso l’Europa; una cassetta di pomodori e un paio di scarpe con tacco a spillo, rispettivamente emblemi dello sfruttamento di migranti uomini e donne; uno zainetto ed un peluche, immagini di un’infanzia spesso rubata. Tanti simboli a “incorniciare” il simbolo, quello della Croce, posti ai piedi di quest’ultima da alcuni ragazzi ospiti del Centro di prima accoglienza per minori stranieri non accompagnati “Ahmed” di Messina. Una presenza, quella dei minori, che ha rappresentato e rappresenta testimonianza concreta di come il fenomeno della mobilità umana vada considerato e analizzato ben oltre la fase emergenziale degli sbarchi. Una presenza che è segno delle domande a cui la Chiesa e la società civile devono riuscire a dare delle risposte, ripensando nuove forme di accoglienza, immaginando di costruire una città capace di vivere, attraverso gesti concreti, i valori della solidarietà e della condivisione. Valori che, come testimoniato dalle intercessioni recitate  durante la celebrazione dai rappresentanti di diverse parrocchie cittadine, chiamate da papa Francesco ad essere protagoniste di ospitalità, e dai diversi rappresentanti delle comunità religiose presenti sul territorio messinese (chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev; comunità islamica; comunità buddhista), devono animare e riempire di senso i gesti quotidiani di ciascun credente a prescindere dal proprio credo. Oltre “confini” di colore, razza o religione.
(Elena De Pasquale - Migrantes Messina)