L’Avvento
Le caratteristiche liturgiche del tempo d’Avvento – la tensione verso la parusia e la preparazione diretta alle feste natalizie – dovrebbero trovare entrambe riflesso, nell’ordine, nell’animazione musicale delle celebrazioni di queste quattro settimane. Solo nell’orizzonte del mistero integrale di Cristo, infatti, acquista senso il peculiare cammino di purificazione cui ci invita la liturgia, tingendo di viola i paramenti, privando la messa del canto dell’usuale Gloria in excelsis e domandando, in generale, una certa qual moderazione sonora («In tempo d’Avvento l’organo e altri strumenti musicali siano usati con quella moderazione che conviene alla natura di questo tempo, evitando di anticipare la gioia piena della Natività del Signore»: Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 313) – una moderazione, naturalmente che (diversamente dal tempo di Quaresima) non deve spingersi di necessità fino all’eliminazione della musica puramente strumentale, ma deve piuttosto tradursi in un uso accorto dei diversi piani sonori, affinché la musica non rischi di caricare i riti di connotati eccessivamente festivi.
L’orizzonte di duplice preparazione tipico del tempo esige perciò in primo luogo una particolare attenzione ai testi intonati, che dovranno essere vagliati autonomamente (indipendentemente, cioè, dal loro rivestimento musicale), in modo da assicurarsi da un lato della loro pertinenza teologica e della loro dignità letteraria, e dall’altro del fatto che essi siano ‘culturalmente comprensibili’ dalle assemblee a cui sono destinati (del fatto, cioè, che non contengano espressioni oscure o ermetiche o siano eccessivamente distanti dalle sensibilità e dalle capacità di ricezione di quegli uomini e quelle donne). Essi saranno pertanto attinti di preferenza da repertori di riconosciuta autorevolezza in primo luogo liturgica, così da poter effettivamente ‘funzionare’ in situazione (da questo punto di vista, il Repertorio Nazionale può ottimamente fungere sia da serbatoio di selezione, sia – attraverso le Premesse – da metro di giudizio di scelte compiute al di fuori di esso).
Come canto qualificante della celebrazione, in secondo luogo, si potrà puntare sul canto d’ingresso, preferendo, a seconda dell’opportunità, o un’efficace ‘sigla’, mantenuta per tutte le quattro domeniche, o una coppia di testi più direttamente collegati alla sommaria bipartizione cronologico-tematica che solca il tempo (I domenica - 16 e 17 - 24 dicembre).
Mancando il
Gloria, si potrà sonorizzare (anche qui tuttavia con moderazione, senza farne il fulcro della messa) l’atto penitenziale, ricorrendo magari alla seconda formula prevista dal Messale costituita dal dialogo con i versetti salmici: oltre al
Sal 50,1 si trova anche il
Sal 84,8 «Mostraci, Signore, la tua misericordia. E donaci la tua salvezza», invocazione assai ricorrente nel tempo di Avvento; per questa forma dell’atto penitenziale, la verità dell’azione rituale domanda musiche brevi, semplici, dirette e mai musicalmente troppo espanse.
Varrà anche la pena riservare per un certo numero di anni un set di canti rituali (quanto meno: acclamazione al vangelo, canti della preghiera eucaristica, litania alla frazione del pane) a questo solo tempo, in maniera che la loro ciclica ricomparsa possa fungere da ‘memoria sonora’ per i fedeli e aiutarli a ‘entrare’ nell’Avvento senza bisogno di troppe parole di contorno.
Il canto di comunione o dopo la comunione potrà quindi essere un’ulteriore occasione per ribadire con la forza connotativa che gli conferisce la sua peculiare collocazione il legame prezioso e profondo fra Eucaristia ed eschaton, fra il già e il non ancora entro cui si gioca gran parte della liturgia non solo d’Avvento, ma della liturgia tout court e di tutta la vita cristiana (come ci insegnano SC 2 e 8). Ad aiutare nella scelta potranno valere le antifone di comunione del Messale: che, anche quando non riprese alla lettera, possono in ogni caso suggerire temi e spunti di scelta.
Il tempo d’Avvento, infine, è anche la stagione liturgica più ricca di riferimenti alla Madre di Gesù, vera e propria icona della Chiesa che prima attende e poi contempla il suo Signore. Diventa così facile, nello scorrere dei giorni, lasciare qualche spazio alla lode per la Vergine Madre. Di essa andrà accortamente vagliata la collocazione più opportuna, in funzione della forma e del contenuto dei canti prescelti; qualche solido canto mariano potrà tuttavia integrarsi nel tessuto celebrativo con maggior agio che in altri momenti dell’anno liturgico, e occupare anche posizioni meno solite dell’usuale congedo, proprio in ragione delle caratteristiche generali del tempo liturgico (e sulla scia della tradizione gregoriana del fondo antico, che – una tantum in tutto l’anno – utilizza addirittura come antifona all’offertorio della IV domenica la sezione biblica dell’Ave Maria).
La ‘novena di Natale’
Nei giorni dal 17 al 24 dicembre il ricordo di Maria si coniuga con la tradizionale novena di Natale, cara a molte generazioni di cristiani e per la quale esistono diversi repertori collaudati, sia di lungo corso sia di diffusione più recente e locale.
Essa (secondo quanto prescrive SC 13) va armonizzata il più possibile, quanto a tono e a tematiche, alla liturgia dei giorni che l’accolgono, evitando eventuali abbandoni devozionali o sentimentali, soprattutto dai testi cantati. Ancora una volta, converrà prendere a modello testuale e sonoro il repertorio ‘gregoriano’ (questa volta della tradizione più recente), assolutamente limpido nella sua concentrazione laudativa e cristologica. Di esso varrà la pena conservare (anche in traduzione) almeno il canto delle cosiddette ‘profezie’, che potranno essere utilizzate sia come rito autonomo sia integrate nei riti di inizio della celebrazione eucaristica, in funzione di canto introitale o riprese subito dopo il saluto iniziale del presidente, precedute eventualmente da una sintetica monizione ad hoc.