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Se Lampedusa è come Betlemme, allora è stato un "vero" presepe vivente   versione testuale
Articolo di P. Giorgio Casula
(11 gennaio 2013) - Ovunque, durante il periodo natalizio, si programmano attività e manifestazioni che mettono al centro dell’attenzione la tradizione del presepe, rischiando di essere, talvolta, però eventi che ricordano i vecchi mestieri, senza celebrare il vero mistero del Natale. Questo mistero è la condivisione e la solidarietà di Dio verso l'uomo, quando facendosi bambino prende su di sé la nostra debolezza e fragilità.
Inizialmente, per vivere pienamente questo mistero di condivisione e solidarietà, a Lampedusa, si era pensato di organizzare un vero e proprio pranzo di Natale con i migranti presenti al Centro di accoglienza; purtroppo, però, il grosso numero di persone attualmente presenti non consentiva di realizzare tale iniziativa. Per non perdere però l’occasione di vivere lo spirito della condivisione, abbiamo pensato di trovare un’iniziativa alternativa, partecipando, nella semplicità e umiltà della stalla di Betlemme, la gioia della nascita del Signore Gesù con i fratelli immigrati e con tutta la comunità.
E così, è stato allestito un presepe vivente e aggiungo reale. “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Così gli angeli cantavano e lodavano Dio per la prima manifestazione del Signore Gesù ai pastori, che nella realtà giudaica di allora erano gli ultimi; qui a Lampedusa, il 25 sera del giorno di Natale, sono arrivati i pastori del nostro tempo e del nostro luogo: i nostri fratelli immigrati. Davanti alla natività posta al centro della piazza, abbiamo condiviso dolci e come comunità abbiamo sperimentato ciò che la nostra fede ci spinge a credere: Gesù Cristo che si è fatto uomo per fare di noi veri uomini. Alcuni hanno ripreso quei momenti postando i video su facebook e tantissimi hanno condiviso quelle immagini stupende che mostrano ciò per cui Cristo si è incarnato: “Vivere con Lui, per Lui e in Lui”.
A volte ci facciamo prendere, durante le feste natalizie, dalle belle iniziative che provocano tanta suggestione, ma che non ci lasciano niente dell’evento del Natale. Lampedusa ha dimostrato e continua a dimostrare di non essere un semplice scenario paesaggistico, ma anche luogo in cui l'urlo di paura, di incertezza e di disperazione dei Paesi dell'Africa arriva fortemente e trova risposta.
Non potevamo celebrare il Natale chiusi nelle nostre case o nei locali, ma dovevamo uscire, perché Cristo è nato negli abbracci che si scambiavano tutti, lampedusani e fratelli immigrati; nei sorrisi di gioia immensa che si leggeva nei volti dei bambini e in modo particolare di Daniel, eritreo che assieme alla sua gente ha cantato e ballato un canto di natale nella propria lingua.
Questo spettacolo della fede, caratterizzato dalla condivisione di dolci e delle diverse tradizioni popolari, ci ha fatto contemplare il mistero della nascita del Signore; non siamo stati semplici spettatori, ma veri protagonisti: ciascuno può contribuire alla crescita personale e comunitaria, per essere insieme promotori di serenità, quella serenità che viene solo dalla condivisione della certezza di essere amati dal Signore.        
(P. Giorgio Casula – viceparroco Lampedusa)