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Don Stefano Nastasi: l'ironia e la benevolenza del parroco di Lampedusa   versione testuale
Voci e volti delle Pelagie (3)

(14 novembre 2012) - Un sorriso nascosto dietro un filo di fumo e un'ironia benevola che rinnova quel sorriso a ogni occasione. È l'istantanea di don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, anima di una comunità piccola e complessa, che vive nel segno dell'accoglienza i tempi che il Cielo le ha assegnato. Tempi duri e tempi buoni allo stesso tempo, tempi di burrasche mediatiche e tragedie, naufragi grandi e piccoli. In questo quadro, che qualcuno ha dipinto con i colori dell'Apocalisse, don Stefano è una bussola.
Per i parrocchiani una bussola di 90 chili con tanto di barba e crocifisso al collo, che orienta pensieri e attività verso l'incontro. Già sul sagrato, ancora di più nella sagrestia e tra le navate della chiesa, la condivisione dei pesi è la Parola che don Stefano predica ai fedeli e pratica assieme a loro. Nella primavera del 2011, questa disposizione all'incontro ha consentito di aiutare migliaia di migranti sbarcati sull'Isola; adesso, nei giorni di una crisi ordinaria e devastante, il ministero di don Stefano - come quello di molti parroci - ha la forza profetica di un welfare dell'anima, che viene incontro anche ai bisogni più intimi di chi, nell'Isola delle Genti, ci vive o solo ci approda per poi volare via.
Ma lui si schernisce: “Buono io? Faccio quello che farebbe qualsiasi cristiano e che fanno tutti i lampedusani. Lampedusa ha salvato l'immagine dell'Italia e l'Italia non può più lasciarci soli, come se fossimo un mondo a parte”.  In questo universo compiuto in sé che è Lampedusa, don Stefano ha comunque ravvisato un’attenzione nuova da parte del “mondo altro”. La visita del presidente della Regione, Rosario Crocetta, ne è l'esempio più vicino nel tempo e, per certi versi, il più significativo. “Bisogna però evitare - rileva don Stefano - che l'attenzione verso Lampedusa e Linosa rimanga episodica. Lampedusa ringrazia il presidente, ma vuole giudicare Crocetta sulle cose concrete, perché il pacchetto delle rivendicazioni è sostanzioso. Dalla sanità ai trasporti, dall'istruzione alla pesca e al turismo, sono questi i problemi dimenticati, a Palermo come a Roma, e con i quali qui si devono fare i conti”.
La nuova stagione di Lampedusa e Linosa è fatta anche da una nuova amministrazione comunale, guidata dal sindaco Giusy Nicolini, che ha cercato e trovato il consenso su presupposti ben diversi da quelli del suo predecessore Bernardino De Rubeis. La Giunta ha mosso i primi passi, ma davanti ha una montagna da scalare, meccanismi da comprendere e muovere, relazioni da intrecciare, muri da abbattere. Tutto da vedere, anche in questo caso, giorno dopo giorno, come l'inchiesta dai grandi numeri sull'abusivismo a Cala Creta: novanta indagati, trent’anni di concessioni edilizie al vaglio della magistratura agrigentina e dei militari della Guardia di Finanza, che ha sequestrato diverse decine di fabbricati. E poi, certo, ci sono gli sbarchi, che però meritano un discorso a parte: qui è il Governo centrale a dover rispondere in termini di efficienza e umanità, al contrario di quanto avvenuto nel 2011.  
"I lampedusani sono generosi, ma non tutti saprebbero sopportare una nuova fase critica e la preoccupazione per ciò che potrebbe avvenire è diffusa. Il problema - insiste don Stefano - è quello di non ricreare la formula del parcheggio, non solo in relazione ai migranti ospitati nel centro di Contrada Imbriacola, ma anche delle imbarcazioni e delle salme. A questo proposito, i lampedusani hanno apprezzato il messaggio di pietà e condivisione giunto dai comuni agrigentini, che hanno accolto nei propri cimiteri i corpi dei migranti morti nell'ultimo naufragio. L’Isola non può essere lasciata sola, non può che essere una piattaforma nella quale chi arriva può essere trattenuto per pochi giorni. Lampedusa è troppo piccola e può solo rispondere alle necessità dell'accoglienza, non al percorso dell'integrazione, che può e deve invece avvenire in altri luoghi, più grandi e ricchi di opportunità. In attesa che anche qui si creino le opportunità per chi ci vive e per chi vuole venire a viverci”.
(Nino Arena - Ufficio Migrantes Messina)