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A Lampedusa e Linosa la voglia di raccontarsi oltre l'emergenza    versione testuale
Articolo di Elena De Pasquale (Ufficio Migrantes Messina)

(22 febbraio 2012) - «Avvisiamo i gentili passeggeri che il volo Lampedusa/Catania delle 12.30 è stato annullato». Questa, parola più parola meno, la “fredda” comunicazione con cui l’operatore dell’aeroporto di Lampedusa annuncia il disservizio. Per noi una notizia spiacevole e inattesa, per loro la normalità. Proprio così, noi e loro. Siamo sul punto di lasciare l’Isola delle Pelagie, quando ci rendiamo conto, ma stavolta in modo “diretto”, di quanto diversa sia la realtà al di qua e al di là del Mediterraneo: non parliamo però, come facilmente si potrebbe pensare, di due continenti diversi, Europa e Africa,  ma di realtà territoriali ben più vicine e che, almeno sulla cartina geografica, fanno parte dello stesso Paese, l’Italia. Uno stesso Paese che però non garantisce a tutti gli stessi diritti, partendo proprio dal diritto alla mobilità o se preferite alla continuità territoriale. E lo si legge bene negli sguardi di coloro che, come noi, hanno atteso invano quel volo, a bordo del quale salire per ragioni di lavoro o, nella maggior parte dei casi, per questioni mediche. Ma tutto per chi vive la realtà di un’isola, diventa complicato e Lampedusa e Linosa ne sono la conferma.
Annullato il volo per Catania, veniamo dirottati su Palermo, dove arriviamo intorno alle 17.00. Da lì un autobus messo a disposizione dalla compagnia aerea ci conduce alla destinazione finale, Catania, dove giungiamo alle 21.30.
Cominciamo così a capire che i quotidiani disagi di un’Isola sono, purtroppo, anzi soprattutto, questi. Negli occhi di chi, ormai da anni, è costretto a subirne le conseguenze non c’è però solo rassegnazione, c’è anche rabbia, rabbia di trovarsi “intrappolati” in una dimensione considerata esclusivamente come terra di frontiera e destinata ad essere dimenticata. Ed è proprio questo, invece, ciò che non va fatto. E lo abbiamo capito nella nostra nuova discesa nel cuore del Mediterraneo, dove gli isolani vivono la loro quotidianità consapevoli delle difficoltà ma profondamente attaccati alle loro radici.
È anche questo che cercheremo di raccontare grazie al nuovo progetto della Fondazione Migrantes, testimoniando la realtà quotidiana vissuta nell’Arcipelago delle Pelagie dopo i giorni della grande emergenza. L’iniziativa, che verrà realizzata attraverso l’Ufficio diocesano Migrantes di Messina, è stata accolta con entusiasmo da parte di coloro che ne saranno i veri protagonisti, Lampedusani e Linosani, i quali, grazie ai loro contributi, avranno la possibilità di far emergere altri volti delle loro isole.
Ma non è solo questo ciò di cui gli isolani saranno protagonisti, perché, come in più occasioni ribadito dal parroco di Lampedusa Don Stefano Nastasi, dopo quello che è successo lo scorso anno «nulla sarà come prima».
Lo abbiamo intuito stando a diretto contatto con loro: tutti hanno voglia di andare avanti, ma al tempo stesso nessuno ha voglia di dimenticare, piuttosto di rielaborare quel momento così particolare su cui, a distanza appunto di 365 giorni, ognuno almeno una volta si sarà fermato a riflettere. Lo avranno fatto le mamme che hanno preparato il couscous ai tanti migranti in giro per le strade; le donne che hanno distribuito coperte, latte e biscotti a quanti trascorrevano la notte sul sagrato della chiesa. Ma lo avranno fatto anche i tanti volontari che li hanno accolti al Molo al loro arrivo o gli “angeli del mare”, che a bordo delle motovedette SAR, non barconi della disperazione ma scialuppe della speranza, li hanno avvicinati poco prima che il loro viaggio finisse nelle gelide acque del Mediterraneo.Una catena di umanità così spontanea a cui forse c’è chi ripensa anche con un pizzico di nostalgia.
Ed è anche questo che cercheremo di capire attraverso le loro testimonianze scritte e attraverso un percorso di riflessione e confronto, che dall’esperienza di Lampedusa possa permettere di trarre una lezione per altri contesti sociali e territoriali che vivono i fenomeni della migrazione e dell’accoglienza. Perché in fondo, tutti ripensano a quei giorni, nel bene o nel male. C’è chi non lo dice in modo chiaro ma lo fa intendere, c’è chi invece, nei corridoi della parrocchia o presso gli uffici della Guardia Costiera o semplicemente per strada, afferma: «Ma ti ricordi l’anno scorso…». Ricordare, proprio quello che Lampedusa e Linosa hanno bisogno di fare senza rimanere imprigionate nel passato, ma trovando slancio nel domani proprio attraverso quello che è stato ieri. Una volontà a cui tutti coloro che in questo anno saranno attori e protagonisti del nuovo progetto della Fondazione Migrantes potranno fare propria. Ogni testimonianza aiuterà a comprendere meglio le mille sfaccettature di una comunità che ha bisogno e desiderio di far conoscere i suoi tanti volti.
(Elena De Pasquale - Ufficio Migrantes Messina)