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La Fondazione Migrantes torna nel cuore del Mediterraneo   versione testuale
Lampedusa e Linosa 365 giorni in rete

(31 gennaio 2012) - Tutto è iniziato un anno fa, grazie ad una telefonata tra il direttore generale della Fondazione Migrantes, mons. Giancarlo Perego, e il parroco di Lampedusa, don Stefano Nastasi, per capire cosa la Fondazione, organismo della Conferenza Episcopale Italiana, potesse fare per dare supporto e vicinanza nel momento di emergenza vissuto nell’Arcipelago delle Pelagie nei mesi della Primavera Araba. Illuminanti le parole di padre Stefano: «Non abbiamo bisogno di coperte, ma solo di qualcuno che venga a raccontare e testimoniare cosa sta succedendo». Ed è questo ciò che la Fondazione Migrantes, per mezzo dell’Ufficio diocesano Migrantes di Messina, diretto dal diacono Santino Tornesi, ha cercato di fare: comprendere e far comprendere cosa veramente stesse accadendo nell’Arcipelago delle Pelagie, attraverso i racconti dei cronisti volontari dell’Ufficio di Messina, Elena De Pasquale e Nino Arena. Un rapporto empatico quello creatosi con gli isolani, che hanno aperto il loro cuore permettendo ai due giornalisti di capire cosa la comunità abbia vissuto, una pagina di storia di cui è stata protagonista. Testimonianze raccolte prima in un “Diario di Borbo”, finestra virtuale aperta sul sito della Fondazione Migrantes e poi nel libro “Sullo stesso barcone. Lampedusa e Linosa si raccontano”, dove attraverso le emozioni, i sentimenti e i ricordi degli isolani si rivivono i giorni dell’emergenza.
Ed arriviamo ad oggi. Non si parla più di emergenza ma soprattutto non si parla più di Lampedusa e Linosa. Spenti i riflettori di tutto il mondo che per mesi sono invece stati puntati sui porti delle due isole, tra le calette delle coste frastagliate e sulla distesa del Mediterraneo, quell’Arcipelago sembra essere tornato “prigioniero” della sua solitudine. È proprio per questo che la Fondazione Migrantes ha deciso di non abbandonare quella terra ma di ritornarvi, avviando una seconda fase del progetto, “oltre l’emergenza”. A distanza di un anno dai fatti che hanno messo a dura prova la comunità isolana, lasciata sola soprattutto nelle fasi iniziali, la Migrantes ha deciso di dare ancora spazio al grande patrimonio racchiuso nel cuore del Mediterraneo, dove è sì forte l’esigenza di rielaborare quanto avvenuto, ma lo è altrettanto il desiderio di guardare avanti cogliendo spunto da ciò che è accaduto e potrebbe riaccadere.
Anche nel secondo step il filo conduttore sarà quello del racconto. “Lampedusa e Linosa 365 giorni in rete”. Questo il titolo del progetto che prenderà il via giovedì 2 febbraio e che per un anno intero, appunto 365 giorni, terrà aperta una finestra sul Comune di Lampedusa e Linosa. Ancora una volta, protagonisti saranno gli isolani, non semplici spettatori, ma attori attivi di quella grande rete di comunicazione che avrà nel sito della Fondazione Migrantes la chiave d’accesso. I racconti, le storie, le testimonianze di chi sulle Isole delle Pelagie ci è nato e cresciuto e di quanti ne conoscono i punti di forza e di debolezza, consentirà di avere una visione “privilegiata” dei fatti, delle situazioni, dei modi di vivere delle Isole: e ancora, delle abitudini di una comunità la cui centralità deve essere legata alla vita vissuta, quella di tutti i giorni.
L’obiettivo è quello di raccontare un anno di normalità vissuto nel Comune di Lampedusa e Linosa. Ciò sarà possibile attraverso l’invio settimanale di un articolo e di un contributo fotografico, realizzati dai testimoni “privilegiati” individuati nell’ambito del progetto, che verranno pubblicati sul portale creato sul sito della Fondazione Migrantes. L’input nasce dal desiderio di proseguire l’esperienza del “Diario di Bordo” realizzato durante la fase dell’emergenza; verranno coinvolti rappresentanti della parrocchia, del mondo della scuola (studenti e docenti), della realtà commerciale e imprenditoriale; e poi ancora personaggi che hanno rappresentato e continuano a rappresentare un pezzo importante della storia di Lampedusa e Linosa, isolani che trascorrono fuori l’inverno ma che mantengono sempre forte il legame con le proprie radici; e come non confrontarsi con i giovani e le realtà associative presenti sulla Terra delle Genti. Un mondo dalle mille sfaccettature che fa da tramite tra passato, presente e futuro. Ogni mese, inoltre, uno degli argomenti trattati durante le settimane troverà spazio sul mensile “Migranti Press” della Fondazione Migrantes.
Nell’ambito del progetto, insieme alla parte “scritta e raccontata”, verranno organizzati due momenti formativi, indirizzati alle diverse realtà che hanno avuto un ruolo attivo nelle vicende che hanno coinvolto la comunità nel periodo degli sbarchi; e uno stage conclusivo, che avrà come protagonisti giovani lampedusani e giovani provenienti da diverse realtà diocesane.
Durante la prima formazione, attraverso attività di riflessione personale e di condivisione collettiva, i partecipanti cercheranno di comprendere i fatti passati e quali cambiamenti si sono prodotti nelle coscienze dei singoli e in una collettività, diventata suo malgrado un crocevia di vicende nazionali e internazionali, vissute sulla pelle di persone alla disperata ricerca di un futuro migliore. Quindi, nel secondo momento, si procederà con una ricerca guidata per individuare percorsi in rete tra le diverse realtà di impegno professionale e sociale (servizi, scuole, parrocchia, associazioni, ecc.) che compongono la collettività locale del Comune: ciò in vista di un’animazione sociale della realtà locale nei diversi momenti che la caratterizzano (vita ordinaria, presenza turistica, sbarchi futuri…).
Ed, infine, l’ultimo step: lo stage, che vedrà impegnati giovani del mondo associativo di diverse realtà italiane, che saranno protagonisti di dinamiche animative e di confronto.
Un progetto lungo e articolato quello che la Fondazione Migrantes ha deciso di sostenere, ancora una volta, sull’Isola delle Genti. Ciò con la profonda consapevolezza che mai come in questo caso è necessario rielaborare gli eventi e trarvi un concreto insegnamento da mettere a frutto in situazioni di bisogno. Che non per forza dovranno scadere nell’emergenza, ma che comunque presuppongono e presupporranno una forma di confronto e conoscenza dell’altro di fronte alla quale più nessuno può tirarsi indietro. Ma a tutto ciò si affianca l’esigenza, non meno importante, di conoscere i tanti volti di una realtà, quella appunto dell’Arcipelago delle Pelagie, abbandonata a sé stessa nelle difficoltà quotidiane. Straniera sul proprio territorio.