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Sussidio Quaresima 2011 - La cecità della città dell'uomo
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 Sussidio Quaresima 2011 - IV Domenica - La cecità della città dell'uomo 
Riconciliazione e cittadinanza
La cecità della città dell'uomo   versione testuale
Colui che celebra l’Eucaristia nella festa di Cristo, nella sua quotidianità ricorda alla città dell’uomo che solo in Dio si trova la vera luce.
 
La figura del cieco nato ci presenta una dinamica di tipo sociale: colui che nella relazione personale con Cristo è guarito, deve render conto della sua posizione di fronte ai capi e di fronte alla famiglia. Ne nasce una specie di processo, in cui si accertano le prove, in cui l’onere di provare l’innocenza ricade, paradossalmente, proprio sul cieco. Colui che esce dallo stato di menomazione, di schiavitù, di dipendenza, paradossalmente infastidisce e impaurisce. Finché era cieco, escluso, non dava nessun fastidio; ora che è guarito, viene percepito come una minaccia per la stabilità del popolo. Anche nella società attuale, teoricamente aperta e pronta al cambiamento, emerge periodicamente la paura di fronte al nuovo, il timore ogni volta che l’escluso chiede di allargare il cerchio.
Il brano presenta dunque un doppio tribunale e un doppio giudizio: mentre i capi del popolo credono di essere lì per giudicare il cieco (alla fine condannato, abbandonato dalla famiglia, espulso dalla comunità), e in lui condannare anche Gesù, le parole finali di Gesù rivelano che il cieco è l’unico che ha percorso tutte le tappe dal buio alla luce: sono gli altri, quelli che credono di vedere, che sono rimasti nelle tenebre della loro ostinata cecità.
Una comunità cristiana che apre un dialogo con il mondo non può dimenticare che prima o poi si troverà anche di fronte allo scontro, all’ostinazione, al rifiuto: il discriminante però non è il successo esterno, ma la fedeltà alle parole e all’azione di Gesù.