Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono - Domeniche - 6 gennaio - Epifania del Signore 

6 gennaio   versione testuale

Epifania del Signore

Francesco Menzocchi e Livio Modigliani, Epifania, (1571), Chiesa di san Domenico, Cesena.
Francesco Menzocchi e Livio Modigliani, Epifania, (1571), Chiesa di san Domenico, Cesena.

Il mistero del Natale ha concentrato lo sguardo del cuore su una piccola borgata di Giudea, su una capanna di povera gente e sui gesti compiuti da poveri pastori intorno alla figura inerme di un bambino appena nato, figlio di una giovane ragazza, Maria, sposata con il giusto Giuseppe. Il mistero dell’Epifania ci presenta, invece, una teoria di grandi personaggi e sapienti che con i loro doni e con i loro gesti solenni rivelano la portata universale di quell’evento e il significato di quella nascita per il mondo intero e per la storia. La liturgia del giorno, infatti, è la celebrazione della manifestazione salvifica di Dio a tutti i popoli che in Cristo sono stati finalmente benedetti. In lui le promesse fatte ai padri si sono adempiute e il mondo può ormai aprirsi alla gioia messianica. Papa Francesco nell’omelia per la Solennità dell’Epifania dello scorso gennaio diceva che i Magi «seguendo una luce ricercano la Luce. La stella apparsa in cielo accende nella loro mente e nel loro cuore una luce che li muove alla ricerca della grande Luce di Cristo. I Magi seguono fedelmente quella luce che li pervade interiormente, e incontrano il Signore. In questo percorso dei Magi d’Oriente è simboleggiato il destino di ogni uomo: la nostra vita è un camminare, illuminati dalle luci che rischiarano la strada, per trovare la pienezza della verità e dell’amore, che noi cristiani riconosciamo in Gesù, Luce del mondo […] Nella festa dell’Epifania, in cui ricordiamo la manifestazione di Gesù all’umanità nel volto di un Bambino, sentiamo accanto a noi i Magi, come saggi compagni di strada. Il loro esempio ci aiuta ad alzare lo sguardo verso la stella e a seguire i grandi desideri del nostro cuore».
Nell’Epifania, un’opera che Francesco Menzocchi e Livio Modigliani dipinsero nella seconda parte nel 1571 per la Chiesa di San Domenico a Cesena ci viene offerta una delle innumerevoli testimonianze di come gli artisti nel corso della storia abbiano provato a tradurre la tradizionale iconografia legata a questo episodio evangelico in sempre nuove impostazioni compositive. In questo caso la foggia degli abiti cinquecenteschi dei Magi e dei loro servitori, espressione del rinascimento italiano, s’incontra con la povertà della capanna nella quale l’episodio viene ambientato, secondo quanto riferiscono i vangeli. Attraverso il loro dipinto gli artisti hanno inteso presentare l’epifania del divino ai potenti della terra e il senso del rapporto che sussiste tra il potere religioso e quello temporale. Ma più ancora, essi hanno voluto dare figura a quanto ci riferiscono i vangeli, e l’hanno fatto inquadrando l’episodio del Vangelo di Matteo in un luogo ben preciso in cui i molti personaggi coinvolti interagiscono tra di essi, e soprattutto sono disposti attorno alla figura centrale della Vergine. La Madonna tiene sulle ginocchia il Bambino Gesù che tocca il capo di uno dei magi inginocchiato ai suoi piedi in segno di adorazione e lo benedice, mentre gli altri due si apprestano a offrirgli i loro doni nella concitazione di cavalli, servitori e suono di strumenti musicali. I Magi giunti dall’Oriente incarnano l’universale attesa messianica e l’ansiosa ricerca della luce che è Cristo il quale, compiendo il suo gesto di benedizione, mette in moto e rivela allo stesso tempo una forza centripeta e centrifuga che si sprigiona dalla sua stessa persona: ogni cosa è attratta dal suo gesto e sembra convergere verso di lui - il cammino dei popoli, le ansie degli uomini, gli interrogativi dell’uomo - e tutto prende vita da lui. La scena, infatti, è aperta sia in alto sia in profondità.
Se lo spazio sovrastante si dissolve in una luce intensa nella quale alcuni putti si muovono in cerchio, il fondo schiude un orizzonte che si allarga a perdita d’occhio. Le stesse reazioni degli astanti impegnati in una selva di gesti, di atteggiamenti, di posizioni, funge quasi da rivelazione del mistero di quel bambino. In Gesù trova finalmente il suo approdo e il suo riposo la sterminata processione delle genti che vengono da lontano (cf. Is 60,1-6). In Lui, come ricorda l’apostolo Paolo nella II Lettura è stato reso manifesto il piano di Dio, ovvero quello di chiamare tutte le genti a condividere la medesima eredità e a formare un solo corpo (cf. Ef 3,1-7). L’opera si trova nell’ambiente absidale, al centro, e indica ai fedeli che entrano in Chiesa che il loro pellegrinaggio alla fine li ha condotti a incontrare Dio in quel bambino avvolto in fasce e deposto nella mangiatoia, perché come i Magi lo riconoscano come Signore, re e messia venuto a illuminare tutte le genti. Per questo, con la Preghiera Colletta la Chiesa che chiede a Dio di farle dono della sua luce per essere capace di contemplare il mistero di cui è stata fatta partecipe e si rivolge al Signore perché conduca benigno coloro che l’hanno conosciuto per la fede a contemplare la grandezza della sua gloria.