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La stampa delle Missioni Cattoliche Italiane: limiti e valori


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/02


di Graziano Tassello
IntroduzioneNella storia della pastorale specifica e specializzata rivolta ai migranti, tra i vari strumenti utilizzati per avvicinare ed accompagnare il migrante nella sua nuova esperienza di vita ed aiutarlo ad inserirsi in maniera dignitosa nel nuovo ambiente, la stampa gioca un ruolo di primo piano, soprattutto da parte di comunità emigrate altamente organizzate.Lo studio dell’emigrazione italiana evidenzia, almeno inizialmente, la presenza di una stampa che gli esperti definiscono “politicizzata”, collegata prevalentemente alle lotte risorgimentali e indipendentistiche. La battaglia ideologica e politica al di fuori dei confini nazionali conoscerà un boom soprattutto durante il periodo fascista quando l’opposizione al regime fu condotta prevalentemente all’estero attraverso i fogli politici degli esuli.Al lavoro portato avanti da esuli politici e mazziniani, che costituirono le prime testate italiane in America e in Europa, subentra quella che gli studiosi chiamano la “stampa coloniale” che assomiglia più ad un bollettino di comunità che ad un giornale vero e proprio, con uscite intermittenti, con una puntuale informazione sulla vita della comunità e un collegamento con la realtà provinciale italiana. La stampa coloniale si collega spesso al fenomeno che i ricercatori chiamano del “prominentismo”. Sono gli italiani riusciti, gli intellettuali, il clero - insomma gli elementi più dinamici della comunità - a fondare giornali che spesso raggiungono una dimensione nazionale e una funzione guida delle comunità italiane all’estero.Nel 1906 la Direzione generale della Statistica censiva 264 pubblicazioni italiane in tutto il mondo con 45 quotidiani. Nel 1927 il censimento promosso dal Ministero degli Esteri registrava 278 testate, di cui 229 nelle Americhe e 31 in Europa.Gianfausto Rosoli, eminente studioso dell’emigrazione, sintetizza così l’andamento della stampa etnica italiana: “Esiste uno stretto collegamento tra stampa di emigrazione e andamento dei nuovi flussi migratori; una netta prevalenza delle testate d’oltreoceano fino all’ultimo decennio; una progressiva perdita di peso nel secondo dopoguerra delle testate delle Americhe in rapporto a quelle edite in Europa; all’interno delle Americhe, una caduta delle pubblicazioni edite in America Latina rispetto a quelle del Nord America”1.La stampa cattolica di emigrazioneGiuseppe Fumagalli, in un volume pubblicato in occasione della Mostra su “Gli Italiani all’Estero”, tenutasi in concomitanza con l’Esposizione internazionale di Milano del 1906, nell’enumerare i periodici stampati all’estero negli anni 1903-1905 si cimenta nella tipologia delle testate. Tra i giornali “impropriamente detti” annovera, accanto ai “giornali rivoluzionari”, i “giornali religiosi”. Scrive: “Veniamo in aria più sana e troveremo altri giornali di propaganda onesta, fra i quali, per la nobiltà degli intendimenti, dovremmo dare il posto d’onore ai giornali religiosi”, anche se poi l’A. dà ampio risalto ai giornali protestanti trascurando quasi del tutto quelli di ispirazione cattolica.Di fatto, nell’arco di oltre un secolo, la stampa di matrice cattolica in emigrazione ha saputo ritagliarsi uno spazio prezioso all’interno delle comunità, sebbene l’individualismo, il frazionamento, l’improvvisazione, l’impreparazione e il localismo possano avere, in talune circostanze, reso questa stampa meno incisiva e provocatoria.Durante la Plenaria della Pontificia Commissione per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, svoltasi dal 24 al 26 novembre 1987 sul tema “I mezzi di comunicazione sociale e l’apostolato della mobilità”, il Pro Presidente aveva dichiarato nella prolusione che “l’uso dei mezzi di comunicazione sociale è particolarmente pertinente ed urgente nella pastorale della mobilità umana, a motivo della dispersione geografica ed ambientale in cui generalmente essa è chiamata ad operare. Non solo facilitano l’annuncio della Parola di Dio, ma costituiscono un valido strumento per stabilire una comunicazione all’interno della comunità dei migranti, come pure la via per sensibilizzare la società locale alle esigenze ed attese delle minoranze etniche2.I bollettini delle MissioniIl ricercatore è colpito dalla miriade di testate pubblicate dalle Missioni per garantire un flusso costante di notizie per e sulla comunità e momenti di analisi e di riflessione. Questo ruolo, spesso misconosciuto dalla storiografia italiana dell’emigrazione, è invece esaltato dalla sociologia migratoria americana. Tutto questo a prescindere dal ruolo prezioso che questi bollettini hanno giocato nell’ambito del mantenimento e della diffusione della lingua italiana.Sono, come accennato sopra, tante le forme adottate dalle Missioni per garantire un collegamento con le comunità emigrate. Inizialmente sono i settimanali, che oggi continuano in qualche parte a livello nazionale3. In altre parti vi sono i quindicinali4. Predominano comunque oggi per tiratura, almeno in alcune nazioni come la Svizzera, i mensili e i bimestrali, emanazione di singole missioni e di un gruppo di missioni che, nonostante le difficoltà finanziare e la crisi in cui versa tanta stampa di emigrazione, di fatto hanno registrato negli anni più recenti notevoli miglioramenti tipografici e di contenuto.Tratti salienti dei bollettini delle MissioniVogliamo qui considerare brevemente i bollettini delle Missioni, che vanno collocati all’interno di una visione pastorale che ha sempre concepito la difesa dei diritti del migrante e la sua promozione umana e religiosa un suo ambito di azione specifico. Le Missioni sono sempre state attente anche al diritto all’informazione del migrante.Il bollettino, di sua natura, mira soprattutto a creare un legame forte ed immediato con la comunità, a creare opinione su alcuni temi e ad offrire quelle notizie specializzate che non appaiono in nessun altro organismo di stampa o di televisione.L’isolamento cui è sottoposto il migrante nella prima fase della sua esperienza migratoria induce le Missioni a dare vita a collegamenti forti. I titoli dati ad alcune testate esprimono bene, anche se forse un po’ ingenuamente, il desiderio di ricreare l’atmosfera di un focolare, tenere viva una fiamma, promuovere un collegamento5.La diffusione capillare dei bollettini di collegamento delle Missioni in Svizzera - essi sono gli unici giornali a raggiungere per posta, e quindi in modo sicuro e puntuale, tutte le famiglie di una determinata località - garantisce un metodo insostituibile di contatto con tutti.Nonostante il pubblico “ristretto” cui si rivolge il bollettino, di fatto queste testate sono molto attente ad evitare il pericolo del localismo e la difesa di un ghetto. Non dedicando spazio a polemiche e personalismi che umiliano il mondo delle migrazioni, esse mettono in luce le nuove piste da seguire. Il bollettino si rivela così un aggancio indispensabile con la realtà di una comunità sempre maggiormente esposta a cali di solidarietà e a frazionamenti.Le testate delle Missioni sottolineano la voglia di raccontare una storia dal basso, fatta non di personaggi famosi, ma imperniata sulla quotidianità e sulla solidarietà, sebbene la cultura ufficiale e le prese di posizione ideologiche ignorino o non considerino importanti quelli che definiscono “bollettini parrocchiali”, perpetuando un classico stereotipo migratorio che toglie l’anima alle persone e rappresenta l’emigrazione soltanto secondo obiettivi ed esigenze di spettacolo o di investimento economico, dando risalto agli aspetti folclorici, emotivi e alle storie di successo. Alcuni “commentatori” rimangono saldamente ancorati al giudizio di Luigi Villari che nel 1912 in “Gli Stati Uniti d’America e l’emigrazione” scriveva dopo il suo viaggio: “La maggioranza dei pubblicisti italo-americani è composta di pseudo-intellettuali spostati, ex barbieri, ex farmacisti, ex impiegati di banca, ex sarti che fanno gli scribacchini perché sono falliti in altri mestieri. Quindi abbiamo giornali fatti metà con le forbici e per metà coi piedi, scritti da gente ignorante e presuntuosa, pieni di notizie monche, confuse, spesso del tutto fantastiche; vi abbondano i pettegolezzi locali, le reciproche insolenze dette in linguaggio da trivio, descrizioni di feste e banchetti, e soprattutto fatti di sangue. Dall’Italia le notizie che più spesso di pubblicano concernono reati di ogni genere, onde il lettore crederebbe che la vita del paese nostro non consistesse che di omicidi e di adulteri”.Di fatto questi “giornaletti di emigrazione” hanno saputo garantire alle comunità emigrate e ai loro discendenti, durante anni di latitanza e di assenteismo da parte delle istituzioni italiane, degli intellettuali e dei grandi media, un flusso vitale di informazioni generali e specialistiche, favorendo un collegamento prezioso fra le diverse componenti sociali, culturali e religiose delle comunità e offrendo spunti preziosi di formazione: un risultato di non poco conto! Se gli studiosi incominciassero a sfogliare le pagine di questi bollettini, troverebbero insights e informazioni per una storia più autentica dell’emigrazione.Il bollettino è fatto di ordinarietà. Ma è anche segno di una autonomia che intende cancellare una memoria di soprusi, specchio di quello stato sociale subalterno che impedisce di gestire in modo autonomo il proprio futuro. Il giornalino di Missione tenta di immettere nelle comunità una controcultura attraverso la formazione alla solidarietà, all’impegno di collaborazione con altri gruppi etnici, alla accettazione di un discorso autenticamente pluriculturale e plurietnico, in antitesi con i nuovi trends che vanno diffondendosi a macchia d’olio in emigrazione e che mescolano cultura italiana con i jeans firmati e l’automobile importata. Sempre di più il bollettino diviene uno strumento controcorrente che tenta di arginare un diffuso individualismo che tenta di azzerare i valori-guida della solidarietà, della partecipazione, della accettazione di altri gruppi immigrati. Nel suo piccolo esso punta pertanto a favorire un ampliamento di orizzonti, stimolando la partecipazione, aiutando il migrante ad essere parte attiva nella società dove risiede e voce viva all’interno della Chiesa locale.Il giornalino della Missione si pone come un piccolo ma prezioso strumento di formazione, bollettino di animazione e di collegamento e di sensibilizzazione dei quadri, trasformandosi spesso in un autentico foglio di opinione in un contesto in cui lo scandalo del silenzio stampa sui fenomeni migratori diviene sempre più opprimente e deprimente.Questa spinta al protagonismo del migrante si rivela nella collaborazione di giovani professionisti, volontari della penna, dell’arte grafica e della diffusione: il bollettino si trasforma in scuola di vita, di volontariato, coinvolgendo le nuove generazioni nei problemi e nelle sfide poste dalla comunità immigrata.Verso quale futuro?Lo stato di abbandono delle comunità, sempre più succubi delle TV italiane e senza effettivi riscontri e metodi per interpretare la realtà da loro vissuta, vistosamente ignorata dai mezzi di comunicazione italiani, rende sempre più necessaria una stampa formativa ed informativa.Non vi è dubbio che con l’arrivo delle TV la voglia di lettura in tanti emigrati sia scemata notevolmente. Questo obbliga soprattutto i settimanali e i quindicinali a rivedere la loro impostazione tradizionale per non diventare obsoleti. Il bollettino, invece, forte della sua funzione di collegamento e di strumento di identificazione, subisce meno gli effetti di questo analfabetismo di ritorno favorito da una visione passiva dei programmi televisivi.Ovviamente è cambiato il gusto dei lettori, abituati ormai a produzione più raffinate, per cui nel tempo si è registrato uno sforzo notevole per migliorare il prodotto grafico delle testate delle Missioni e si riscontra una offerta più arricchente di rubriche.I costi elevati, la spinta alla collaborazione e alla condivisione di ideali e di mezzi, induce sempre di più le Missioni viciniori a pubblicare bollettini che raggiungono un territorio più ampio e che, senza cancellare le notizie locali (che vanno dalla lista dei defunti o dei matrimoni agli avvisi parrocchiali) offra una parte comune con articoli sempre più sostenuti6.Si pone il problema della lingua, poiché le giovani generazioni privilegiano la lingua locale, anche se non bisogna dimenticare la funzione di trasmissione di una lingua e di una cultura perseguita da questi bollettini. Occorre inoltre non dimenticare il profondo legame tra lingua materna e trasmissione della fede e il desiderio delle seconde e terze generazioni di conservare l’italiano come lingua di cultura e di comunicazione europea.Si registra un crescente desiderio di riflessione e di interpretazione religiosa della esperienza migratoria per cui un bollettino, accanto alla informazione della comunità locale, tende a specializzarsi sempre di più nella proposta di una formazione religiosa disseminata capillarmente, ponendosi come strumento di dibattito e di lettura in chiave sapienziale della vicenda migratoria.L’utilizzo sempre più consistente di Internet da parte delle seconde e terze generazioni non cancella la necessità di interpretare la propria vita. Le Missioni sono confrontate con generazioni di persone che, dopo essere rimaste colpite dalla vistosità del sistema Italia e del made in Italy, desiderano coglierne gli aspetti più profondi e meno labili.La tendenza ad accorpare testate locali ed infondervi un respiro sempre più universalistico va indubbiamente incrementata, cercando, nel contempo, sinergie più mirate con i settimanali e i quindicinali di emigrazione di matrice cristiana. L’esigenza di una sempre maggiore professionalità e il coinvolgimento più massiccio nei comitati di redazione di laici competenti porterà a percorre ancor più celermente la via delle sinergie. La Missione, impegnata in un cammino di comunione all’interno della Chiesa locale e desiderosa di fomentare il processo di comunionalità del migrante cattolico, evitando il pericolo di una sua clonazione che lo obbligherebbe a rinunciare alla sua cultura ed espressività religiosa, scopre nel bollettino un sussidio pastorale molto attuale.Un aspetto particolare, spesso ignorato in questo sforzo delle Missioni di comunicare il Vangelo attraverso i mezzi di comunicazione sociale, è la sfida dell’approccio bidirezionale. La stampa cattolica italiana, come l’altra stampa laica, spesso ignora o sottovaluta la capacità educativa che può offrire una comunità con una storia più che centenaria. I contatti nelle due direzioni servirebbero a far conoscere alla stampa di informazione e formazione italiana la valenza di una storia dal basso fatta di sperimentazione nella accettazione reciproca ed aiuterebbe gli italiani rimasti in patria ad intravedere risposte umane e cristiane alle sfide poste da poste dai “nuovi stranieri” che bussano alle proprie porte.D’altro canto le esperienze di solidarietà e di impegno presenti nella chiesa italiana, e che spesso vengono messi in rilievo dalla stampa cattolica edita in Italia, potrebbero costituire un mezzo prezioso per immettere idealità nuove nelle seconde e terze generazioni, afflitte dalla mancanza di esperienze forti di vita cristiana sebbene siano alla ricerca di un senso da dare alla propria esistenza.

1 G. Rosoli, La stampa di emigrazione. Alcuni appunti storici, “Dossier Europa Emigrazione”, 12, 1982, p. 62 Testo riportato in L. De Paolis, I mezzi di comunicazione sociale e l´apostolato della mobilità umana, “Dossier Europa Emigrazione”, 1, 1998, p. 113 Ricordiamo il “Corriere degli Italiani”, settimanale edito a Zurigo e il “Corriere d’Italia”, settimanale pubblicato a Francoforte4 Citiamo il quindicinale “La voce degli italiani” pubblicata in Inghilterra5 Nel 1946 viene pubblicata a Basilea “La buona parola”; nel 1962 la missione di Stans NW edita “L’amicizia”; a Losanna nel 1970 esce il primo numero de “Il Messaggero”; nel 1965 esce a Altdorf-URI “La fiaccola”; “Incontro” inizia le sue pubblicazioni a Nyon nel 1973. La storia della stampa cattolica di emigrazione sarà oggetto di uno studio da inserire nella Storia delle Missioni in Svizzera, commissionata dalla Delegazione delle Missioni Cattoliche Italiane in Svizzera.6 Citiamo, ad esempio, “Insieme”, testata che raggruppa le Missioni di Basilea, Berna, Burgdorf-Utzenstorf, Konolfingen, Langenthal, Solothurn e Thun, la collaborazione editoriale delle Missioni neocastellane, “Comunità”, mensile della Svizzera Orientale che raggruppa San Gallo, Rorschach, Appenzell, Marbach. Arbon, Kreuzlingen, Romanshorn.