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Migrazioni e comunità locali nei settimanali diocesani


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/02


di Vincenzo Rini
Fin dalla nascita dei primi settimanali diocesani, datata nell’ultimo quarto del secolo XIX, tra le scelte fondamentali di questi strumenti di informazione c’è stata quella della fedeltà al territorio. Una fedeltà e un’attenzione prioritaria che non consideravano il territorio come un qualcosa di statico, di passivo, bensì antropologicamente concepito. Territorio cioè vissuto, guardato e amato nel senso umanistico di “gente”. I settimanali diocesani sono nati infatti nel clima del Movimento Cattolico, di cui essi stessi si sentivano parte: in questa appartenenza ecclesiale e culturale hanno quindi dato attenzione piena e somma alla gente, sentendosi non soltanto “giornali della chiesa”, ma anche decisamente “giornali della gente”. Questa loro scelta di campo è stata confermata nella primavera del 1887 nel VII Congresso cattolico italiano di Lucca, il quale concludeva i suoi lavori con la raccomandazione e l’impegno per i giornali del movimento cattolico di avere una speciale attenzione per la dimensione locale e specificatamente per tutti i problemi concreti della gente comune.Non per nulla spesso, nei titoli stessi delle loro testate, questi settimanali hanno messo questa scelta: “La Vita del Popolo” di Treviso, “La Voce del Popolo” di Brescia, “La Voce del Popolo” di Torino”, “La Difesa del Popolo” di Padova, “L’Amico del Popolo” di Belluno, sono solo alcuni esempi di questa vicinanza programmatica e concreta dei settimanali cattolici alla vita e alle difficoltà della popolazione del loro territorio.In questo contesto, i settimanali diocesani hanno, fin dal loro sorgere, dato attenzione piena a tutte le problematiche della gente comune, comprese quindi anche le difficili situazioni delle migrazioni: nelle terre di più abbondante emigrazione sono stati i settimanali diocesani a tenere desta l’attenzione sulle difficoltà di questa gente, sulle famiglie che restavano, sui problemi di inserimento di questi concittadini nella nuova realtà delle terre che li accoglievano, su ciò che in patria si faceva per conservare il legame di affetto tra gli emigrati e le loro famiglie e i loro paesi.Si può dire che proprio la fedeltà al territorio inteso in senso antropologico è stata la molla che ha fatto sì che i settimanali diocesani abbiano potuto allargare l’orizzonte al mondo intero e arrivare essi stessi in tutte le parti del mondo in cui la gente del proprio territorio era stata costretta a trasferirsi in cerca di lavoro e di pane per le proprie famiglie. Infatti avvenne che non solo questi settimanali sollecitassero l’attenzione alle problematiche degli emigrati, ma essi stessi, i settimanali, divennero strumento di collegamento: venivano infatti inviati agli emigrati che, grazie al giornale diocesano conservavano così il collegamento nelle terre di origine, informandosi su ciò che vi accadeva mantenendo memoria delle proprie tradizioni, delle feste locali, della cultura particolare delle loro terre. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, alcuni settimanali diocesani italiani vengono inviati settimanalmente in numerose copie, in varie parti del mondo, agli emigrati: è il caso, per fare solo qualche esempio, de “L’Amico del Popolo” di Belluno, che in varie centinaia di copie raggiunge gli emigrati, e de “Il Corriere Apuano” di Pontremoli i cui abbonati sono in parte notevole emigrati in varie parti del mondo.A proposito di migrazioni, non si deve però trascurare il capitolo nuovo di questi ultimi anni, centrato non più prioritariamente sull’emigrazione italiana all’estero, bensì, inversamente, sull’immigrazione da tante parti del mondo nel nostro Paese. Anche in questo caso i settimanali diocesani si sono rivelati efficaci strumenti di informazione sugli immigrati, di attenzione alle loro problematiche e, soprattutto, voci spesso alternative ad un’informazione ideologizzata che porta a vedere negativamente l’immigrazione.I settimanali diocesani sono diventati così voce che, mentre informa sull’immigrazione, crea anche opinione libera su di essa. In questo modo essi contribuiscono a educare i propri lettori all’accoglienza, al rispetto, alla conoscenza dei loro usi e costumi, alla valorizzazione della loro cultura. Diventano, in altre parole, in piena sintonia con le Chiese locali, strumenti di formazione di tutta la comunità cristiana all’accoglienza e al rispetto.In non pochi casi, poi, i settimanali diocesani sono diventati anche strumento di comunicazione tra gli immigrati delle varie nazionalità, dando notizie che servono ad essi per incontrarsi e affrontare i loro problemi. Anche per questi immigrati, pur se in misura solo iniziale, essi si rivelano giornali di servizio. I settimanali diocesani danno così voce agli immigrati: una voce che risuona dentro la comunità cristiana di cui il settimanale è espressione.Con questa loro attenzione i settimanali diocesani, mentre formano le comunità cristiane all’accoglienza, costruiscono anche una base di confronto tra gli immigrati e le popolazioni locali e un’occasione di incontro tra gli stranieri giunti nelle nostre terre e la comunità cristiana che li accoglie.Su questa strada dell’accoglienza anche i settimanali diocesani potranno fare altri passi: non facilissimi - specialmente nel dare in maniere più forte la parola agli immigrati stessi - considerando la pluralità delle nazionalità che in ogni nostro territorio sono presenti. E certo però che fino ad oggi i nostri settimanali si sono rivelati strumenti costruttivi di accoglienza e di inserimento.