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Intervista a mons. Henri Teissier, vescovo di Algeri


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/02


Abbiamo incontrato Mons. Henri Teissier a Parigi, in occasione della XII riunione della Commissione mista Maghreb-Europa del Sud e gentilmente ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande.Mons. Teissier è nato nel 1929 e dal 1948 vive in Algeria. Ha studiato nell’Università del Marocco, alla Sorbona, all’Istituto Cattolico di Parigi e all’università del Cairo.Dal 1966 è direttore del Centro Studi delle diocesi dell’Algeria, è vescovo di Orano dal 1972 e dal 1988 è arcivescovo di Algeri e presidente della Conferenza dei Vescovi della Regione dell’Africa del nord.E autore di numerosi articoli sul significato della presenza cristiana nei paesi dell’Islam.PUO´ DIRCI QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DELLA "CHIESA IN ALGERIA" OGGI?La Chiesa di Algeri, come le altre Chiese del Maghreb, è una Chiesa senza consistenza numerica. La popolazione dell’Algeria è nella sua totalità di fatto musulmana, come quella degli altri Paesi del Maghreb, dove gli unici non musulmani sono gli ebrei (in Marocco e in Tunisia). I cristiani cattolici sono quasi tutti di origine straniera sia in Algeria che negli altri Paesi del Maghreb. Esistono pure, da qualche tempo, in certe regioni piccoli gruppi di nuovi cristiani. Appartengono alle Chiese nuove di tipo pentescostale.CHIESA MINORITARIA E DI STRANIERI: HA UN FUTURO UNA SIMILE CHIESA?Ci si può ovviamente domandare se una Chiesa del genere abbia un avvenire. Teniamo anzitutto presente che la Chiesa in Libia, in Tunisia, in Mauritania e in Marocco si trova in questa situazione di minoranza straniera già da 50 anni. In quest’epoca di mondializzazione si può ragionevolmente pensare che ci saranno sempre migrazioni in questa regione del mondo. Oggi in Algeria la maggioranza dei cristiani della nostra Chiesa sono di origine africana: studenti qui giunti da quasi tutti i Paesi dell’Africa sub-sahariana, migranti che attraversano il Sahara nella speranza di raggiungere l’Europa e, non avendola raggiunta, si stabiliscono nel nostro Paese in condizione precaria di clandestinità. C’è stato un periodo - quello degli inizi della “arabizzazione” del Paese, negli anni ‘70 e ‘80 - nel quale vivevano in Algeria circa 7.000 copti. Ci sarà sempre un piccolo gruppo di cristiani in Algeria. Ma l’avvenire non sta nel numero, sta nella volontà di essere qui la Chiesa di Cristo e di rimanervi per questa testimonianza. Questa volontà è chiara fra il piccolo gruppo dei preti, religiosi e laici che si sono fissati qui in modo stabile.Dopo i primi attacchi contro la nostra comunità abbiamo accolto, nella diocesi di Algeri, una cinquantina di altri preti, religiosi e religiose da altri Paesi, venuti proprio perché eravamo stati attaccati e la nostra volontà di rimanere qui, fedeli alla nostra missione, aveva attirato il loro interesse. Da questo fatto consegue il rinnovo del 40% del nostro gruppo. Voi siete a conoscenza di molte altre Chiese nel mondo che possono dire altrettanto. C’è pure una religiosa, venuta dall’Isola di Tonga, nel Pacifico, perchè aveva sentito parlare del martirio dei sette monaci trappisti di Tibhirine. L’avvenire è certamente nelle mani di Dio. Ma lo è pure nella nostra fedeltà all’Algeria e alla nostra vocazione.C´E´ COOPERAZIONE CON LE CHIESE IN EUROPA? COSA VI ATTENDETE MAGGIORMENTE DA LORO?Fino ad oggi la maggior parte dei membri stabili della nostra missione è giunta dall’Europa: preti, religiosi, religiose e missionari laici. è questo il contributo più importante dell’Europa alla vita della nostra Chiesa, come a quella delle altre Chiese del Maghreb. Oggi riceviamo membri stabili anche dalle altre Chiese del Sud del Sahara e perfino dall’America Latina. Vorremmo riceverne dal Medio Oriente perché essi sono cristiani che parlano l’arabo, ma sfortunatamente questi non rispondono per niente al nostro appello, preferiscono partire per l’America o l’Australia. Il nostro primo problema è evidentemente quello di rinnovare questo gruppo che sta avanzando di età. Il nostro problema è quello di rinforzare le persone stabili. Quelli che sono avanti negli anni spesso conoscono l’arabo ed hanno da tempo amicizie. Siamo alla ricerca fuori dell’Algeria di cristiani disposti a dedicare qualche anno della loro vita a questa missione, ma pure a consacrarvi un periodo più lungo. In altri termini si tratta di donare la vita per la gente musulmana.Ci attendiamo ancora dalle Chiese d’Europa che si sforzino di comprendere la nostra testimonianza in questa specifica situazione. C’è un dono di Dio da condividere con una società musulmana. è importante che i teologi della missione si sforzino di comprendere ciò che la Chiesa ci chiede di vivere in Algeria o nel Maghreb. Sono molti in Europa quelli che hanno idee scoraggianti riguardo delle nostre Chiese del Maghreb: non c’è niente da fare, essi dicono, perchè tutte le popolazioni di questa regione sono musulmane. Quasi che il dono di Dio fosse limitato a una parte del mondo e che un miliardo di musulmani sulla terra ne fossero esclusi.NELLE NOSTRE CHIESE C´E´ UN ASSOCIAZIONISMO ED UN LAICATO SENSIBILI AI PROBLEMI DELLE MINORANZE, SOPRATTUTTO SE QUESTE VIVONO IN DIFFICOLTA´. QUALE E´ LA VOSTRA ESPERIENZA AL RIGUARDO?Avete ragione di dire che ci sono anche in Europa associazioni ed ambienti, particolarmente fra i laici, che sono sensibili ai problemi propri degli emigrati. Ciò è molto importante per noi. Per noi sarebbe impossibile prolungare la nostra testimonianza al Sud del Mediterraneo se tutti i cristiani al Nord prendessero posizioni razziste. Quando veniamo in Europa, siamo felici di incontrare gruppi che lavorano con gli immigrati e danno in tal modo una testimonianza molto importante dell’universalità della carità evangelica. La testimonianza cristiana deve realizzarsi e consolidarsi da un capo all’altro del mondo. D’altra parte i nostri colleghi musulmani di qui non mancano di farci notare certi fatti che in Europa sono in contraddizione con quanto noi vorremmo vivere assieme qui. C’è anche oggi una “globalizzazione” della testimonianza cristiana, per cui ciò che si vive in un luogo particolare diventa un segno per il mondo intero.ANCHE IN ITALIA, SPECIE DOPO L´11 SETTEMBRE, SI DIFFONDONO DIFFIDENZE E PAURE NEI CONFRONTI DELL´ISLAM. COME E´ VISSUTA NELLA SUA NAZIONE LA REAZIONE DEL MONDO OCCIDENTALE?Temiamo fortemente che l’Occidente rilanci le sue divisioni tra mondo cristiano e mondo musulmano. L’integralismo che ha organizzato l’attacco contro il Centro Commerciale Mondiale (World Trade Center) aveva da molto tempo perpetrato attacchi contro gli stessi musulmani. In Algeri, ad esempio, più di centomila persone sono state vittime della violenza integralista. Ci si deve perciò convincere che gli estremisti sono una minaccia anzitutto contro gli stessi musulmani. Bisognerebbe organizzare il contrasto, all’integralismo in modo tale che risulti chiaro che noi, cristiani e musulmani, viviamo assieme questo contrasto assieme a tutti gli uomini di buona volontà. La lotta non è tra l’Occidente e l’Islam, ma fra le odierne società, sia cristiane che musulmane, e un integralismo disumano.COME GIUDICATE L´AGIRE DEGLI STATI E GOVERNI OCCIDENTALI?Il principale problema che viene dagli Stati europei, dal punto di vista di chi sta da questa parte del mare, è quello dei visti. è normale che gli Stati europei controllino l’emigrazione nel contesto attuale, in cui esistono forti differenze per livello di vita, ma non è normale che debbano passare da cinque a sei settimane per avere risposta ad una richiesta di visto, in questa era dell’informatica. Ciò è decisamente disumano in certe situazioni, ad esempio quando per questo ritardo i genitori sono impediti di partecipare al funerale dei loro figli, ecc. L’altro problema naturalmente è quello della concorrenza economica. è necessario organizzare il commercio internazionale in modo tale che le economie dei Paesi del Sud possano svilupparsi e si riduca, di conseguenza, la distanza tra Nord e Sud.IN ALGERIA (NEL MAGHREB) LA CHIESA HA L´OPPORTUNITA´ DI FARSI CONOSCERE, DI DIALOGARE CON I RAPPRESENTANTI DELL´ISLAM?Le occasioni di dialogo tra le persone sono quotidiane. Però ci sono pure dialoghi pubblici con i rappresentanti dell’Islam. Ciò è più frequente in Marocco e in Tunisia. Questi due Paesi hanno organizzato molti colloqui, ed anche la Libia dove c’è l’opportunità di dialogo tra il Pontificio Consiglio per il dialogo e la Da’war libica. Questo è vero anche per l’Algeria, dove lo scorso anno abbiamo tenuto un colloquio internazionale su S. Agostino e stiamo proprio ora preparando un altro colloquio organizzato dall’Algeria sulle tre religioni monoteiste nella storia del Paese: giudaismo, cristianesimo e islam. Si può anche ritenere che ora c’è un’attesa più profonda di dialogo nella gente.E POSSIBILE UN ANNUNCIO, UN´EVANGELIZZAZIONE DEI MUSULMANI E DI QUALE TIPO?Il Vangelo è un dono di Dio per tutti gli uomini. Troppo spesso si è ridotto l’annuncio del Vangelo alla sacramentalizzazione. Molti musulmani possono ricevere il segno offerto dalla Chiesa e integrare le istanze più importanti del Vangelo nella loro vita senza per questo domandare il Battesimo. In Algeria noi abbiamo la convinzione profonda di rendere testimonianza del Vangelo nel rispetto dell’identità dei nostri interlocutori musulmani. Non siamo affatto una “Chiesa del silenzio”, come dicono alcuni, ma una “Chiesa della relazione e dell’incontro”. Vorremmo essere una Chiesa che possa vivere il “Sacramento dell’incontro fra cristiani e musulmani”, ossia la condivisione del dono di Dio fra cristiani e musulmani.CHE CONSISTENZA HA LA COMUNITA´ ITALIANA IN ALGERIA E QUALI LE SUE CARATTERISTICHE?La comunità cristiana italiana in Algeria è piccola come, del resto, tutte le altre comunità. Essa costituisce un gruppo ad Algeri e nelle regioni del Paese dove ci sono nuclei italiani. Ci sforziamo di visitare le comunità isolate e di accompagnare la comunità di Algeri grazie ad un sacerdote francese che ha imparato l’italiano, ma grazie inoltre, a livello nazionale, ad alcuni sacerdoti della diocesi di Torino che da vent’anni si alternano nel servizio degli italiani. Siamo riconoscenti a questi sacerdoti e a tutta la comunità italiana per il loro contributo alla testimonianza della nostra Chiesa.

Indirizzi dei missionari italiani o comunque per gli italianiNEL MAGHREB:MaroccoDon Cipriano FerrarioEglise “Christ Roi” - 44, Bld. Abdelmoumen - 20100 CasablancaTel. e Fax +212/22/259.666 - E-mail: trefc18@yahoo.it
AlgeriaDon Giuseppe DonatoMaison du Bon Pasteur - Chalet des Pins - 25000 ConstantineTel. +213/31/613.800 - Fax: 923.221 CuriaPére Jean-Pierre Henry, cappellano per gli italiani nella diocesi di AlgeriArchevêché - 13, Rue Khélifa-Boukhalfa - 16000 AlgerTel. +213/21/633.562 - 633.718 - Fax 21/633.842E-mail: pjrhyen@yahoo.fr
Tunisia(vacante)Parrocchia “Ste Jeanne d´Arc” - 4, Rue d’Angola - 1002 Tunis BelvedereTel. e Fax +216/1/849.561
LibiaS.E. Mons. Giovanni Martinelli ofmVicario Apostolico - P.O. Box 365 - TripoliTel. +218/21/333.18.63 - Fax: 333.46.96