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Cosa pensare della immigrazione islamica in Italia?


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/02


di Giuseppe De Rosa
E molto difficile parlare oggi con oggettività e competenza dei problemi che pone l’immigrazione islamica nei Paesi dell’Europa occidentale, e quindi anche in Italia. Cercheremo qui di dirne qualcosa, se non con la competenza che sarebbe necessaria, almeno con la maggiore oggettività possibile.Rileviamo, anzitutto, che l’immigrazione islamica in Italia differisce per alcuni aspetti da quella che si è avuta in altri Paesi europei. In primo luogo, mentre in altri Paesi europei esiste da molto tempo, in Italia è recente. Così, in Francia e in Gran Bretagna c’è stata da molto tempo una forte immigrazione islamica dalle loro colonie: si spiega così la forte e radicata presenza di maghrebini (algerini e marocchini) in Francia e di pakistani in Gran Bretagna. In secondo luogo, l’immigrazione islamica in Italia è modesta rispetto alla Germania, dove c’è una fortissima immigrazione turca, alla Francia e alla Gran Bretagna. Ad ogni modo, i musulmani immigrati in Italia con regolare permesso di soggiorno non dovrebbero superare di molto i 650.000-700.000. Quanto agli immigrati clandestini, le cifre sono tutte aleatorie. I Paesi da cui provengono gli immigrati musulmani in Italia sono, in Europa, l’Albania; in Africa il Marocco, la Tunisia, il Senegal, il Ghana, la Somalia, la Nigeria; in Asia, il Pakistan e il Bangladesh.* * *Ora quali problemi creano in Italia gli immigrati islamici? Se poniamo questo interrogativo, non è per il gusto di sollevare problemi che non esistono o sono soltanto teorici. In realtà, si tratta di problemi pratici, che angustiano e preoccupano tanto sotto il profilo politico quanto sotto l’aspetto religioso. Senza dubbio, dal punto di vista economico, la presenza di una forte immigrazione in Italia non solo è vantaggiosa, ma è necessaria. L’Italia è un Paese in rapido invecchiamento, poiché la quota degli anziani nella popolazione italiana già supera quella sotto i 15 anni. Mancano lavoratori per le industrie, sia perché ci sono molti lavori che gli italiani non vogliono più fare, perché troppo pesanti o non rispondenti al titolo di studio conseguito o lontani dal luogo di residenza. Così, gli immigrati danno all’industria italiana, specialmente nel Nord-Est, la possibilità di vivere e di svilupparsi. Senza dire che a molte immigrate è affidata la cura delle persone anziane, le quali senza la loro assistenza vivrebbero in totale abbandono. Si deve rilevare, purtroppo, come segno d’inciviltà e di sfruttamento barbaro di persone deboli e bisognose, che molti lavoratori immigrati non vengono assunti e remunerati secondo quanto stabilisce la legge italiana. Si tratta di lavoratori «in nero», mal pagati e senza contributi: ciò che costituisce una vergogna per un Paese che si definiva un tempo la «patria del diritto».L’Italia ha dunque bisogno di una forte immigrazione, sia maschile, sia femminile, sia stabile, sia stagionale. Parlando di immigrazione, non si possono però sottovalutare i problemi gravi e difficili che essa comporta, anche per il fatto che all’immigrazione regolare si associa un immigrazione irregolare clandestina, che per sopravvivere è disposta a tutto: sia a lavorare nelle condizioni peggiori e con paghe minime, sia a darsi al furto e alla prostituzione, sia a porsi al servizio dei narcotrafficanti, come piccoli spacciatori di droghe, col rischio di finire in carcere e di essere espulsi con la forza. Rischio nient’affatto teorico, quando si pensi che una notevole parte di coloro che affollano le carceri italiane sono immigrati. In realtà, gli immigrati non sono portati a delinquere più degli italiani, come certuni vorrebbero far credere, per chiedere che si limiti l’immigrazione e che gli immigrati che commettono reati siano immediatamente espulsi dall’Italia. Non si tiene conto, invece, del fatto che ci sono italiani i quali, sfruttando la situazione di bisogno di taluni immigrati, li inducono per proprio vantaggio a commettere reati. Indubbiamente, alcuni immigrati si rendono colpevoli di delitti gravissimi; ma quando si pensa a quelli commessi con incredibile ferocia da italiani - talvolta, purtroppo, giovanissimi - non c’è proprio motivo di prendersela con gli immigrati, pensando che alcuni di loro provengono da Paesi in cui i regimi politici, feroci e disumani, hanno distrutto i più elementari princìpi morali: si pensi all’Albania.* * *I problemi che gli immigrati pongono al nostro Paese sono, anzitutto, di ordine demografico. Si calcola che se continua l’attuale trend demografico - con un indice di natalità che è il più basso del mondo - tra alcuni decenni la popolazione italiana, che si aggira oggi tra i 56 e i 57 milioni, scenderà a 46 milioni. Questo significa che, per mantenere l’attuale livello economico, sarà necessario l’apporto di circa 4-5 milioni di immigrati. E vero che, in campo demografico, le previsioni e le proiezioni sono molto aleatorie e perciò è necessario essere molto prudenti; non si può tuttavia fare a meno di prevedere che, sotto l’aspetto demografico, il volto dell’Italia cambierà notevolmente, anche se non è possibile dire in quale misura. Ciò non mancherà di porre qualche problema d’identità al nostro Paese, divenuto multietnico e multiculturale. Particolarmente delicata sarà la situazione della scuola, che dovrà accogliere, educare e istruire alunni in buona parte figli di genitori non italiani. Già fin d’ora - ma lo sarà assai di più nei prossimi anni - l’immigrazione pone seri e difficili problemi di cultura. Poiché si tratta di culture, nella maggior parte dei casi, non omogenee né vicine, non sarà facile giungere a forme di osmosi e di sintesi. Né, d’altra parte, si può pensare che gli immigrati, quando siano giunti ad avere una certa consistenza numerica, siano disposti a rinunciare alla propria cultura e alle proprie espressioni culturali. La cultura, nelle sue espressioni più originali, quali sono la lingua, la religione, i modi propri di concepire la famiglia, la società, i rapporti tra le persone e tra i popoli, fa parte della propria identità e non può essere né abbandonata più o meno volontariamente, né sradicata con la violenza senza che l’identità di una persona o di un popolo ne sia ferita.* * *Questo fatto pone in rilievo la grave difficoltà che l’immigrazione musulmana solleva nel nostro Paese e, più in generale, in Europa. Non si tratta - si badi bene - di difficoltà create dai tragici avvenimenti di questi ultimi tempi, che pure hanno avuto e hanno un notevole peso nel determinare la qualità dei rapporti tra italiani e immigrati islamici; ma si tratta di difficoltà di fondo e di natura strutturale che attengono sia alla natura stessa dell’islàm, sia a ciò che i popoli islamici sono divenuti negli ultimi due secoli.Rileviamo, anzitutto, che sarebbe un errore pensare che tutti gli immigrati che giungono in Italia dai Paesi islamici siano più o meno politicizzati o abbiano sentimenti di avversione per il nostro Paese: in massima parte, si tratta di persone in cerca di un lavoro onesto, che desiderano vivere in armonia con i cittadini italiani ed essere da loro accettati e trattati amichevolmente. Nello stesso tempo si deve tener conto che essi, forse senza averne una coscienza chiara, nutrono verso i Paesi occidentali un risentimento profondo dovuto al fatto che nei due secoli passati l’Occidente ha osato colonizzare alcuni Paesi islamici e ha tentato d’imporre ad essi le proprie leggi, le proprie istituzioni, la propria cultura e perfino la propria religione, umiliando così in maniera brutale i popoli islamici, i quali ritengono l’occupazione occidentale dei loro Paesi come una tremenda «prova» (fitna) imposta ad essi da Allah.In realtà, ogni musulmano che abbia un grado di cultura, anche modesto, ha la coscienza di far parte della «migliore nazione» (umma) suscitata da Dio fra gli uomini» e di praticare «la sola vera religione», perché l’islàm, per gli islamici, è la religione «perfetta». D’altra parte, egli ritiene il mondo occidentale un mondo «corrotto» e «miscredente». Quanto ai cristiani, se conosce quello che di essi dice il Corano, pensa che sono «miscredenti ed empi», perché hanno falsificato le Sacre Scritture, offendendo Allah attribuendogli un figlio, Gesù, mentre Gesù «figlio di Maria» è un «servitore» (abd) di Allah e il più perfetto musulmano. A questo proposito si deve ricordare che i catechismi e i manuali scolastici in uso nei Paesi islamici dànno dei cristiani occidentali una visione estremamente negativa, presentandoli come miscredenti e nemici dell’islàm, anche per il fatto che si ostinano a non voler riconoscere a Muhammad il titolo di Profeta e Inviato di Allah.Molto spesso in questi manuali si parla di combattere contro l’Occidente, che è la «Casa della guerra» (Dar al-harb) e la «Casa della miscredenza» (Dar al kufr). Così, un manuale marocchino afferma che per i musulmani restano sempre validi, contro gli «infedeli», il jihad (la guerra santa) e la da‘wa (la chiamata a aderire all’islàm), ma che per ora non è possibile usarli contro l’Occidente; è preferibile una conquista graduale dei Paesi occidentali, costruendovi luoghi di culto e di cultura islamica - cioè moschee e madrasa - e costituendo forme di aggregazione degli immigrati islamici. E bene qui notare che, per i musulmani, le moschee non sono soltanto luoghi in cui i credenti musulmani si radunano non solo per la salat (la preghiera rituale, che almeno al mezzogiorno del venerdì deve essere fatta in comune in una moschea), ma anche per discutere tutti i problemi della comunità e quindi anche per parlare di politica.* * *Volendo ora dire qualcosa di più specifico sulla situazione degli immigrati islamici presenti in Italia, si può notare anzitutto che essi, in massima parte, non desiderano integrarsi nella società italiana, ma tendono a formare gruppi più o meno omogenei, che hanno come punti di riferimento le moschee e i centri di cultura islamica. Su questi gruppi esercitano un forte influsso i Paesi islamici di provenienza, in particolare l’Arabia Saudita, la quale, in quanto è patria di Muhammad e custode della Ka‘bah, ritiene che sia sua missione diffondere l’islàm nel mondo, in particolare con la costruzione di moschee e di centri islamici, spesso dotati di scuole coraniche e di biblioteche. Disponendo di immense risorse finanziarie, provenienti dalla vendita del petrolio, l’Arabia Saudita coltiva il progetto di costruire una moschea in tutte le capitali del mondo. Finora ne sono state costruite oltre 1.500 in tutto il mondo - la più importante di tutte è quella di Roma - insieme con 210 centri islamici.I gruppi islamici, proprio a motivo della loro dipendenza religiosa e politica da Stati islamici diversi, non riescono a costituire una rappresentanza unica, con la quale lo Stato italiano possa stabilire un’Intesa. I più impegnati a lavorare per un’Intesa con lo Stato italiano sono gli italiani convertiti all’islàm; ma sembra che lo scopo principale di essi sia quello di costituire una comunità islamica «a parte», che possa godere di tutti i privilegi che la legge italiana riconosce alle minoranze religiose che abbiano stipulato un’Intesa con lo Stato italiano in base all’art. 8 della Costituzione, ma senza essere integrate nella società italiana. D’altra parte, non si vede come lo Stato italiano possa sanzionare, in una eventuale Intesa, le norme coraniche sul diritto delle persone e sul diritto di famiglia. Si deve poi notare che sull’islamismo italiano stanno avendo un notevole influsso i movimenti «radicali» che si ispirano all’ideologia dei Fratelli Musulmani, per i quali «l’islàm è la soluzione di tutti i problemi» e dev’essere imposto, anche col «combattimento per Dio» (il jihad), a tutta l’umanità in quanto è «ordine divino». Essi lottano sia contro l’Occidente e la «modernità» occidentale, sia contro la maggior parte dei Paesi islamici, che non creano lo Stato islamico con la rigorosa applicazione della shari‘a e invece si ispirano politicamente e culturalmente ai Paesi occidentali. Non fa meraviglia, perciò, che recentemente in Italia siano stati scoperti alcuni musulmani fiancheggiatori, si presume, di Al-Qaeda del saudita Osama Bin Laden.* * *Quanto ai rapporti tra la Chiesa italiana e l’immigrazione musulmana in Italia, si può rilevare che nel mondo cattolico c’è spirito di accoglienza e di simpatia, se si eccettuano talune dichiarazioni di eminenti personalità ecclesiastiche contrarie a una immigrazione numerosa di musulmani nel nostro Paese, a motivo della troppo grande diversità culturale e religiosa esistente tra l’islàm e la realtà culturale, politica e religiosa della società italiana e dunque per l’impossibilità di una reale integrazione degli immigrati islamici nella società italiana. Anche da parte di uomini politici d’ispirazione cattolica non mancano opposizioni, dubbi e perplessità nei confronti dell’immigrazione islamica, anche se non si giunge a forme di esterofobia e di razzismo presenti nella Lega dell’on. Bossi.Ma questo non impedisce che tra personalità cattoliche e personalità musulmane ci siano incontri amichevoli e si stabiliscano rapporti di amicizia e di mutua stima. Ancora più importanti sono i rapporti amichevoli che si stabiliscono tra famiglie cattoliche italiane e famiglie musulmane; anche per il fatto che i figli frequentano la stessa scuola. Lo stesso si dica dei buoni rapporti che si stabiliscono nei luoghi di lavoro tra lavoratori cattolici e lavoratori islamici.Non si può però non rilevare che di un dialogo religioso e culturale tra la Chiesa e l’islàm in Italia non si può ancora parlare. I più avversi a stabilire buoni rapporti tra la Chiesa e l’islàm sono i neoconvertiti italiani all’islàm, tenendo presente però che i cattolici che si convertono all’islàm non lo fanno per odio al cristianesimo, di cui talvolta ignorano anche le verità più fondamentali, ma per poter sposare donne musulmane, poiché, secondo il diritto islamico, la donna musulmana può sposare soltanto un musulmano e, dunque, se un non-musulmano vuole sposare una donna musulmana deve convertirsi all’islàm: cosa non difficile, perché per divenire musulmano basta pronunciare, dinanzi a due-tre testimoni, la shahadah, cioè la formula di fede «Non c’è Dio se non Allah e Muhammad è l’Inviato di Allah», e impegnarsi alla preghiera rituale (salat), all’elemosina (zakat), al digiuno del Ramadan e al pellegrinaggio (hagg) alla Mecca almeno una volta in vita. Quanto al «dialogo» vero e proprio tra la Chiesa e l’islàm, c’è ben poco da dire, sia perché l’islàm non ha un’autorità religiosa in grado di rappresentarlo, sia perché nel mondo islamico non c’è molto interesse a un «dialogo» con i cattolici, come anche non c’è nessun interesse a conoscere il cristianesimo nelle sue fonti (i Vangeli), che essi ritengono adulterate e falsificate.A tale proposito, è opportuno richiamare una dichiarazione apparsa sul quotidiano Ashara al-Awsat (4 novembre 2000) del Segretario Generale della Lega del Mondo Islamico: «Se per dialogo s’intende far conoscere la verità sull’islàm, propagarlo, dire che è misericordia per i mondi e che l’umanità ne ha bisogno, allora parteciparvi è un dovere primario. Se si tratta invece di mettere l’islàm accanto alle altre religioni, questo non è lecito, in quanto non vi è su questa terra altra religione che l’islàm. Dobbiamo far capire alla gente che questa religione è la loro religione, perché è la religione di Allah ed è la religione che sigilla tutte le altre». Compito dell’islàm è la da‘wa, cioè la «chiamata» a convertirsi ad Allah, in modo che in ogni Paese si crei la società islamica con lo scopo di far trionfare la religione islamica su ogni altro culto, perché è «la religione della verità» (Corano, s. 48, 28).