» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Migrazioni e speranza cristiana


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 4/02


di Silvano Ridolfi
Le migrazioni sono intrise di speranza, sono sostenute dalla speranza, vivono di speranza.E chi avrebbe potuto altrimenti ieri (i nostri italiani) incamminarsi sprovveduto di tutto sul nevoso e pericoloso cammino della speranza delle Alpi francesi od oggi (gli extracomunitari) stiparsi nelle carrette del mare dopo aver venduto i propri miseri averi per pagare un passaggio avventuroso ed incerto? E che dire della tenacia nel lavoro, della parsimonia e del risparmio, nonché della coesione familiare nella prospettiva di un ritorno sempre continuamente rinviato?Quando i Vescovi italiani nei loro “Orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000” affermano già in preambolo che “compito primario della Chiesa… è testimoniare la gioia e la speranza originate dalla fede nel Signore Gesù Cristo” (n. 1) e pertanto si sentono chiamati a “… recare a tutti una parola di speranza” (n. 2), implicitamente invitano a rendere esplicita speranza cristiana la grande tensione e la ostinata attesa che sostengono ogni esperienza migratoria.Leggere questo fenomeno e condividerlo per dare il senso più pieno ad una esperienza già di per sé escatologica, in quanto è sforzo e sofferenza che credono e tendono ad una pienezza possibile e a venire, è il compito degli operatori pastorali (e non solo, vedi articolo di Rosati sulla nuova legge immigrazione).Del resto i Vescovi scrivono ancora (n. 4) del passaggio dall’ascolto alla condivisione come itinerario o via che conduce alla speranza e alla gioia. Ciò che fa ogni zelante operatore pastorale in campo migratorio interpretando la situazione di precarietà, di lotta e di attesa della propria gente, facendo proprie ansie e difficoltà, gli sforzi e le conquiste per illuminarle della pienezza di vita che viene dal Vangelo, che fa superare le limitatezze di una prospettiva di puro benessere materiale, qui ed ora. In questo processo - per dare senso alla esperienza, per offrire e ricevere perdono nella solidarietà - è condizione primaria la condivisione. Ogni operatore pastorale ne viene autorevolmente incoraggiato (articolo di Colzani).I direttori dei settori pastorali della mobilità umana - particolarmente quelli della marginalità attualmente più marcata (zingari, ad esempio od immigrati esteri) - sono continuamente confrontati da un intreccio di speranze e di paure che rendono difficile un dialogo costruttivo (lo si nota nelle loro riflessioni riportate in questo numero): le paure sono tante e divengono contemporaneamente causa e conseguenza di pregiudizi che bloccano, quando non oppongono, gli animi. E si passa da ingiusizia in ingiustizia. E questo è un altro versante dell’impegno pastorale che sempre tende a creare “comunità” nelle quali l’unità non è nella cultura, ma nella fede e per le quali la comunione è la regola della comunicazione interpersonale ed interetnica (vedi gli importanti lavori della “Commissione mista Maghreb-Europa del Sud).è un cammino lungo e difficile, ma doveroso e costruttivo, che porta a raggiungere l’unità della famiglia umana nella molteplicità e diversità delle sue culture.