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Società ed educazione (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/10


In quest’ultimo numero della rivista per l’anno 2010, fedeli a quanto ci eravamo proposti (cfr. SM 1/10, editoriale), riflettiamo sul rapporto società/educazione dopo aver riflettuto su scuola ed educazione (SM 1/10), famiglia ed educazione (SM 2/10), Chiesa ed educazione (SM 4/10). Sotto queste quattro agenzie educative abbiamo infatti cercato di enucleare e svolgere il processo educativo in riferimento soprattutto alla mobilità umana. Ed abbiamo contemporaneamente chiarito che non c’era alcuna pretesa di trattare con completezza ed esaustività le relazioni e dinamiche legate ai vari ambiti educativi, ciò che vale maggiormente per il tema di questo numero con le sue ampie problematiche e la complessa importanza (relazioni sociali, partecipazione pubblica e via dicendo) che riveste, tanto più che sotto la voce “società” abbiamo compreso tutta la vita relazionale più o meno istituzionale e variamente organizzata come la vita associativa, le tante espressioni culturali o ludiche e simili.
Che una società responsabile e attiva debba chiedersi come e se, nella globalità delle sue espressioni, possa o debba venire incontro alle esigenze dei suoi membri e quali finalità voglia raggiungere e inoltre come possa o intenda concorrere a formare una sana coscienza civica, non corre alcun dubbio. Il Concilio Vaticano II così si esprime: “Il compito educativo, come spetta primariamente alla famiglia, così richiede l´aiuto di tutta la società. Perciò, oltre i diritti dei genitori e di quelli a cui essi affidano una parte del loro compito educativo, ci sono determinati diritti e doveri che spettano alla società civile, poiché questa deve disporre quanto è necessario al bene comune temporale. Rientra appunto nelle sue funzioni favorire in diversi modi l´educazione della gioventù: cioè difendere i doveri e i diritti dei genitori e degli altri che svolgono attività educativa e dar loro il suo aiuto; in base al principio della sussidiarietà, laddove manchi l´iniziativa dei genitori e delle altre società, svolgere l´opera educativa, rispettando tuttavia i desideri dei genitori, fon dare inoltre, nella misura in cui lo richieda il bene comune, scuole e istituzioni educative proprie” (Gravissimum Educationis, n. 3).
Il problema dei valori o disvalori che vengono proposti o sottintesi è inevitabile e fondamentale ed esige una coscienza critica. La società, e primariamente lo Stato, non può essere un semplice notaio che registra esigenze e mutamenti e li asseconda sulla base di maggioranze,tanto meno se acriticamente accettate. Verrebbe meno alla sua funzione educatrice di una società coesa, inclusiva, progressista. La ricerca del bene comune deve essere una costante priorità nel proprio operare. E il principio di sussidiarietà, che presuppone quello di solidarietà, deve essere una veramente praticata modalità dell’azione socio-politica. Per questa ragione abbiamo dato precedenza ad alcune esigenze ed esperienze interculturali e di integrazione, stigmatizzando ancora una volta la sterilità culturale di espressioni di chiusura e rifiuto.
Si era pensato di trattare anche dei “luoghi sociali educanti” (il viaggio, la strada, il cortile, il lavoro...), ma le vincolanti limitazioni delle tariffe postali non lo hanno permesso, almeno per il momento. Una ragione in più per invitare i nostri lettori, singoli ed associati, a completare la trattazione esposta con osservazioni proprie e con l’esperienza che essi stanno eventualmente facendo nelle comunità locali, in Italia e/o all’estero, relazionando eventualmente anche su quanto emerge in proposito nella propria società civile ed ecclesiale.
Chiudendo la riflessione dell’anno in corso sulla “sfida educativa”, non intendiamo minimamente accantonarla. Tutt’altro. Gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il prossimo decennio riguardano infatti il problema educativo e sono già stati proposti autorevolmente nel documento “Educare alla vita buona del Vangelo”.