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Rapporto 2008: verifiche e rilancio (S. Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 3/09


 

Scorrendo l’ampia e dettagliata relazione sulle attività Migrantes nel 2008, appare evidente, nella molteplicità di interventi e riflessioni dei cinque singoli uffici e della Migrantes qua talis, che è stata sostanzialmente mantenuta, anzi è andata via via accentuandosi, la natura pastorale della Fondazione, ossia il suo servizio alla maturazione di una coscienza ecclesiale sostenuta dalla fede e cresciuta nella comunità che porti anche a specifici interventi nel campo civile.

Allo scopo è stata sottolineata una attenzione prioritaria alla formazione iniziale e a quella permanente e la necessità di una pastorale d’insieme, che coinvolga le diverse realtà ecclesiali e raggiunga le corrispondenti realtà civili, ed è stata affermata la specificità dell’azione ecclesiale in campo migratorio, inserita questa nella pastorale ordinaria.

Anche se questi obiettivi non sono stati raggiunti, è comunque importante averne chiarito natura ed opportunità. La stessa prevista revisione dello Statuto Migrantes si colloca in questa lunghezza d’onda.

Ma due fenomeni, di natura diversa, stanno ponendo una simile problematica. La lunga permanenza degli italiani all’estero, arrivati in qualche paese alla quarta-quinta generazione, e la convulsa e crescente immigrazione estera in Italia, che ha raggiunto ormai i quattro milioni di presenze. Ambedue pongono il problema del tipo di integrazione che si vuole raggiungere per un’armonica crescita della globale comunità ecclesiale e civile.

La partecipazione è indubbiamente la chiave di volta, ma occorre chiarire il modello di società che si vuole raggiungere e offrire strumenti validi per realizzarlo.

La conoscenza della lingua e della cultura del posto e, di riscontro, il rispetto della lingua e cultura dell’immigrato, l’armonia dei valori, locali e importati, la cultura della legalità, sono alcuni inderogabili aspetti del problema. Essi hanno portato, tra l’altro, alla definizione di un “Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo”, che rivela essere il fenomeno migratorio non un aspetto patologico, ma fisiologico della nostra società globalizzata, e anche alla stesura di una “Carta dei valori” come base obbligata di dialogo tra culture.

Anche nella Chiesa italiana, che a più riprese ha affermato “nessuno nella Chiesa è straniero”, sono molte le comunità etniche riunite in specifiche comunità di tipo parrocchiale.

Anche i nostri connazionali all’estero vivono pienamente  nel contesto delle Chiese locali. E il numero di sacerdoti di lingua e cultura italiana a loro dedicati va sensibilmente diminuendo ed evidentemente mutando in tipologia di intervento, certo non più assistenziale ma promozionale.

Da quanto detto sopra, si ha più che l’impressione che la nuova sfida sia appunto nel saper coniugare accoglienza e novità nel raggiungimento di armonia tra legalità e libertà, tra diversità e unità  nel superamento di tante paure e dei non pochi egoismi persistenti per riuscire a fare nuove sintesi culturali. A questo occorrono intelligenza, fermezza, disponibilità e, noi aggiungiamo, anche soffio di Spirito Santo, perché si raggiunga la convivialità delle culture, passo decisivo per realizzare la famiglia dell’umanità.