» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Novità perenne è Cristo e creatività salutare il suo messaggio (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/09


Lo stimolo e le esigenze che ci vengono dalla società civile, di cui si tratta in altra sede (cfr. pg. 7), sono un’opportuna occasione per ripensare e rinnovare il nostro essere cristiani nella nostra Chiesa che vive in Italia. Agli inizi del nuovo millennio i Vescovi italiani consegnarono alle comunità cristiane un programma pastorale di massima, “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, che vale la pena ora richiamare per una rivisitazione di quel testo e dei propositi ivi contenuti. Cristo Gesù, l’Uomo-Dio, è la novità perenne ed inesauribile per l’umanità intera - di ieri, di oggi e di domani -, dono di salvezza, modello sempre nuovo, infinitamente e universalmente imitabile.
Paolo di Tarso, folgorato e illuminato dal Cristo, “in cui risiede - scriverà - ogni pienezza della divinità...”, ha compreso e svelato questo mistero, ossia la volontà del Padre, “di ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra” (Ef 1,10). E pertanto i Vescovi italiani, ben sapendo che la Chiesa è per la evangelizzazione dell’umanità, di ogni tempo ed in ogni luogo, hanno proposto “orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000” (Roma, 29.06.01).
Gioia e speranza
Il proposito di essere collaboratori della gioia di tutti senza far da padroni sulla fede di nessuno (cfr. 2Cor 1,24) i Vescovi lo deducono dal “compito primario della Chiesa” che è quello di “testimoniare la gioia e la speranza originati dalla fede nel Signore Gesù Cristo, vivendo nella compagnia degli uomini, in piena solidarietà con loro, soprattutto con i più deboli” (n. 1). Ed è principalmente la speranza l’orizzonte e la forza in cui maturano proposte anche ardite e che inoltre permette di far sprigionare latenti capacità oltre a dare il coraggio della tenacia e l’impulso alla solidarietà. E con questo diviene fattore di rinnovamento e creatività. Una speranza non sconsiderata o gratuita, bensì solida sul fondamento concreto della risurrezione (nn. 8,24) e per la convinzione di chi ne segue il tracciato (ivi).
L’Eucaristia stessa, “fonte e culmine della vita di fede”, rappresenta il “principio di novità e di comunione per il mondo intero” (n. 32) e rinnova i rapporti dell’uomo con Dio e degli uomini tra di loro. Il messaggio evangelico è allora vera innovazione e motivo di creatività continua in chi lo accetta perché il messaggio è Cristo stesso. Lui, Uomo-Dio, congiunge il cielo con la terra ed unisce in fratellanza gli uomini tra di loro, donando, a conferma e sostegno, lo Spirito che porta discernimento e sostanza. Ora, se c’è una caratteristica trasversale alle migrazioni, comunque ed ovunque essi si verifichino, questa è proprio la speranza; spesso la speranza della disperazione, ma certo una forza interiore e prepotente che permette di affrontare e spesso fa superare immani difficoltà sprigionando impensate energie. Ne sono facile verifica i nuovi insediamenti in tanti paesi, il vasto elenco di personalità della cultura e delle invenzioni provenienti dalle migrazioni, lo sviluppo economico e sociale.
La creazione rende creativi
Fissando lo sguardo su Gesù , “inviato del Padre” (….), il citato documento illustra per sommi capi l’itinerario del Verbo della vita inviato da Padre nel mondo “a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito” (GS, n. 3). Una storia che ha inizio con la creazione stessa dell’umanità quando Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,2-27), gli affida il creato e lo pone in un giardino ove sono l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (cfr. Gen 2, 8-16). “L’albero della conoscenza del bene e del male raffigura il limite della creaturalità, condizione indispensabile per un autentico esercizio della libertà (n. 11). Ed è proprio quel “soffio divino” nell’uomo a dargli originalità e capacità uniche, esclusive, legate comunque all’altro dono e grande e responsabile della libertà. “Con ogni essere umano che viene al mondo è immesso un potenziale di novità nella storia, nel bene e nel male. L’uomo è creatura responsabile, capace con la sua libertà di dare inizio a nuove vie, di vita o di morte” (n. 12).
L’incarnazione del Verbo è l’evento che spiega il rapporto eterno di Dio con l’umanità, cui vengono donate prospettive superiori, divine. Cristo del resto rivela Dio all’uomo e contemporaneamente svela pienamente l’uomo all’uomo (cfr. GS, 22). Storicamente Cristo ha accettato la condizione umana - famiglia, cultura, potenzialità, limiti - per divinamente portarla ad esperienze superiori. Questa origine divina è comune ad ogni uomo che viene in questo mondo con tutte le conseguenze di capacità ed opportunità e limiti che comporta. In particolare la vocazione alla fede e salvezza in Cristo è rivolta a tutti gli uomini, coscienti o meno che lo siano, sino a divenire “un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10,16). “Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (S. Pietro, At 10,32).
La modernità esige un profondo rinnovamento
Nella parte II del documento (la Chiesa al servizio della missione di Cristo) i Vescovi italiani si interrogano “sull’oggi di Dio, sulle opportunità e sui problemi posti alla missione della Chiesa dal tempo in cui viviamo e dal mutamento che lo caratterizzano” (n. 34) per ricavarne compiti e priorità pastorali. Avendo sempre presenti le due attenzioni tra loro complementari, l’ascolto della cultura del nostro mondo e la differenza cristiana con la trascendenza del Vangelo. L’ascolto porta ad evidenziare le principali potenzialità del mondo moderno: desiderio di autenticità e di prossimità (n. 37), rinnovata ricerca di senso, sviluppo della scienza e della tecnica, sensibilità ai temi della salvaguardia del creato (n. 38), la comunicazione sociale (n. 39); ma anche i rischi e problemi più diffusi: aumento delle persone “senza religione”, prese di posizione lontane dal Vangelo (e nella mentalità comune e nella legislazione) (n. 40), eclissi del senso morale, relativismo e indifferenza (n. 41), varie forme di idolatria (n. 43). In questo contesto due sono le osservazioni principali: la prima, che “le proposte pastorali dei Vescovi italiani nel corso degli ultimi trent’anni hanno rimarcato con vigore la centralità della educazione alla fede e della sua comunicazione” (n. 44) e la seconda è il riconoscimento di “cristiani dallo sguardo penetrante”, i profeti (n. 45), che hanno richiamato fortemente al Vangelo autentico. Ora è proprio sul complesso di questa problematica che le migrazioni si pongono quasi cuneo a far saltare schemi tradizionali inadeguati per immettere con la forza dell’uomo vivente nuove visioni ed opportunità e per esigere il superamento di schemi superati, ciò che genera spesso paure, incertezze, difese, rifiuti.
Il multiculturalismo e/o multietnicismo, il pluriconfessionalismo, diverse strutture familiari, diverse scale di valori, le priorità esistenziali obbligano ad una revisione di equilibri divenuti fragili per includere le nuove situazioni ed esigenze in un rinnovato e più comprensivo equilibrio, non a scapito comunque delle identità originali o costitutive. A proposito di mentalità e legislazione non consone al Vangelo il documento cita espressamente le “migrazioni dei popoli” (n. 40).
Né la società né l’Europa né la Chiesa possono arroccarsi sulla difensiva, impossibile e dannosa, bensì proporre sintesi inclusive e non esclusive. Lo postula anche il documento citato quando allargando lo sguardo alla “evangelizzazione del mondo” così recita: “L’allargamento dello sguardo verso un orizzonte planetario, compiuto riaprendo il libro delle missioni, aiuterà le nostre comunità a non chiudersi nel ‘qui ed ora’ della loro situazione peculiare e consentirà loro di attingere risorse di speranza e intuizioni apostoliche nuove guardando a realtà spesso più povere materialmente, ma nient’affatto tali a livello spirituale e pastorale” (n. 46).
Lo stimolo e le esigenze che ci vengono dalla società civile, di cui si tratta in altra sede (cfr. pg. 7), sono un’opportuna occasione per ripensare e rinnovare il nostro essere cristiani nella nostra Chiesa che vive in Italia. Agli inizi del nuovo millennio i Vescovi italiani consegnarono alle comunità cristiane un programma pastorale di massima, “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”, che vale la pena ora richiamare per una rivisitazione di quel testo e dei propositi ivi contenuti. Cristo Gesù, l’Uomo-Dio, è la novità perenne ed inesauribile per l’umanità intera - di ieri, di oggi e di domani -, dono di salvezza, modello sempre nuovo, infinitamente e universalmente imitabile.
Paolo di Tarso, folgorato e illuminato dal Cristo, “in cui risiede - scriverà - ogni pienezza della divinità...”, ha compreso e svelato questo mistero, ossia la volontà del Padre, “di ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra” (Ef 1,10). E pertanto i Vescovi italiani, ben sapendo che la Chiesa è per la evangelizzazione dell’umanità, di ogni tempo ed in ogni luogo, hanno proposto “orientamenti pastorali per il primo decennio del 2000” (Roma, 29.06.01).
Gioia e speranza
Il proposito di essere collaboratori della gioia di tutti senza far da padroni sulla fede di nessuno (cfr. 2Cor 1,24) i Vescovi lo deducono dal “compito primario della Chiesa” che è quello di “testimoniare la gioia e la speranza originati dalla fede nel Signore Gesù Cristo, vivendo nella compagnia degli uomini, in piena solidarietà con loro, soprattutto con i più deboli” (n. 1). Ed è principalmente la speranza l’orizzonte e la forza in cui maturano proposte anche ardite e che inoltre permette di far sprigionare latenti capacità oltre a dare il coraggio della tenacia e l’impulso alla solidarietà. E con questo diviene fattore di rinnovamento e creatività. Una speranza non sconsiderata o gratuita, bensì solida sul fondamento concreto della risurrezione (nn. 8,24) e per la convinzione di chi ne segue il tracciato (ivi).
L’Eucaristia stessa, “fonte e culmine della vita di fede”, rappresenta il “principio di novità e di comunione per il mondo intero” (n. 32) e rinnova i rapporti dell’uomo con Dio e degli uomini tra di loro. Il messaggio evangelico è allora vera innovazione e motivo di creatività continua in chi lo accetta perché il messaggio è Cristo stesso. Lui, Uomo-Dio, congiunge il cielo con la terra ed unisce in fratellanza gli uomini tra di loro, donando, a conferma e sostegno, lo Spirito che porta discernimento e sostanza. Ora, se c’è una caratteristica trasversale alle migrazioni, comunque ed ovunque essi si verifichino, questa è proprio la speranza; spesso la speranza della disperazione, ma certo una forza interiore e prepotente che permette di affrontare e spesso fa superare immani difficoltà sprigionando impensate energie. Ne sono facile verifica i nuovi insediamenti in tanti paesi, il vasto elenco di personalità della cultura e delle invenzioni provenienti dalle migrazioni, lo sviluppo economico e sociale.
La creazione rende creativi
Fissando lo sguardo su Gesù , “inviato del Padre” (….), il citato documento illustra per sommi capi l’itinerario del Verbo della vita inviato da Padre nel mondo “a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito” (GS, n. 3). Una storia che ha inizio con la creazione stessa dell’umanità quando Dio crea l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gen 1,2-27), gli affida il creato e lo pone in un giardino ove sono l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male (cfr. Gen 2, 8-16). “L’albero della conoscenza del bene e del male raffigura il limite della creaturalità, condizione indispensabile per un autentico esercizio della libertà (n. 11). Ed è proprio quel “soffio divino” nell’uomo a dargli originalità e capacità uniche, esclusive, legate comunque all’altro dono e grande e responsabile della libertà. “Con ogni essere umano che viene al mondo è immesso un potenziale di novità nella storia, nel bene e nel male. L’uomo è creatura responsabile, capace con la sua libertà di dare inizio a nuove vie, di vita o di morte” (n. 12).
L’incarnazione del Verbo è l’evento che spiega il rapporto eterno di Dio con l’umanità, cui vengono donate prospettive superiori, divine. Cristo del resto rivela Dio all’uomo e contemporaneamente svela pienamente l’uomo all’uomo (cfr. GS, 22). Storicamente Cristo ha accettato la condizione umana - famiglia, cultura, potenzialità, limiti - per divinamente portarla ad esperienze superiori. Questa origine divina è comune ad ogni uomo che viene in questo mondo con tutte le conseguenze di capacità ed opportunità e limiti che comporta. In particolare la vocazione alla fede e salvezza in Cristo è rivolta a tutti gli uomini, coscienti o meno che lo siano, sino a divenire “un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10,16). “Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (S. Pietro, At 10,32).
La modernità esige un profondo rinnovamento
Nella parte II del documento (la Chiesa al servizio della missione di Cristo) i Vescovi italiani si interrogano “sull’oggi di Dio, sulle opportunità e sui problemi posti alla missione della Chiesa dal tempo in cui viviamo e dal mutamento che lo caratterizzano” (n. 34) per ricavarne compiti e priorità pastorali. Avendo sempre presenti le due attenzioni tra loro complementari, l’ascolto della cultura del nostro mondo e la differenza cristiana con la trascendenza del Vangelo. L’ascolto porta ad evidenziare le principali potenzialità del mondo moderno: desiderio di autenticità e di prossimità (n. 37), rinnovata ricerca di senso, sviluppo della scienza e della tecnica, sensibilità ai temi della salvaguardia del creato (n. 38), la comunicazione sociale (n. 39); ma anche i rischi e problemi più diffusi: aumento delle persone “senza religione”, prese di posizione lontane dal Vangelo (e nella mentalità comune e nella legislazione) (n. 40), eclissi del senso morale, relativismo e indifferenza (n. 41), varie forme di idolatria (n. 43). In questo contesto due sono le osservazioni principali: la prima, che “le proposte pastorali dei Vescovi italiani nel corso degli ultimi trent’anni hanno rimarcato con vigore la centralità della educazione alla fede e della sua comunicazione” (n. 44) e la seconda è il riconoscimento di “cristiani dallo sguardo penetrante”, i profeti (n. 45), che hanno richiamato fortemente al Vangelo autentico. Ora è proprio sul complesso di questa problematica che le migrazioni si pongono quasi cuneo a far saltare schemi tradizionali inadeguati per immettere con la forza dell’uomo vivente nuove visioni ed opportunità e per esigere il superamento di schemi superati, ciò che genera spesso paure, incertezze, difese, rifiuti.
Il multiculturalismo e/o multietnicismo, il pluriconfessionalismo, diverse strutture familiari, diverse scale di valori, le priorità esistenziali obbligano ad una revisione di equilibri divenuti fragili per includere le nuove situazioni ed esigenze in un rinnovato e più comprensivo equilibrio, non a scapito comunque delle identità originali o costitutive. A proposito di mentalità e legislazione non consone al Vangelo il documento cita espressamente le “migrazioni dei popoli” (n. 40).
Né la società né l’Europa né la Chiesa possono arroccarsi sulla difensiva, impossibile e dannosa, bensì proporre sintesi inclusive e non esclusive. Lo postula anche il documento citato quando allargando lo sguardo alla “evangelizzazione del mondo” così recita: “L’allargamento dello sguardo verso un orizzonte planetario, compiuto riaprendo il libro delle missioni, aiuterà le nostre comunità a non chiudersi nel ‘qui ed ora’ della loro situazione peculiare e consentirà loro di attingere risorse di speranza e intuizioni apostoliche nuove guardando a realtà spesso più povere materialmente, ma nient’affatto tali a livello spirituale e pastorale” (n. 46).