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Tricolore d'Italia (D. Locatelli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/08


Gli italiani sulla rotta del Nuovissimo Mondo

Per comprendere nella sua giusta prospettiva la realtà degli italiani d’Australia, è necessario calarla a ridosso della fine della seconda guerra mondiale. Gli italiani, per quanto impreparati a creare una nuova Australia, si sono uniti agli altri gruppi etnici che stavano seguendo lo stesso percorso. Nessuno di loro, alla vigilia della partenza, aveva in realtà un’idea precisa di che cosa fosse l’Australia e perfino dove fosse questa isola-continente.

Quando si parla di italiani in Australia, si intende il flusso massiccio di immigrati da quell´Italia messa in ginocchio dalle distruzioni della seconda guerra, dalla sua arretratezza sociale e debolezza economia e dall´assenza di concrete speranze di potersi riscattare nel giro di pochi anni. Erano italiani che comunque potevano vantare una più diffusa e migliore istruzione scolastica elementare del secondo, un prezioso strumento di lavoro per la vita. Dal 1947 al 1976 infatti, s´erano trasferiti in Australia ben 360.000 italiani, provenienti in gran parte dal Veneto, Friuli Venezia Giulia, Calabria, Abruzzo e Campania.

Incontro-scontro culturale

A differenza degli australiani, gli italiani si vennero a trovare sul fronte opposto e si distinguevano per una particolare caratteristica: l’ambizione, intesa nel suo significato di migliorare, avanzare, concludere, superare, per cui nel giro di alcuni anni si sarebbe notato un interessante mutamento di professionalità, a testimonianza del fatto che gli italiani in Australia non intendevano affatto rimanere ai più bassi gradini della scala sociale ed economica.

Lavoro, guadagno, creazione di un buon risparmio, costruzione di una decente abitazione, possibile miglioramento della propria professionalità erano le loro esigenze fondamentali. Mancavano, tuttavia, altre cose non meno importanti, emerse nel corso di tutto questo fervore: il superamento della politica dell’assimilazione in favore dell’integrazione e del ristretto concetto di britannicità; l’acquisizione della cittadinanza; il mantenimento delle principali caratteristiche dell’etnia d’origine; il ricongiungimento con gli stretti familiari ancora lontani; la formazione di una famiglia omogenea per concetti e valori; la costruzione di una vita comunitaria adatta alle esigenze particolari di sradicati.

L’Australia fu spinta a prendere coscienza del fatto che era diventata un paese multietnico, di fatto multiculturale, e non necessariamente di popolazione bianca. Urgeva, di conseguenza, un radicale cambiamento.

Viene quindi abolita (1972) la politica dell’“Australia Bianca” per il prosciugarsi della sorgente di immigrati dall’Europa ormai in piena ripresa economica e il non modesto fenomeno del rimpatrio dopo circa dodici anni di lavoro in Australia. Entro il 1971 ben 90.000 italiani avevano fatto rientro ai paesi d’origine, nonostante parecchi avessero acquisito la cittadinanza australiana e dato il loro contributo, piuttosto generoso, alla formazione della nuova Australia.

La politica del multiculturalismo soppianta a ruota (1972-75) quella dell’assimilazione, una conseguenza della multietnicità della società e del processo di interazione fra etnie, mentalità e costumi diversi che non si combattono, ma si confrontano, si apprezzano, si copiano e alla fine si amalgamano fino a sentirsi parte viva di un’unica avventura e delle stesse opportunità di benessere offerte egualmente dal Paese che le aveva volute. Dal multiculturalismo vengono apprezzate le lingue etniche, i mezzi di comunicazione etnici, le arti, le iniziative ricreative che danno colore e calore a tutta la comunità.

La multiculturalità ha dato a tutti la convinzione che “casa” e “Australia” sono la medesima cosa. Tale convinzione spiega, in parte, il fatto che il 76% dei nati in Italia si è naturalizzato, una percentuale molto alta rispetto agli inglesi, irlandesi e neozelandesi.

Una grande forza imprenditoriale

Quando vengono aumentate al massimo la libertà di iniziativa e l’indipendenza imprenditoriale, per quanto concerne gli italiani, le imprese e le aziende di piccola e media portata sfuggono a una elencazione, tanto sono numerose. Per le particolari dimensioni, sono molto noti: il coinvolgimento degli italiani nelle acciaierie di Port Kembla e di Newcastle; nella industria della canna da zucchero nel Queensland dove gli italiani da “tagliatori” sono divenuti i proprietari delle piantagioni; nella costruzione del sistema idroelettrico delle Snowy Mountains (1949-72) composto di otto centrali elettriche collegate con 90 miglia di gallerie; la costruzione di migliaia di miglia di moderne linee di trasmissione elettrica attraverso l’Australia ad opera dell’E.P.T. e della Transfield; la costruzione di ponti e grattacieli nelle principali città australiane di Sydney, Melbourne, Adelaide, Perth e Brisbane ad opera del Gruppo Grollo e della Transfield (divenuta uno dei maggiori gruppi di costruzioni e investimenti esistenti in Australia e fuori). Basti ricordare il Sydney Harbour Tunnel costruito dalla Transfield di Franco-Belgiorno-Nettis, le stazioni satellitari a Carnavon e Ceduna erette dall’Electric Power Transmission di Enzo Oriolo, le fregate per la marina australiana varate dalla Tenix di Carlo Salteri, gli oleodotti e gasdotti reticolati su tutto il territorio australiano dalla SAIPEM, gli innumerevoli grattacieli eretti dalla Grocon dei fratelli Grollo, il magnifico complesso dell’Aurora Place di Sydney, disegnato da Renzo Piano, la radicale ristrutturazione della National Gallery of Victoria, su progetto del noto architetto Mario Bellini. Non va dimenticata neppure la realizzazione del progetto rurale del Murrumbidgee intorno alla città di Griffith.

Piccole imprese e grandi colossi che hanno continuato ad impegnare gli italiani d’Australia nati in Italia, spesso a costo di tragedie umane pesanti. Una giusta nota va data al contributo italiano nei campi della moda, delle arti e della cucina. Gli italiani, su questo ultimo versante, hanno letteralmente estromesso dalla tavola il the e la birra, la solita bistecca e le solite braciole di montone. L’Australia, grazie soprattutto agli italiani, va fiera oggi del suo vino di qualità e lo esporta con orgoglio, mangia italiano e non disdegna che anche nelle Università si studi l’italiano e lo si parli senza complessi dovunque lo si ritenga utile.

La presenza italiana è rilevante anche nelle istituzioni a livello locale, statale e federale.

La situazione attuale

Attualmente, gli italiani in Australia sono una comunità di anziani, in assenza del ricambio generazionale causa il mancato costante flusso emigratorio. Il censimento del 2006 ha registrato la presenza di sole 199.122 unità, di cui ben 103.274 hanno più di 65 anni. Un calo notevole, se confrontato con i dati del censimento del 1971, che registra la presenza di 289,476 nati in Italia, residenti in questo paese. Tale invecchiamento è messo in evidenza anche dal basso numero di figli d´età inferiore a 24 anni, nati da genitori nati in Italia e ancora da loro dipendenti: il censimento del 2006 ne registra solo 15.681.

D´altro canto, l´impatto della presenza italiana di vecchia data in questo continente è evidenziato da due dati dello stesso censimento: nel 2006, su una popolazione australiana di 19.855.292 unità ben 852,418 persone, ossia il 4.3 per cento, dichiararono di avere un retaggio italiano

L’altro dato comprovante l’importanza dell’apporto culturale italiano è che l’italiano è ancora, dopo l’inglese, la lingua più comunemente parlata in Australia: nel 2006, 316.900 persone lo parlavano quotidianamente a casa.

La vita associative

Come in altre nazioni del Nord e Sud America e del Nord Europa, gli Italiani in Australia hanno fondato un numero consistente di clubs ed associazioni che hanno svolto un ruolo provvidenziale nel mantenere uniti gli emigranti provenienti o da regioni specifiche (Sicilia, Calabria, Abruzzi e Molise, Veneto ecc...) o da singoli paesi. Non mancano le organizzazioni con finalità religiose come: la Federazione Cattolica Italiana, il Movimento Carismatico e L’Associazione S. Francesco, per non parlare delle tantissime “feste religiose” organizzate da altrettanti comitati. Questa parcellizzazione di interessi e la preoccupazione di mantenere le proprie manifestazioni folcloristiche non hanno aiutato a promuovere interessi culturali comuni, oscurando anche la capacità di trasmettere valori religiosi alle nuove generazioni di oriundi italiani.

Alcuni luoghi, come l’Italian Forum di Leichhardt a Sydney o la Lygon St. a Melbourne, sono diventati piccole isole italiane dove gli oriundi, nonchè gli anglosassoni, possono godere un ambiente tipicamente italiano. La comunità italiana ha saputo attirare l’attenzione di molti studiosi appassionati ed innamorati della cultura italiana che, insieme a studiosi di madrelingua, hanno favorito pubblicazioni ed attività di ricerca e studio su vari aspetti della comunità italiana in Australia. Si stima che i titoli di saggi, libri e articoli siano oltre 800.

I mezzi di comunicazione

A Sydney viene pubblicato il quotidiano in lingua italiana "La Fiamma" (testata iniziata dai Padri Cappuccini) che, insieme a "Il Globo" pubblicato a Melbourne, tiene informata la comunità italiana sugli avvenimenti della vita nazionale italiana ed australiana. Ambedue le testate hanno un´unica Direzione, con scambio frequente di servizi e cronache locali riguardanti la vita associativa della comunità italiana in Australia. La stazione radio "ReteItalia" trasmette programmi 24 ore su 24, da Sydney e da Melbourne, con programmi in presa diretta dall´Italia ed è il programma radio più ascoltato. Esistono anche altre stazioni radio a servizio delle comunità italiane disseminate nei vari stati, una fra le tante: la "Ethnic Radio".

La stampa cattolica e´ presente con il "Messaggero di S. Antonio", "La Famiglia Cristiana", il mensile "Rintocchi", pubblicato a Brisbane dai Padri Scalabriniani, e un bollettino "Il Campanile", pubblicato a Melbourne dai Padri Cappuccini.

Conclusione

Ci sono molti motivi di ritenere che gli italiani che scelsero l´Australia, furono in fondo fortunati. L´isola-continente non aveva alcuna visione di sé, non conosceva la sua direzione, mancava di fiducia nelle sue stesse forze, si sentiva saldamente attaccata all´ombelico di Londra, ostica ad allentare le redini del colonialismo. Ed è stata fortunata l´Australia a dare il benvenuto agli italiani, i quali hanno saputo, nell´insieme, mantenere un percorso di osmosi continua con tutti gli altri gruppi etnici fino a farsi considerare cittadini in piena regola. Senza quasi accorgersene, l´Australia è cambiata radicalmente e rimane in attesa di realizzare in un prossimo referendum il suo status di Repubblica (poiché il primo Referendum del 1999 venne rifiutato). Il percorso è stato lungo, a momenti assai pesante. Non sembrava possibile che appena 260.000 immigrati iniziali, capaci soltanto di offrire la più semplice manodopera, sarebbero stati una forza di pressione decisiva, intelligente e palpabile nella costruzione dell´Australia odierna. E se a questi si aggiungono i circa 540.000 oriundi sbocciati per via, per più di 850.000 persone che si riconoscono di etnia italiana, si capisce come il contributo italiano non potrà mai essere cancellato, ma potrà essere un esempio valido di integrazione per gli immigrati di oggi.