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La chiesa, la cultura e le culture (P. Iacobone)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/08


La storia della Chiesa è contrassegnata da innumerevoli tappe di incontro, di dialogo, ma anche di contrapposizione con la cultura, anzi con le culture, in cui il messaggio evangelico ha cercato di inserirsi, di incarnarsi, nel suo bimillenario cammino di diffusione, toccando man mano tutti i Continenti. Il rapporto tra la Chiesa, la cultura e le culture assume una particolare rilevanza soprattutto nell’ultimo mezzo secolo di storia. Molto sinteticamente mi limito a segnalare le tappe più salienti di questo itinerario.

L’insegnamento del Vaticano II 1960-1965

Punto di partenza è, evidentemente, la straordinaria novità rappresentata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Per la prima volta nella sua storia, infatti, la Chiesa cattolica, per mezzo dei suoi Vescovi provenienti da tutte le parti del mondo e radunati intorno al successore di Pietro, ha voluto prendere in considerazione la realtà della cultura nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes. In questa Costituzione Pastorale, uno dei cardini portanti di tutto il Concilio viene dedicato alla “promozione del progresso della cultura”, il II capitolo della Seconda Parte del Documento (nn. 53-62). I Padri Conciliari fanno propria una nozione non ristretta ma ampia di ‘cultura’, che viene così ad indicare non più l’insieme delle conoscenze umane e delle nozioni, per cui ‘uomo di cultura’ equivaleva ad erudito, ma piuttosto l’insieme dei  valori, dei comportamenti, degli stili di vita di un gruppo umano, l’ethos di un popolo.

Abbiamo, dunque, una caratterizzazione di natura antropologica e sociologica del fenomeno cultura, profondamente legato all’essere della persona umana. Così, infatti, afferma l’Introduzione del Documento conciliare: “E proprio della persona umana il non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non mediante la cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura.  Perciò ogni qual volta si tratta della vita umana, natura e cultura sono quanto mai strettamente connesse. Con il termine generico di ‘cultura’ si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo; procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l’andar del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano” (n. 53).

Successivi sviluppi con Paolo VI e Giovanni Paolo II

Esattamente dieci anni dopo la chiusura del Concilio, l’8 dicembre 1975, facendo seguito al Sinodo dei Vescovi convocato per promuovere una più attuale ed adeguata missione evangelizzatrice della Chiesa, il grande Pontefice Paolo VI ritorna sul tema nella Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, lanciando un grido di allarme sulla situazione creatasi ed un caloroso appello all’impegno di tutti i credenti. Risuonano ancora profondamente attuali le parole del Pontefice: “La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca... Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture” (n.20).

Sarà Giovanni Paolo II a raccogliere il testimone per proseguire sulla strada tracciata dal Concilio e da Paolo VI. Il giovane e dinamico Cardinale di Cracovia, Karol Wojtyla, aveva fatto della persona umana, cuore pulsante della cultura, il centro della sua riflessione intellettuale. Eletto Papa, nella sua prima Enciclica, Redemptor hominis, afferma decisamente “l’uomo è il cammino della Chiesa”. Da questa rinnovata e profonda attenzione all’uomo e alla sua esistenza concreta, scaturisce la convinzione che “la cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l’uomo” (Discorso all’UNESCO, Parigi, 2 Giugno 1980). Il centro di ogni cultura è l’uomo e si può misurare l’altezza morale di una cultura e delle sue realizzazioni dall’immagine di uomo che appare in essa. Giovanni Paolo II pone l’uomo e la sua cultura al centro delle sue riflessioni e dei suoi interventi, al centro della sollecitudine della Chiesa, in ogni parte del mondo e negli ambienti più diversi.

Propone, così, la centralità di questo tema al Collegio dei Cardinali riuniti in Assemblea Plenaria, il 9 novembre 1979, ai quali rivolge queste significative parole: “Non vi è poi sfuggito l’interesse che personalmente, e con l’aiuto dei miei diretti collaboratori, io intendo dedicare ai problemi della cultura, della scienza e dell’arte... A questo scopo mirano le sollecitudini e le prospettive... per lo sviluppo di questo campo vitale, sul quale si gioca il destino della Chiesa e del mondo in questo scorcio finale del nostro secolo”.

Soltanto pochi mesi dopo, in Africa, il  7 maggio 1980,  parlando ai Vescovi del Kenya, riuniti a Nairobi, così afferma: “L’acculturazione o inculturazione, che voi a ragione promuovete, sarà realmente un riflesso dell’Incarnazione del Verbo, quando una cultura, trasformata e rigenerata dal Vangelo, produce dalla sua propria viva tradizione espressioni originali di vita, di celebrazione, di pensiero cristiani”.

Il Pontificio Consiglio per la cultura

Decisiva, poi, è la visita compiuta a Parigi nel giugno del 1980. Nel memorabile Discorso tenuto all’UNESCO, il 2 giugno 1980, Giovanni Paolo II pronuncia un vero, profondo elogio della cultura, salutato con emozione dalla eccezionale platea internazionale. Partendo da una affermazione di San Tommaso d’Aquino (Genus humanum arte et ratione vivit) egli illustra il senso della cultura e l’esistenza della pluralità delle culture: “Il significato essenziale della cultura consiste nel fatto che essa è una caratteristica della vita umana come tale. L’uomo vive di una vita veramente umana grazie alla cultura. La vita umana è cultura nel senso anche che l’uomo si distingue e si differenzia attraverso essa da tutto ciò che esiste per altra parte nel mondo visibile: l’uomo non può essere fuori della cultura. La cultura è un modo specifico dell’‘esistere’ e dell’‘essere’ dell’uomo. L’uomo vive sempre secondo una cultura che gli è propria, e che, a sua volta, crea fra gli uomini un legame che pure è loro proprio, determinando il carattere inter-umano e sociale dell’esistenza umana. Nell’unità della cultura, come modo proprio dell’esistenza umana, si radica nello stesso tempo la pluralità delle culture in seno alle quali l’uomo vive. In questa pluralità, l’uomo si sviluppa senza perdere tuttavia il contatto essenziale con l’unità della cultura in quanto dimensione fondamentale ed essenziale della sua esistenza e del suo essere”. Nello stesso Discorso troviamo poi quelle affermazioni che sono diventate un punto di riferimento ineludibile per la riflessione attuale: “La cultura è ciò per cui l’uomo in quanto uomo diventa più uomo, ‘è’ di più, accede di più all’essere. E qui anche che si fonda la distinzione capitale fra ciò che l’uomo è e ciò che egli ha, fra l’essere e l’avere. La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l’uomo, mentre la sua relazione a ciò che egli ha, al suo ‘avere’, è non soltanto secondaria, ma del tutto relativa… L’uomo, e solo l’uomo, è ‘autore’ o ‘artefice’ della cultura; l’uomo, e solo l’uomo, si esprime in essa ed in essa trova il suo proprio equilibrio”.

Raccogliendo, dunque, la ricca e preziosa eredità di Paolo VI e del Concilio Ecumenico Vaticano II, Giovanni Paolo II crea il Pontificio Consiglio per la Cultura con la Lettera autografa al Cardinale Segretario di Stato Agostino Casaroli, del 20 maggio 1982.

In essa abbiamo la Magna Charta dell’impegno culturale della Chiesa, il quadro di riferimento a cui rifarsi continuamente. Sin dall’incipit della Lettera il Santo Padre esprime solennemente quanto aveva già precedentemente accennato, cioè il suo profondo e motivato interesse per la cultura. Così, infatti, si apre la Lettera: “Fin dall’inizio del mio Pontificato, ho ritenuto che il dialogo della Chiesa con le culture del nostro tempo fosse un campo vitale, nel quale è in gioco il destino del mondo in questo scorcio del secolo XX. Esiste infatti una dimensione fondamentale in grado di consolidare o di scuotere fin dalle fondamenta i sistemi che strutturano l’insieme dell’umanità e di liberare l’esistenza umana, individuale e colletiva, dalle minacce che pesano su di essa. Questa dimensione fondamentale è l’uomo, nella sua integralità. Ora l’uomo vive una vita pienamente umana grazie alla cultura”.

Oltre la dimensione antropologica, la preoccupazione per la cultura ha una dimensione essenzialmente salvifica. Per il Papa è viva la coscienza che il Vangelo sia un evento creatore di cultura, giacchè esiste un legame intrinseco fra il Vangelo e l’uomo nella sua stessa umanità. Pertanto lì dove non sorge una cultura, cristianamente connotata, significa che il Vangelo non è stato assunto pienamente: “La sintesi tra cultura e fede non è solo un’esigenza della cultura, ma anche della fede... Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”. Questa affermazione, che sintetizza chiaramente il pensiero di Giovanni Paolo II, è stata più volte ripresa nel corso del Pontificato e particolarmente nei suoi innumerevoli viaggi apostolici attraverso il mondo.

Nel processo di inculturazione il Vangelo entra in contatto con le diverse culture. Si tratta di stabilire un dialogo con esse per elevare e purificare ciò che costituisce il nocciolo di ciascuna cultura, la sua anima religiosa. L’inculturazione diventa così non semplice, e superficiale, adattamento della liturgia o della catechesi alle tradizioni locali, non un mero fenomeno sociologico o linguistico, ma veramente salvifico: la trasformazione profonda dell’essenza delle culture per opera della Grazia dello Spirito Santo.

In quest’ottica il Pontificio Consiglio della Cultura ha voluto offrire a tutte le Conferenze Episcopali e alle Chiese locali uno strumento per poter avviare una efficace pastorale della cultura: si tratta del documento Per una pastorale della cultura, pubblicato il 23 maggio 1999.

L’attuale Pontefice Benedetto XVI, già stretto collaboratore di Giovanni Paolo II, non tralascia mai, nei suoi interventi, di sottolineare la dimensione culturale della missione della Chiesa, il suo continuo, fecondo e necessario dialogo con la cultura e con tutte le culture del nostro mondo globalizzato.

Ricevendo in udienza l’Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, lo scorso 8 marzo, così si è espresso: “Sono grato anche a voi tutti per l’impegno profuso nel far sì che la Chiesa si ponga in dialogo con i movimenti culturali di questo nostro tempo, e sia così conosciuto sempre più capillarmente l’interesse che la Santa Sede nutre per il vasto e variegato mondo della cultura. Oggi più che mai, infatti, la reciproca apertura tra le culture è un terreno privilegiato per il dialogo tra uomini e donne impegnati nella ricerca di un autentico umanesimo, aldilà delle divergenze che li separano”. Riferendosi, poi, al fenomeno del secolarismo, a cui era dedicata l’Assemblea Plenaria, il Santo Padre rivolge un appello ed un incoraggiamento a tutti i Pastori della Chiesa: “Esorto soprattutto i Pastori del gregge di Dio ad una missione instancabile e generosa per affrontare, sul terreno del dialogo e dell’incontro con le culture, dell’annuncio del Vangelo e della testimonianza, il preoccupante fenomeno della secolarizzazione, che indebolisce la persona e la ostacola nel suo innato anelito verso la Verità tutta intera. Possano, così, i discepoli di Cristo, grazie al servizio reso in particolare dal vostro Dicastero, continuare ad annunciare Cristo nel cuore delle culture, perché Egli è la luce che illumina la ragione, l’uomo e il mondo”.

Nel cuore delle culture: è lì, in ogni tempo ed in ogni luogo della terra, che la Chiesa deve saper annunciare e comunicare il Vangelo che Cristo le ha affidato, affinché sia davvero la linfa che porta vita nuova, la luce che illumina, chiarisce e riscalda, il seme che mette radici e germoglia per dar frutti di vera umanità e di fede profondamente incarnata.