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Lasciarsi fare dall'altro (Rota Martir)
Testimonianza

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/07


Premetto che vivo al campo Rom di Pisa, non tanto per fare, per organizzare, per risolvere i loro problemi. E mi ritrovo un po’ in quella espressione che la relatrice Cristina Simonelli ha usato: “sul fiume che va”, quando parlava della terra straniera, della stranierità.

Come vivo in mezzo a questa comunità? Tutti provengono da varie parti dell’ex-Jugoslavia. Sono io quindi l’unico straniero che vive in questo contesto. Sono tutti musulmani ed io l’unico cattolico e mi sento molto accolto. Per me questa è una esperienza di Grazia, non tanto perché faccio, risolvo qualcosa, ma perché vivo questo cammino e ci aiutiamo insieme. Questa stranierietà è un concetto che merita di essere conosciuto, sviluppato, come un “lasciarsi fare dall’altro”. Io uso spesso questa espressione. Noi come Chiesa a volte sottolineiamo invece di più “noi che facciamo per gli altri”, mentre credo che sia arricchente, anche come cammino di fede, imparare a lasciarci fare dall’altro, anche questo altro se ha una cultura, una storia, una fede diverse dalla mia. Vedere poi e scoprire che questo mi aiuta come prete, come credente, come uomo; mi aiuta a crescere, questo lasciarmi fare dagli altri (...).

La persona è una storia sacra: affermazione che tutti credo con prontezza ci sentiamo di sottoscrivere, anche se dopo forse arriviamo a porre dei distinguo e dei paletti. Il popolo rom è una storia sacra, ma qui facilmente sono prevedibili delle obiezioni. E nella mia breve esperienza mi sembra che a volte queste obiezioni si facciano massicce. I paletti si trasformano veramente in travi, per innalzare degli steccati, delle barriere, dei distinguo; e questo anche dentro le nostre comunità cristiane. Cosa ci può essere di sacro, dentro una vita considerata inutile, dentro una realtà vista quasi sempre con disprezzo e sospetto?

Solo qualche giorno fa, credo dieci giorni fa, l’onorevole Franco Frattini che ben conosciamo, Commissario europeo per la libertà, sicurezza e giustizia nella Commissione Europea, intervistato dal giornale “La Stampa”, ha additato la Francia come modello di comportamento perché ha “impacchettato”, ha rispedito i rom in Romania, due campi rom in blocco. Sottolineo questa espressione “impacchettato”, perché stamattina dicevamo che le parole sono importanti, sono macigni le parole (...).

I progetti! Ecco qui l’altro concetto: i progetti hanno la priorità sulle persone. C’è almeno il rischio, la tentazione, in particolare da parte delle amministrazioni che intendono operare e fare qualche cosa per i rom. Poi su questo barcone saltano una miriade, una varietà di associazioni, di Ong, di Onlus, di cooperative, di volontari anche legati alle nostre parrocchie; sono le nostre esperienze ecclesiali.

Però alla fine, generalmente questi progetti hanno la priorità sulle persone, e a volte mi sono stupito con quanta facilità le vite dei rom sono accantonate, messe da parte perché i nostri progetti sono considerati più importanti e non possono subire dei rallentamenti (...).

In conclusione il Dio della Bibbia quando costruisce qualche cosa (e nella Bibbia che è la Parola di Dio ci viene sempre ricordato) parte dagli scarti, a differenza della società che quando progetta qualche cosa spesso crea nuove esclusioni. Esistono luoghi costruiti dalla società, come luoghi altri; pretende che questi luoghi non esistano, li nasconde e tuttavia ne ha bisogno. Chi è sostanzialmente il rom? E una persona scartata, è un fuori luogo (...).

Sono Cristi nascosti, che appaiono in luoghi nascosti a persone escluse e apparentemente inesistenti; tuttavia sono rivelazioni del Dio unico e vero, che attraverso lo Spirito Santo, il quale è libero di soffiare dove vuole, desidera che conosciamo suo Figlio incarnato nella carne di ciascuno, anche delle persone escluse.

 

P. Agostino Rota Martir

Operatore pastorale

Rom e Sinti

Pisa