L‘edificio propone uno spazio fortemente coeso per l‘assemblea dei fedeli, orientata verso un polo unico, costituito da altare e crocifisso ospitati dal presbiterio. Il lavoro di Quaroni si sviluppa alla ricerca di una integrazione spaziale e visiva tra uno spazio per i fedeli e uno spazio per il clero, alla ricerca di una coesione - ameno emotiva ed empatica, se non celebrativa - che sarà resa possibile solo dalla riforma liturgica e dalla ecclesiologia di comunione conciliari. Scrive Quaroni: Ğla divisione delle due zone, sacra e profana (ministri del culto e fedeli) che nelle due precedenti chiese [Prenestino e Francavilla] era stata ottenuta con una forte differenziazione delle navate, centrale e laterali, è qui ottenuta ancora con una differenziazione di altezza, la sala essendo bassa, leggermente innalzandosi mano mano che dall‘ingresso ci si avvicina all‘altar maggiore, mentre quest‘ultimo è collocato, col pulpito e il candelabro per il cero pasquale, all‘interno di uno spazio "separato" e molto più alto, il "sancta sanctorum", illuminato fortemente dall‘alto e notevolmente decoratoğ (Quaroni 1985, p. 62). Per quanto attiene il rapporto tra la Chiesa e il contesto sociale, da un lato le scelte tecniche e compositive dialogano in modo domestico con l‘edilizia del borgo, sottolineando la comunanza di stili di vita e di destini tra la comunità cristiana e l‘intera popolazione. Dall‘altro, l‘imponente e nitida torre-tiburio offre alla popolazione - trasferita in modo sostanzialmente coatto nel nuovo borgo e sradicata dal proprio passato abitativo - un nuovo polo identitario, una nuova meta, inedita, ma non estranea al paesaggio locale.