Nei primi anni Cinquanta nulla lasciava presagire che, nell‘arco di pochi lustri, l‘ecclesiologia e la liturgia sarebbero state profondamente aggiornate dall‘evento e dai documenti del Concilio Vaticano II. Ludovico Quaroni, nell‘affrontare il tema progettuale, non propone una nuova ipotesi di assetto liturgico, ma intende offrire - grazie all‘architettura e alla manipolazione della luce - una interpretazione personale, emozionale e popolare dello spazio liturgico post-tridentino tradizionale. Pochi anni prima , in riferimento al progetto inattuato per il Prenestino, Quaroni sottolineava la sua adesione di principio alle "regole" canoniche: «Accettai a priori tutti i dati ufficiali del committente: tutti quei dati che non possono essere nemmeno discussi, se non si riesce a trovare veramente che cosa debba essere la chiesa d‘oggi» (Quaroni 1949). D‘altra parte, il tema della chiesa consente di esprimere un concetto più ampio di religiosità: «permette, anzitutto, suggerisce, anzi (e più suggeriva, prima della riforma giovannea) un invito a curare gli aspetti spaziali dell‘architettura, e a metterli in rapporto con ogni possibile interpretazione psicologica dello spirito religioso, dipendentemente e indipendentemente dal culto e dalla dottrina religiosa alla quale l‘edificio dovrebbe riferirsi» (Quaroni 1985, p. 61). La settimana successiva all‘inaugurazione della chiesa materana, Quaroni - invitato dal card. Giacomo Lercaro al Primo Congresso Nazionale di Architettura Sacra - affermava che «la liturgia è la possibilità di sviluppo plastico di un‘idea religiosa» (Quaroni 1956, p. 32).
Nel passaggio tra le prime due bozze progettuali (Sàito 1991, pp. 16-19) e la realizzazione, emergono chiaramente alcune scelte liturgiche. L‘altare non solo è il polo di riferimento principale dell‘aula e dell‘assemblea, ma determina un proprio volume che si impone all‘attenzione dei fedeli con una spazialità e una luminosità autonome: la torre-tiburio, un nitido prisma a pianta quadrata alto circa 20 metri, inonda di luce il crocefisso sospeso, il tabernacolo e la mensa, a fianco dei quali si dispone la sede del presidente.
Anche i pavimenti sottolineano la "alterità" del presbiterio:l‘altare infatti «nasce» (Quaroni 1955, p. 40) da un tappeto di maioliche colorate, che riflettono la pioggia di luce del tiburio e definiscono un ambiente integralmente progettato e decorato come spazio eucaristico : il resto dellaula, in penombra, è del tutto aniconico e acromatico. Secondo Bruno Zevi, il progetto ha schiacciato la navata per innalzare il corpo presbiteriale, determinando un «violentissimo contrasto», una «antitesi dimensionale cromatica e luminosa tra spazio dei devoti e spazio sacro» (Zevi 1971, p. 11). L‘assenza di spazi sussidiari assicura la forte coesione dell‘aula, volume che converge prospetticamente e fisicamente sul pozzo di luce presbiteriale. I fedeli sono accompagnati da diversi elementi architettonici: il profilo del tetto che si apre a triangolo; la disposizione dei banchi accogliente e orientata all‘altare mediante il corridoio triangolare; le sequenze lineari laterali degli apparecchi di illuminazione. L‘articolazione pre-conciliare dei poli liturgici non prevedeva un luogo specifico per la Parola (ambone), ma un allestimento adatto alla predicazione (pulpito). La soluzione adottata porta però alla realizzazione di un amboneante litteram, rilevato di pochi gradini ed è collocato sulla soglia del presbiterio, affacciato e proteso verso l‘aula, quasi un perno di articolazione del volume prismatico della torre e di quello prospettico dell‘aula. Sul lato sinistro del presbiterio, un altare eucaristico sussidiario; sul lato destro - di sviluppo più contratto - la bussola di accesso alla sacrestia, che fa riscontro alla bussola di ingresso in facciata.
Fin dalla seconda bozza, il battistero viene ospitato in un volume autonomo in muratura tufacea come la torre, affacciato sul nartece aperto . Tale scelta è in continuità con alcune delle variegate sperimentazioni sul tema condotte negli anni Cinquanta (Longhi 2005) per segnalare la dimensione iniziatica del battesimo e la sua autonoma identità.