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“Scuola a due uscite": un'esperienza originale (S.Ridolfi)
Una risposta-proposta degli operatori pastorali in situazione di mobilità

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 1/10


L’emigrazione italiana è stata un’esperienza vissuta dai protagonisti all’insegna della “definitività” per l’oltreoceano (non si ritorna più indietro… se non forse da pensionati) e della “provvisorietà”, quella europea (lavorare all’estero gli anni minimi necessari a risolvere problemi familiari).
Nella realtà, poi, se per l’oltreoceano quella prospettiva si è sostanzialmente realizzata, per l’Europa invece si è verificato un insediamento prolungato di molti emigrati nel paese di accoglienza ben più del previsto, oltre ad un buon numero di rientri e ad un andirivieni per molti altri.
La “definitività” e la “provvisorietà” creano già in partenza un rapporto diverso con il Paese di accoglienza e condizionano i progetti per la propria famiglia. E d’altra parte per l’Europa anche i Paesi di accoglienza inizialmente programmavano l’immigrazione con un concetto e con strutture di “provvisorietà”, tanto che in Germania alla fine degli anni ‘60 era stato ventilato un progetto di “rotazione” che esasperava detta provvisorietà.
Da simili progettazione e presupposti sono sorti anche diversi comportamenti nell’attuare il diritto-dovere di formazione di base dei figli dei lavoratori migranti, particolarmente in Europa, dove Comunità Europea, Italia e Stati nazionali interessati hanno cercato soluzioni conseguenti.

In allegato il testo completo