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Resistere allo smarrimento sociale   versione testuale

Lavoro: un diritto per tutti
«Quando non c’è lavoro a rischiare è la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! […] Quanti […] hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati – benché siano corrotti – e impedisce a chi merita di affermarsi. Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri di se stessi, benché questa sicurezza sia stata acquisita nella corruzione. Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!» (Francesco, Discorso ai gruppi del “Progetto Policoro” CEI, 14 dicembre 2015). Papa Francesco non smette mai di gridare contro le ingiustizie sociali, contro la logica dello scarto e dello sfruttamento disumano. Il tema del lavoro è un perno del suo pontificato.
A offrire una preziosa occasione di riflessione sul tema del lavoro e dei diritti è La legge del mercato (La loi du marché, 2015) di Stéphane Brizé, adottato per affrontare l’opera di misericordia spirituale “Ammonire i peccatori”. Il film fa parte del ciclo di proposte dedicate al Giubileo della Commissione Nazionale Valutazione Film della CEI - Fondazione Ente dello Spettacolo, in accordo con l’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.
 
La legge del mercato, contro l’indifferenza sul posto di lavoro
Premio miglior interpretazione maschile a Vincent Lindon e Menzione speciale della Giuria Ecumenica al 68. Festival di Cannes (2015), La legge del mercato (La loi du marché, 2015) di Stéphane Brizé è un asciutto e misurato dramma sulla condizione del lavatore nell’Europa contemporanea.
Francia, è la storia del cinquantenne Thierry (Lindon), sposato e con un figlio disabile, che si sottopone a continui colloqui d’impiego perché rimasto senza lavoro. Finalmente le cose sembrano andare per il verso giusto: Thierry trova lavoro come sorvegliante in un centro commerciale. Viene però ben presto spinto a collaborare cinicamente con la proprietà per denunciare i propri colleghi colti in fallo. Di fronte a una ragazza messa alle strette per uso fraudolento di buoni punti e minacciata di licenziamento, Thierry prende una decisione repentina. Esce dalla stanza, si toglie la divisa, al parcheggio prende la macchina e va via.
Con La legge del mercato Stéphane Brizé sembra porsi nel solco della riflessione dei fratelli Dardenne con Due giorni, una notte (Deux jours, une nuit, 2014), così come dei tanti film di Ken Loach sulla condizione dei lavoratori. Cosa si è disposti a fare pur di tenersi stretto un posto di lavoro? Quali condizioni e ricatti è possibile tollerare da parte del datore di lavoro? Sono alcune delle questioni che emergono dalla visione del film, teso a richiamare l’attenzione sugli ultimi della società, sui lavoratori disoccupati oppure con evanescenti tutele contrattuali e sindacali (basti pensare ai contratti di collaborazione o all’esercito delle Partite Iva). La legge del mercato è un ennesimo affresco del cambiamento in atto nel mondo del lavoro occidentale, sempre più esposto all’erosione dei diritti a favore di una produttività smisurata senza regole.
Colpisce la bravura di Vincent Lindon nel rendere il suo personaggio così complesso, travagliato, ma comunque composto, con uno straccio di dignità e umanità da preservare. Il film è un atto di denuncia ma anche di difesa dell’umanità, da mettere in gioco nelle dinamiche sociali e lavorative.
La legge del mercato è un film adatto ad affrontare il tema della misericordia spirituale “Ammonire i peccatori”, per il suo mettere in evidenza la resistenza dinanzi alla cultura dello scarto, più volte stigmatizzata da papa Francesco. Il protagonista, infatti, sebbene cinquantenne e con una famiglia sulle spalle, tra cui un figlio disabile, non accetta il ricatto imposto dalla società, dal datore di lavoro. Ricorda allo spettatore che bisogna avere il coraggio di rispettare l’altro e di opporsi alla mercificazione sociale, alla logica dell’esclusione. Quella di Thierry è una battaglia coraggiosa e silenziosa, combattuta a schiena dritta; è un invito da raccogliere, per lo spettatore, e da portare con sé nel proprio vissuto. Lavorare è un dovere sociale, è un diritto da tutelare e difendere, non da appaltare a logiche di profitto sfrenato.
 
Per approfondire con la Cnvf e Cinematografo.it
Commissione Nazionale Valutazione Film CEI: «Sulla scia dunque dell'esemplare precedente di Due giorni una notte dei fratelli Dardenne (2014), si muove il film di Stéphane Brize. Dove Thierry, all'età di 51 anni, ricomincia da zero e trova un lavoro che lo mette di fronte alla faccia spietata e cinica dei meccanismi produttivi. Situazioni eticamente impossibili da condividere e dalle quali subito si chiama fuori. La sequenza finale, nella quale il protagonista non dice una parola, e anzi si perde in un campo lungo che crea rinuncia e distanza, è sintomatica dell'approccio al problema: niente grida, niente proteste, niente denuncia. Pur avendo Thierry moglie e un figlio disabile, il suo dramma resta personale e quasi privato, a suggerire che il tema 'lavoro' è talmente profondo da rendere superflua ogni altra contaminazione. Al pari del copione, anche la regia di Brizé poggia su ellissi, sottrazioni, sintesi. Thierry dunque è un uomo disilluso, preoccupato e tuttavia non negativo. Verifica tuttavia l'esistenza di un 'sistema' economico quasi impossibile da scalfire, una sorta di status esistenziale fatto di divaricazioni e solchi esistenziali. Tutte queste sensazioni passano con efficacia sul volto di Vincent Lindon, un Thierry di forte realismo, premiato con la Palma d'oro a Cannes 2015. Per la capacità di riproporre con lucidità una situazione delicatissima che spesso obbliga l'individuo a scelte morali estreme, il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti» (www.cnvf.it).
 
Rivista del Cinematografo - Cinematografo.it: «È molto difficile non pensare all’ultimo film dei Dardenne (Due giorni, una notte), di fronte a La loi du marché di Stéphane Brizé: le analogie sono molte, a partire dall’argomento comune, quello del lavoro e delle implicazioni sociali, poi un rigore e al tempo stesso la scelta di un percorso “semplice” per seguire un personaggio chiamato a far fronte ad uno dei mali del nostro tempo. La differenza sostanziale tra il film di Brizé e quello dei Dardenne – uniti da due grandi interpretazioni, allora Marion Cotillard, stavolta il sempre convincente Vincent Lindon (premiato a Cannes) – è soprattutto di carattere strutturale: lì la protagonista (depressa, apatica) doveva far di tutto per convincere i colleghi a rinunciare a dei bonus in modo tale che lei non perdesse il lavoro, mentre Brizé si concentra su un personaggio che, una volta riottenuto un impiego, viene messo di fronte ad un impietoso dilemma morale. […] quando “la legge del mercato” viene messa di fronte alla “misura di un uomo” bisogna prendere una decisione. Soccombere e disumanizzarsi, o smettere la divisa di un sistema che non accettiamo più» (V. Sammarco, La legge del mercato, in «Rivista del Cinematografo», n. 10, ottobre 2015, p. 65)