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I parrocchiani che vivono all'estero (D. Locatelli)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 5/04


I PARROCCHIANI CHE VIVONO ALL’ESTERO
di Domenico Locatelli
La realtà degli italiani all’estero esiste ancora ed è profondamente mutata. Da una situazione avvolta da toni foschi e tristi di bisogni, umiliazioni, fatiche e problemi, si è passati ad una situazione più solare che considera gli italiani nel mondo una risorsa ed opportunità.Altri popoli che sono presenti in Europa e nel mondo sono considerati “emigranti” e questo denuncia un punto di vista che si ferma soprattutto ai bisogni primari delle persone quali: la casa, il lavoro, la sicurezza, l’inserimento, la salute e fatica ad uscire da un tono di emergenza.Sta crescendo sempre maggiormente l’intreccio di relazioni tra l’Italia della penisola e l’altra Italia che vive, opera e si sviluppa nel mondo intero.Protagonisti di queste relazioni nuove sono lo Stato italiano e i suoi Ministeri, la Camere del Commercio, le Regioni d’Italia, le Province ed i singoli Comuni e molte Associazioni regionali, provinciali, comunali, e di ogni altro tipo che da tempo operano in questo scenario attuale.Il “Sistema Italia”Lo si chiama “Sistema Italia”. Un insieme di iniziative, non sempre coordinato e con riferimenti a progetti definiti e chiari, ma ricco tuttavia, di idee, aspettative e risorse investite.Un grosso impegno profuso per “identificare” l’altra Italia, anzitutto. Si continua il grande investimento fatto per armonizzare le due anagrafi, quella dei Comuni, l’A.I.R.E., e quella dei Consolati. La seconda sembra essere la più completa, ma dipendendo dal Ministero degli Esteri, fatica ad essere accolta e adottata dal Ministero degli Interni a cui si riferiscono le anagrafi comunali. La cosa si è complicata negli ultimi appuntamenti consultivi, dove un grosso pasticcio ha finito per escludere dalle urne più di 800.000 italiani aventi diritto: ed è un fatto grave.Alcune istituzioni imprenditoriali hanno svolto un complicato lavoro di censimento per diverse realtà italiche: dai giornalisti ai comunicatori, dai media agli artisti, dagli imprenditori agli uomini politici. Veri e propri portali multimediali che illustrano numeri e entità italiane che operano nel mondo.Novità significativeUn grande impulso è stato impresso nel 2000 con la Conferenza mondiale degli Italiani nel Mondo. Un appuntamento che aveva atteso oltre dieci anni per essere nuovamente celebrato. Preparato dalle Conferenze continentali è stato l’input per la nuova gestione dei rapporti dell’Italia con gli italiani nel mondo. La crisi argentina provocò interesse ritrovato da parte delle Regioni italiane che si sono ormai dotate di leggi ed ordinamenti per rispondere al mandato della gestione della realtà migratoria.Lo Stato italiano nel giro di pochi anni ha legiferato con tre leggi importanti per gli Italiani all’estero. La Legge 18.6.1998, n. 198 per il CGIE, Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, la nuova legge istitutiva dei Comites (Comitati degli Italiani all’Estero) n. 286 dell’ottobre 2003 e soprattutto la legge n. 459 del diritto di voto degli Italiani all’estero del 27 dicembre 2001 dove viene istituita la Circoscrizione Estero e gli italiani eleggeranno nella prossima tornata elettorale del 2006, 12 deputati e 6 senatori che li rappresenteranno in Parlamento.Da tre anni, con l’inizio della legislatura dell’attuale Governo, è stato istituito il nuovo Ministero per gli Italiani nel Mondo. Un segno politico e di governo importante che si fa interlocutore di questa realtà complicata e disomogenea che sono i quasi 5 milioni di cittadini italiani al di là delle Alpi e degli oltre 40 milioni di oriundi chiamati “italici” che vivono nelle americhe ed in Europa.Senza dubbio negli ultimi anni c’è stato un incremento notevole di visibilità dell’altra Italia. Promosso da Roma e dintorni e rispondente ad una strategia voluta, si sono realizzati convegni mondiali dove sulla passerella dei media sono saliti scienziati italiani, imprenditori, artisti, registi. Da molte regioni partono iniziative di ogni tipo, assistenziale, di marketing, scambio, formazioni dei giovani, musei e documentazione storica.La Chiesa italianaLa Chiesa italiana in questo rilancio rischia di restare ai margini. Soprattutto rischia di restare senza fiato perché troppo impegnata con le emergenze dell’immigrazione, della scarsità di clero, dell’enorme sforzo richiesto dalla gestione di una pastorale parrocchiale e diocesana tradizionale che mangia risorse umane e finanziarie, e non solo per mantenere le strutture, e che diventa difficile trasformare in un’organizzazione diversa.Così capita che molte diocesi del sud contano moltissimi loro battezzati che vivono all’estero ma i sacerdoti diocesani che ebbero il coraggio di seguire i propri parrocchiani in partenza per le Americhe o l’Europa sono tutti morti e quasi nessuno li ha rimpiazzati. Diverse regioni ecclesiastiche italiane contano numeri importanti di corregionali cattolici all’estero ma non hanno inviato nessun prete diocesano al servizio pastorale loro e degli altri battezzati italiani e non, che vivono nelle grandi città europee e oltre oceano.Per gli emigrati italiani si programmano le iniziative di sempre ma con una stanchezza che sta portando alla irrilevanza pastorale. In molte parrocchie si celebra la festa dell’emigrante, ma l’emigrante è solo un pretesto per fare tutt’altro e comprensibilmente nel contesto della promozione ed animazione turistica estiva della pro loco o della parrocchia.Molti parroci vanno in visita dei propri paesani in occasione delle feste patronali che si celebrano altrove, invitati dalle associazioni dei compaesani. è una buona cosa ma non può diventare alibi per dire che ci si occupa e si risponde alle esigenze pastorali di questi battezzati che vivono fuori del paese. In un mese si fa turismo, si danno alcuni servizi liturgici, si raccolgono fondi per spendere in parrocchia d’Italia, si rinsaldano amicizie, si comunicano informazioni dei familiari, ma non si aiuta a risolvere la forte esigenza che molte missioni italiane pongono adesso che diversi missionari rientrano per motivi di salute e per raggiungi limiti di età.In Europa i nostri italiani hanno perso la pratica religiosa, adeguandosi al clima generale di secolarizzazione, ma anche perché manca l’occasione di poter ascoltare e partecipare a celebrazioni ed iniziative fatte in una lingua e con un linguaggio familiare e comprensibile.Il 3% dei praticanti italiani e di altre culture spinge le Chiese europee a iniziare percorsi nuovi di evangelizzazione. La loro richiesta espressa alla Chiesa italiana è quella di inviare preti e religiosi che con coraggio e pazienza entrino in questa ottica e siano investitori dell’annuncio cristiano attraverso la comunità italiana che è recettiva e sensibile ad una proposta pastorale che li trasformi in missionari La parrocchia e gli emigranti italianiPer una riflessione pastorale, sociologica, culturale ed ambientale sulla parrocchia, non possono mancare gli italiani all’estero, anche perché in molte comunità il fenomeno è stato vissuto anche in modo drammatico ed in numerose famiglie qualcuno prima o poi è partito per l’estero o per le grandi città del nord Italia.Non sarebbe inutile lasciarsi aiutare da questa parte della parrocchia che è all’estero, o che è rientrata dopo anni di emigrazione. Ad esempio:- considerare i comparrocchiani all’estero come parte viva ed indispensabile per la vita comunitaria;- dare attenzione per le giovani generazioni italiane nate all’estero dai genitori emigranti: non emigreranno a loro volta verso il paese italiano di origine ma possono portare esperienze, a loro modo, contributi umani e di partecipazione alla vita del paese;- considerare l’emigrazione non solo e non più come di-sgrazia o vicenda di cui vergognarsi ma guardarla anche come ricchezza che nasce dall’incontro del diverso che scombina usi e costumi tradizionali per una evoluzione delle relazioni umane rispettose e in dialogo;- impegnarsi nel rileggere la storia della propria comunità ponendo il passato come ispirazione per l’impegno nel presente in favore di chi immigra nel proprio territorio e come garanzia di una possibile comunità multietnica e pluriculturale già sperimentata da chi ha vissuto in Europa e oltre oceano;- aprirsi decisamente e con intelligenza verso l’Europa attraverso le comunità italiane esistenti, per darsi occasione di conoscenze, visite pastorali, scambi di informazioni e collaborazioni sia scolastiche che di volontariato.La parrocchia e gli italiani all’estero: cosa fareIn concreto quali iniziative o progetti possono nascere in parrocchia? Alcuni esempi possono essere:- si dia il mandato a qualche elemento del Consiglio Pastorale perché riferisca e tenga sveglia l’attenzione per questa parte di comunità che vive altrove;- mantenere, riprendere e far progredire i contatti e le relazioni con i parrocchiani all’estero: giornale della parrocchia, lettere per gli auguri di Natale e Pasqua, coinvolgerli in progetti di manutenzione e restaurazione di beni artistici o delle strutture parrocchiali chiedendo il loro parere, invitandoli alla partecipazione economica rendicontando degli esiti.- Un lavoro paziente ma prezioso per non dimenticare chi è partito è l’aggiornamento degli indirizzi e vicende, soprattutto con uno sforzo supplementare verso le nuove generazioni nate e sposate all’estero. Un buon esercizio può essere il corrispondere in lingua ( tedesco, francese, inglese). Ottima attività per il gruppo giovani, per le scuole superiori del paese, per un possibile gruppo degli ex emigranti;- Qualcuno appassionato e capace di collaborare può coordinare una costante ricerca e messa in ordine del materiale ( fotografie, interviste, testimonianze, articoli, cartoline) che racconta l’emigrazione del paese. Utilissimo il far convergere risorse e volontariato in iniziative similari presenti nelle parrocchie e municipalità vicine o con presenze di musei dell’emigrazione a livello provinciale o regionale.- Visitare comunità con maggior concentrazione di compaesani e di italiani per conoscerne i bisogni pastorali e le esperienze di fede che stanno vivendo o che hanno dimenticato. Non sarebbe male se relazioni di queste visite fossero pubblicate sui media locali, provinciali o nazionali.- Coltivare e incoraggiare il dono di un prete inviato dal Vescovo diocesano, che, per un determinato periodo, si metta a servizio pastorale delle chiese locali dove vivono i corregionali. Non è un affare esclusivo del Vescovo, tutta la comunità vi è coinvolta.- Motivare i giovani dai 16 ai 26 anni per scegliere un servizio civile volontario, come previsto dalla Legge n. 64, presso le comunità italiane all’estero, coordinato da Migrantes.- Dialogo con le associazioni degli italiani all’estero locali, provinciali e regionali.- Una intenzione nella preghiera dei fedeli domenicale che renda attenta l’assemblea liturgica alle persone emigrate e immigrate.- Rivedere e proporre in termini nuovi la tradizionale “festa dell’emigrante”. Fare in modo che non sia espropriata del suo obiettivo centrale e finalizzarla verso una festa delle comunità e delle diversità. Non è male riprendere la tradizione di invitare i missionari, parroci e operatori pastorali o membri del consiglio pastorale delle MCI e parrocchie europee dove vivono i nostri italiani.