» Chiesa Cattolica Italiana » Documenti »  Documentazione
Migranti e religiosità (S.Ridolfi)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 6/08


Una tematica come quella enunciata nel titolo, importante e vastissima, ha giustamente meritato numerosi e validi studi nel passato anche recente e molti altri certamente - anzi auspicabilmente - ne avrà in futuro.
Perché la religiosità “diversa” - e spesso vistosamente tale- in gruppi etnici che provengono da altrove si incrocia con quella tradizionale dei nativi, destando in  ogni caso curiosità, qualche volta meraviglia, quand´anche rifiuto. Essa obbliga comunque le nostre comunità ecclesiali a mettersi in discussione e a verificarsi e al tempo stesso conferma l’universale nativa esigenza umana di una esperienza del “divino”.
Non ci vuole molto a constatare la lunga serie di Madonne e di Santi “esportati” dai nostri emigrati un po’ ovunque, ma particolarmente oltreoceano, con le relative devozioni fatte di processioni, rappresentazioni sacre o riti, spesso con le variopinte divise delle Confraternite dei paeselli di origine.
La pratica religiosa, e con questa la fedeltà alla Chiesa, bene spesso si è mantenuta anche grazie alle tante devozioni paesane.
A Toronto la “Commissione Pastorale Italiana” su incarico dell’allora Vescovo ausiliare Mons. Fulton ha ritenuto necessario nel 1981 di dedicarvi uno studio apposito. Studio che ha riconosciuto la sostanziale positività di questa religiosità popolare, pur richiedendone la necessaria purificazione da alcuni eccessi e il bisogno di un accompagnamento con una catechesi appropriata per un vero itinerario di fede.
A Stoccarda, in Germania, la comunità italiana ha avviato molti anni fa, inizialmente con  scetticismo dei più, una processione vivente del “Venerdì Santo”, divenuta poi fenomeno cittadino.
Tanto per dare un paio di esemplificazioni a mostrare come esperienza religiosa e vita di fede non vadano disgiunte, ma debbano a vicenda motivarsi e sostenersi.
Alcuni gruppi etnici inoltre hanno riconosciute e vistosamente espressive forme di religiosità collettiva come il raduno zigano annuale a Saintes Maries de la Mer, in Provenza, per S. Sara.
Ora in Italia con gli immigrati viviamo il fenomeno “importato” da vari gruppi etnici e da comunità cristiane dell’oriente europeo, dell’Asia e dell’Africa. Cercare di capirlo e di inserirlo rispettosamente e vitalmente nel tessuto delle comunità locali porta a vivacizzare le nostre stesse esperienze religiose. In ogni caso scopriamo nel vissuto le molte vie di esprimere la propria fede e comprendiamo meglio l’auspicio del salmista: “Lodate il Signore, popoli tutti” (Ps 117).
La pluriconfessionalità, infine, divenuta sempre più di casa anche da noi, ci impone di verificare e rimotivare la nostra fede. E ci richiede anche discernimento per la essenzialità nelle verità nonché apertura per l’opportuno dialogo verso la necessaria unità di fede e la realizzazione universale del Regno di Dio.