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L' "a Diogneto" come riflessione esemplare sulla presenza dei cristiani nel mondo (L. Pizzolato)


Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/07


La fortunosa sorte dell’opuscolo cristiano antico “a Diogneto”, impropriamente noto come epistola1, reca in se stessa le tracce della paradossale presenza del Cristianesimo in mezzo al mondo che esso trasmette in maniera singolare. Niente di sacrale nelle modalità in cui l’operetta fu scoperta e in cui fu poi recepita, anzi una banalità così casuale da rasentare l’incredibile. Strappato nel 1436 da una pescheria di Costantinopoli dove era destinato a servire da carta di imballaggio per il pesce, il suo unico esemplare manoscritto ebbe fortunatamente trascrizione prima di finire irreparabilmente distrutto a Strasburgo nel 1870 in un bombardamento dell’artiglieria prussiana durante la guerra franco–prussiana. L’opuscolo che più e più originalmente di ogni altro riflette sul modo di presenza del cristiano nel mondo ha pagato così alle sorti del mondo uno scotto assai alto.

L’“a Diogneto”, che sarà definito “la perla dell’antichità cristiana” (Sailer) e “fra quanto di più brillante hanno scritto i cristiani in greco” (Norden), fin dalla sua nascita (fine II – inizi III secolo) era rimasto ignoto alle fonti cristiane antiche, forse per via del suo messaggio difficilmente integrabile nel quadro delle consolidate posizioni spirituali. Al modo in cui fu altrettanto difficile da inquadrare nella nostra mentalità la storia degli Istituti secolari che nell’“a Diogneto” trovano, per così dire, una magna charta, non giuridica ma spirituale. Una carta scritta ancora in epoca di persecuzioni, e però non tragica, ma frutto di una serena, anche se a volte pessimistica, concezione della storia. Una carta dialogante, per la quale le ragioni del dialogo non rispondono ad una tattica di sopravvivenza o di vittoria, ma si fondano nella convinzione di una costitutiva presenza dei Cristiani nel mondo.

 

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