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L'ordinamento giuridico-pastorale dell'Istruzione (L. Sabbarese)
Primi rilievi canonici

Fondazione Migrantes - Servizio Migranti 2/05


L’ORDINAMENTO GIURIDICO-PASTORALE DELL’ISTRUZIONE
PRIMI RILIEVI CANONICI
di Luigi Sabbarese
Introduzione1. Osservazioni preliminariL’Istruzione Erga migrantes ha inteso emanare norme sulla cura pastorale dei migranti, come realtà distinta da altre categorie della mobilità umana, cui, peraltro, si è già provveduto con altri interventi specifici.1L’Ordinamento giuridico-pastorale, che si presenta come una sorta di sintesi normativa dell’Istruzione, va valutato positivamente anzitutto per l’interesse che ha suscitato e che susciterà da parte di studiosi e di operatori pastorali; poi, perché ha risvegliato la necessità di un intervento legislativo della Chiesa in ordine alla regolamentazione del fenomeno della mobilità umana nella sua totalità, evitando in tal modo che alcuni settori ricevano leggi specifiche, mentre altri ne rimangono privi, ed evitando, altresì, che vi si provveda con interventi di diverso valore tra loro.Tra gli aspetti nuovi e positivi vi è da considerare la grande attenzione che l’Ordinamento e l’intera Istruzione pongono ai fedeli cattolici orientali, agli acattolici e ai non battezzati, specie ai musulmani.Questo fatto impone non solo il richiamo al rispetto delle competenze proprie dei dicasteri che si occupano ratione materiae seu personarum di tali ambiti, ma anche il richiamo ad interventi il più possibile congiunti sia sotto il profilo operativo sia sotto il profilo normativo-formale.Diversamente dall’Istruzione Nemo est, comunemente nota come De pastorali migratorum cura, questo nuovo documento si occupa della parte normativa in una sezione autonoma, che porta il titolo Ordinamento giuridico-pastorale; esso si compone di 22 articoli, che, dopo la premessa (art. 1), espone, nel cap. I i ruoli e le responsabilità dei fedeli laici (artt. 2-3), nel cap. II l’ufficio dei cappellani/missionari (artt. 4-11), nel cap. III il contributo dei religiosi e delle religiose (artt. 12-15), nel cap. IV le competenze delle autorità ecclesiastiche diocesane o eparchiali (artt. 16-18), nel cap. V le competenze delle Conferenze Episcopali e delle rispettive strutture gerarchiche orientali (artt. 19-21), e nel cap. VI la natura e la missione del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e degli Itineranti (art. 22).Una riflessione a parte meriterebbe la scelta di collocare in forma distinta l’Ordinamento e il senso da attribuire ad esso, e cioè se si tratti degli ordinamenti di cui al can. 94 o dei regolamenti di cui al can. 95 del CIC, come pure se Erga migrantes sia una vera Istruzione nel senso del can. 34 del CIC.2Precipue novitàL’Ordinamento, come l’intera Istruzione, si rivolge non solo ai fedeli latini, ma anche ai fedeli delle Chiese cattoliche orientali; per questo, in più parti si menzionano i necessari raccordi con la Congregazione per le Chiese orientali. Questo riferimento anche ai fedeli orientali potrebbe porre interrogativi sulla competenza in materia trattata ora dal Pontificio Consiglio ma che, di per sé, spetta alla Congregazione per le Chiese orientali.L’attenzione, poi, si estende anche ai fedeli acattolici e ai non cristiani, per cui è necessario procedere d’intesa con i rispettivi Pontifici Consigli dell’unità dei cristiani e per il dialogo interreligioso.Occupa il primo posto la trattazione sui fedeli laici (cap. I), mentre nella precedente Istruzione la partecipazione dei laici era collocata all’ultimo capitolo.Si amplia, così pare, il senso preciso di alcune strutture, quando, ad esempio, alle Conferenze Episcopali vengono accostate le rispettive Strutture gerarchiche delle Chiese orientali cattoliche (cap. V).Si introduce una competenza nuova nell’ambito di quelle tradizionali del Pontificio Consiglio: l’esercizio di potestà esecutiva con la facoltà di emanare Istruzioni a norma del can. 34 (art. 22). Anche qui si pone la questione circa i soggetti che nella Curia romana hanno potestà di governo. La dottrina3 ha sempre sostenuto che, all’interno della Curia romana, godono di potestà esecutiva le Congregazioni, mentre i Pontifici Consigli sono organismi di studio e promozione, a meno che non risulti diversamente, come, ad esempio, nel caso del Pontifico Consiglio per i laici e di quello per l’unità dei cristiani. Con la norma dell’art. 22 § 2,2 il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti si è (sorprendentemente) attribuita una nuova competenza!Contenuti specifici e approfondimenti canonistici1. Il diritto dei migranti a ricevere i beni spirituali e il corrispondente dovere dei PastoriNella premessa (art. 1) pare sia questa l’affermazione principale: i migranti, alla pari degli altri fedeli, e in considerazione della loro peculiare situazione di mobilità, non devono essere privati dei beni provenienti specialmente dalla Parola di Dio e dai Sacramenti. Per fare ciò, i parroci e i Vescovi devono avere per i migranti la medesima cura pastorale che hanno per i propri fedeli e si deve attivare una responsabile cooperazione tra Chiese di partenza e Chiese di arrivo.Ma l’art. 1 avrebbe bisogno di qualche precisazione. Ad esempio, quando nel § 2 dice che i migranti sono canonicamente “ascritti” alla parrocchia o alla diocesi/ eparchia; in realtà l’ascrizione, che avviene con il battesimo o con il passaggio ad una Chiesa sui iuris diversa da quella di origine4, si fa ad una Chiesa latina o orientale sui iuris. Si nota nel testo la prevalenza del linguaggio del CCEO che parla di ascrizione nel can. 916 § 1, dove però l’ascrizione è chiaramente riferita alla Chiesa sui iuris. Tuttavia è importante sottolineare che con il domicilio o il quasi-domicilio si ottiene un proprio parroco e un proprio Vescovo. Pertanto il vincolo dei fedeli al territorio è un fatto giuridicamente rilevante per gli effetti che ne conseguono. La persona fisica, tramite il domicilio o il quasi-domicilio, diventa suddito, acquista, cioè, un rapporto di sudditanza nei confronti del Vescovo e del parroco del luogo. In questo senso, anche il girovago (cf can. 100 del CIC e can. 911 del CCEO) acquista il vincolo di sudditanza territoriale, tramite la disposizione del can. 107 § 2 del CIC e del can. 916 § 3 del CCEO, anche senza avere per definizione un proprio domicilio o quasi-domicilio. Data l’importanza pastorale dell’ufficio parrocchiale nella vita dei fedeli (cf can. 519 del CIC e can. 281 § 1 del CCEO), il can. 107 § 3 del CIC e il can. 916 § 2 del CCEO stabiliscono il vincolo di sudditanza anche per coloro che hanno già e soltanto quello legato alla persona del Vescovo, avendo il domicilio o il quasi-domicilio diocesano o eparchiale. Nell’ambito della diocesi o dell’eparchia questi fedeli vengono equiparati ai girovaghi e di conseguenza hanno come parroco proprio il parroco del luogo in cui si trovano attualmente. Anche per i forestieri esiste un reale vincolo di sudditanza verso il parroco e soprattutto verso il Vescovo del luogo in cui si trovano: basti pensare al vincolo stabilito dalle leggi vigenti nel territorio, secondo la norma del can. 13 § 2 del CIC e del corrispondente can. 1491 § 3 del CCEO. Tale sudditanza viene determinata soprattutto riguardo alla ricezione dei sacramenti, alle sanzioni canoniche e al foro giudiziale competente.2. La partecipazione dei fedeli laici nella pastorale dei migrantiCome già accennato, l’Istruzione enfatizza (forse) eccessivamente la posizione dei laici nella cura pastorale dei migranti. La struttura sistematica dell’Ordinamento, che colloca i fedeli laici al cap. I (artt. 2-3), lo lascia intendere. Sotto il profilo ecclesiologico, sarebbe stato opportuno una diversa scelta; ad esempio, sulla scia del Vat. II, che tanto ha insistito nella presentazione della Chiesa come popolo di Dio, si poteva dire che tutto il popolo di Dio partecipa alla sollecitudine pastorale per i migranti. Sotto il profilo sistematico, si può ricordare che nella parte III l’Istruzione, quando parla degli operatori, colloca i laici alla fine, cioè dopo aver trattato delle Chiese di partenza e di arrivo, del coordinatore nazionale, dei cappellani sia chierici sia religiosi. Tra le novità di rilievo di questo capitolo, a parte la discutibile sua collocazione e qualche contenuto non del tutto coerente, perché si passa dalla trattazione dei laici quali agenti di evangelizzazione (art. 2 §§ 1-2; art. 3 § 4) alla considerazione dei migranti in quanto fedeli laici (art. 3 §§ 1-2), vi è da sottolineare la partecipazione dei migranti agli organismi di cooperazione parrocchiali e diocesani o eparchiali e alle associazioni.Quanto agli organismi di partecipazione, di per sé l’art. 3 § 2 considera tale possibilità dove sono più numerosi i migranti e ne restringe l’applicabilità ai soli Consigli pastorali. Non è da escludere la partecipazione dei fedeli migranti anche al Consiglio per gli affari economici, al sinodo diocesano o all’assemblea eparchiale.Quanto alla partecipazione ad associazioni, l’Ordinamento distingue tra associazioni proprie dei migranti e associazioni locali. Dovrebbe trattarsi in entrambi i casi di associazioni ecclesiali, cioè quelle regolamentate dai cann. 298-329 del CIC e dai cann. 573-583 del CCEO. Si tratta, in definitiva, di una applicazione del più generale diritto di associazione (can. 215 del CIC e can. 18 del CCEO) al caso di fedeli appartenenti alla specifica categoria di migranti. In concreto possono esistere associazioni composte da migranti, quelle che l’Ordinamento chiama “associazioni proprie”, oppure associazioni cui i migranti aderiscono, quelle che l’Ordinamento chiama “associazioni locali”. Altre precisazioni non sono fornite, né in questa sezione normativa, né nella parte III quando si tratta dei laici, delle associazioni laicali e dei movimenti ecclesiali (nn. 86-88).3. I cappellani/missionari per i migrantiIl cap. II dell’Ordinamento (artt. 4-11) costituisce il nucleo centrale delle disposizioni normative, atteso che la pastorale dei migranti è portata avanti, per buona parte, attraverso il ministero pastorale dei missionari. Ancora una volta il testo non è esente da qualche problema di competenza. Infatti, non risulta di immediata comprensione come sarà possibile che i cappellani per i migranti di una Chiesa orientale sui iuris siano muniti delle facoltà di cui al can. 566 § 1 del CIC, come prescrive l’art. 4 § 1, se il CCEO non ha un canone corrispondente, anzi non conosce affatto la categoria dei cappellani. E certo che il Patriarca o il Vescovo eparchiale possono concedere le medesime facoltà, ma non in forza del citato canone. Ci si può ancora chiedere come i presbiteri di una Chiesa orientale sui iuris possano mettersi a disposizione di servizio della Conferenza Episcopale ad quam, come richiesto dall’art. 5 § 2. Non sembra possa darsi una risposta affermativa, specie dove esistono strutture gerarchiche orientali.L’art. 6 § 1 riprende, tra l’altro, quanto già disponeva la precedente Istruzione Nemo est, e cioè che i migranti possono appartenere sia alla parrocchia territoriale sia a quella personale. Ma al § 2 del medesimo articolo si introduce una specificazione non necessaria e non del tutto pertinente; risulta, infatti, che il parroco personale gode delle facoltà e degli obblighi dei parroci - e ciò è del tutto inutile dal momento che il Codice latino e orientale trattano allo stesso modo sia il parroco territoriale sia quello personale - e, soprattutto, che al parroco personale è applicabile quanto in essa disposto circa i cappellani dei migranti. Ma se il parroco è il pastore proprio della parrocchia (can. 519 del CIC e can. 281 § 1 del CCEO), e gode ex officio di tutte le facoltà richieste per una ordinaria cura pastorale, perché invocare qui le facoltà dei cappellani che sono comunque figure meno stabili di quella parrocchiale?Il Coordinatore dei missionari sostituisce - nominalmente - il Delegato nazionale, di cui parlava l’Istruzione Nemo est. Il § 4 dell’art. 11 risolve definitivamente la questione dell’esercizio di potestà di giurisdizione, già non ammessa dalla precedente Istruzione Nemo est. E stato, altresì, ribadito che egli viene scelto tra i missionari della stessa lingua. Per quanto riguarda la situazione italiana, va considerato che la CEI attraverso la Fondazione Migrantes ha istituito, ancor prima della pubblicazione di Erga migrantes, la figura dei Coordinatori nazionali dei cappellani etnici, ma pare si tratti di figure assolutamente diverse5. Forse sarà il caso di predisporre un intervento specifico che lo affermi espressamente.Il cap. III (artt. 12-15) riprende la normativa circa l’impegno dei religiosi e delle religiose nella pastorale tra i migranti. All’art. 14 introduce anche l’apostolato tra gli itineranti. Il ruolo degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica non sempre risulta sufficientemente rispettato, ad esempio in ordine ad una legittima autonomia dei sacerdoti religiosi che nel ministero in favore dei migranti operano in conformità al patrimonio del proprio Istituto, approvato dalla Chiesa; non risulta, poi, chiaro se il presbitero appartenente ad un Istituto debba ricevere la dichiarazione di idoneità da parte della Conferenza Episcopale a qua, come pure se possa essere nominato - ma di fatto ciò avviene - Coordinatore nazionale dei cappellani, dato che il suo compito è quello di essere espressione della Chiesa ad quam.4. Le autorità ecclesiasticheE il titolo del cap. V (artt. 16-18), che tratta delle competenze del Vescovo diocesano o eparchiale, ripetendo in pratica quanto già previsto dalla normativa codiciale circa la nomina di vicari episcopali e dei sincelli - questi ultimi però nell’art. 16 § 1 non vengono espressamente menzionati -, e circa l’erezione di parrocchie personali e di missiones cum cura animarum (art. 16 § 2). Nuova, rispetto alla precedente Istruzione, è la previsione del § 3 del medesimo art. 16, cioè l’assistenza spirituale dei migranti di un’altra Chiesa sui iuris. Nuovi anche i riferimenti espliciti alla cura spirituale degli acattolici (art. 17 §1), con la delicata questione sulla communicatio in sacris,6 e la speciale considerazione dei non battezzati (art. 17 § 2 ). Nuovo, infine, il riferimento alla preparazione specifica in tema di emigrazione nei seminari (art. 18 § 3); nuovo, ma riprende quanto il magistero ha più volte segnalato. Un primo intervento si trova nella Lettera “Chiesa e mobilità umana” del 1978; indirizzata alle Conferenze Episcopali, la Lettera insiste su una visione di insieme del fenomeno della mobilità e su uno studio interdisciplinare dello stesso. Vi si legge: «La complessità e la frequente evoluzione che si registra nei fenomeni del movimento rende necessaria, per orientamento della pastorale, l’opera di istituzioni complementari, destinate a seguire tali fenomeni e a darne oggettive valutazioni. Si tratta di centri pastorali per gruppi etnici, ma soprattutto di centri di studio interdisciplinari, che raggruppino, cioè, le materie necessarie all’elaborazione ed all’attuazione della pastorale. Sociologi, psicologi, antropologi, economisti, giuristi e canonisti, moralisti e teologi, incontrandosi e mettendo a confronto le loro conoscenze ed esperienze, insieme con i pastori d’anime, contribuiscono all’approfondimento dei fenomeni ed all’indicazione degli strumenti idonei».7Un secondo intervento si registra in una lettera del 1986, per opera della Congregazione per l’educazione cattolica; indirizzata agli Ordinari diocesani e ai Rettori dei seminari, citando esplicitamente la lettera del 1978, ripete la necessità della preparazione specifica e specializzata a partire dalla formazione nei seminari dei futuri sacerdoti. In particolare si legge: «Una preparazione specializzata di tipo accademico sarà necessaria soprattutto ai sacerdoti incaricati della promozione e del coordinamento della pastorale della mobilità sul piano nazionale o regionale. Tale formazione interesserà ovviamente non tanto i seminaristi in via di formazione quanto piuttosto sacerdoti già formati con qualche esperienza pastorale. Per tale tipo di formazione potranno diventare di grande attualità “centri di studio interdisciplinari” o “istituzioni complementari destinate a seguire tali fenomeni”, contemplate nella lettera Chiesa e mobilità umana […], o anche cattedre speciali da erigersi presso le facoltà teologiche e gli istituti pastorali».85. Le Conferenze episcopali e le strutture gerarchiche cattoliche orientaliI contenuti di questo cap. V (artt. 19-21) restano pressoché invariati rispetto alla precedente Istruzione. Si rileva solo che le Conferenze Episcopali - almeno nel titolo del cap. V - vengono avvicinate alle rispettive Strutture gerarchiche delle Chiese orientali cattoliche; ma bisogna osservare che queste ultime non trovano affatto riscontro nelle prime. Nuovo, invece, è l’art. 21 che auspica una futura data comune, già proposta al n. 72 della medesima Istruzione, secondo le circostanze locali, della celebrazione della Giornata del migrante e del rifugiato. Tale auspicio si è già realizzato, atteso che, con lettera del 27 ottobre 2004, il Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti comunicava ai Presidenti delle Conferenze Episcopali e delle Strutture gerarchiche delle Chiese orientali cattoliche che «tale Giornata mondiale sia celebrata la domenica dopo l’epifania; essa sarà, quindi, la prima domenica dopo l’Epifania quando questa è spostata alla domenica e la seconda domenica dopo l’Epifania quando questa resta il 6 gennaio».96. Il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli ItinerantiIl cap. VI (art. 22) tratta dei compiti del Pontificio Consiglio, con qualche novità di rilievo. Come è noto, compito specifico dei Pontifici Consigli è quello dello studio e della promozione di iniziative inerenti all’ambito della propria competenza. L’art. 22 § 2 5) prevede pure che ad esso spetta «studiare le situazioni per valutare se si danno, in determinati luoghi, le circostanze che suggeriscono l’erezione di strutture pastorali specifiche per i migranti (cfr. numero 24, nota 23)». A quali strutture si allude qui? Forse alle diocesi personali o alle prelature personali, o agli esarcati o ordinariati latini per i fedeli orientali? La nota 23 del n. 24, cui espressamente l’articolo in esame rimanda, cita, tra altre fonti, il can. 294 del CIC, cioè quello che regola le prelature personali, strutture peraltro inesistenti nel CCEO. Ritorna qui la domanda sui compiti del Pontificio Consiglio, che chiaramente si limiteranno alla valutazione delle circostanze, atteso che le competenze per l’erezione di strutture pastorali specifiche rimane integra presso i rispettivi dicasteri, cioè presso la Congregazione dei Vescovi per i territori di diritto comune, per l’evangelizzazione dei popoli per i territori di diritto missionario e per le Chiese orientali per i territori ad essa soggetti.Per quanto riguarda, infine, la già accennata questione dell’auto-attribuzione di competenza nell’emanare Istruzioni a tenore del can. 34 del CIC, la cosa non solo lascia perplessi, ma implica, a mio avviso, anche questioni di relazioni intercodiciali e interdicasteriali. Infatti, il can. 34 del CIC non trova un canone corrispondente nel CCEO, e quindi non si vede in quale modo una Istruzione potrà obbligare anche gli orientali. Peraltro, la questione si porrebbe anche per la presente Istruzione, atteso che la Congregazione per le Chiese orientali rimarrebbe privata di fatto di una competenza che invece Pastor Bonus le riserva, quando nell’art. 58 § 1 descrive le competenze sue proprie e nel § 2 prevede le eccezioni, senza però che tra queste sia menzionata una specifica competenza del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.

1 Si veda, ad esempio, Joannes Paulus PP. II, Litterae apostolicae motu proprio datae Stella maris, de apostolatu maritimo, 31 ianuarii 1997, in AAS, 89 (1997), pp. 209-216; Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Orientamenti La Chiesa ha espresso, per la pastorale del turismo, 29 giugno 2001, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 20012 Circa la qualifica del documento come Istruzione, si veda J. Miñambres, L’ordinamento giuridico-pastorale della missione della Chiesa nei confronti degli emigranti, in “Ius Ecclesiae” 16 (2004), p. 5563 Si veda per tutti T. Mauro, I consigli: finalità, organizzazione e natura, in P.A. Bonnet-C. Gullo (a cura di), La Curia Romana nella cost. ap. “Pastor Bonus”, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1990, p. 440. Di recente, però, qualche Autore non ha mancato di sostenere l’estensione di esercizio di potestà di governo a tutti i Dicasteri della Curia, quindi anche a tutti i Pontifici Consigli; così, ad esempio, P.V. Pinto (a cura di), Commento alla Pastor Bonus e alle norme sussidiarie della Curia Romana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003, pp. 193-1954 Per le questioni canonico-pastorali in proposito si rimanda a D. Salachas-L. Sabbarese, Chierici e ministero sacro nel Codice latino e orientale. Prospettive interecclesiali, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2004, pp. 233-2655 Fondazione Migrantes , I migranti nella parrocchia una priorità pastorale, in “Quaderno di Servizio Migranti” 46 (2004), pp. 48-526 Per questioni specifiche circa la communicatio in sacris dei sacramenti della penitenza, dell’eucaristia e dell’unzione degli infermi, come pure circa gli altri sacramenti, si veda D. Salachas-L. Sabbarese, Chierici e ministero sacro nel Codice latino e orientale. Prospettive interecclesiali, pp. 267-335.7 Pontificia Commissione per la Pastorale delle Migrazioni e del Turismo, Lettera circolare Nella sua sollecitudine, alle Conferenze Episcopali sul tema “Chiesa e mobilità umana”, 26 maggio 1978, n. 40, in EV, VI/728 Congregazione per l’educazione cattolica, Lettera circolare Il fenomeno della mobilità, agli Ordinari diocesani e ai rettori dei loro seminari sulla pastorale della mobilità umana nella formazione dei futuri sacerdoti, 25 gennaio 1986, in EV, VIII/99 Prot. N. 919/2004/M.