(26 gennaio 2016) - Da un mese e mezzo sono trattenuti sullisola di Lampedusa, a causa del loro rifiuto di rilasciare le impronte digitali agli agenti di polizia. Per i migranti arrivati sullisola tra la fine dello scorso mese di novembre e i primi di dicembre i confini dellisola sono le mura di un carcere a cielo aperto. Guantanamo la chiama un eritreo che non riesce a trovare una spiegazione a quello che sta accadendo. Per tutti lItalia dovrebbe essere terra di passaggio, luogo di transito verso altre e più desiderabili mete europee. Cè chi ha amici insediatisi in Svezia, chi vorrebbe ricongiungersi con i parenti integratisi in Gran Bretagna. Pur facendo parte degli stranieri desiderati, non credono alla storia della relocation, il famigerato meccanismo di ricollocamento nei paesi Ue che hanno dato la propria disponibilità ad accogliere quote di richiedenti asilo di tre nazionalità (iracheni, siriani ed eritrei), bypassando i vincoli del Regolamento di Dublino.
Centonovanta: il dato dei profughi effettivamente ricollocati dallItalia verso altri paesi Ue mostra più di ogni discorso il fallimento del sistema voluto dalle istituzioni europee per alleggerire il peso dei flussi migratori sui paesi di frontiera, Italia e Grecia, in cambio di un maggiore rigore nelle procedure di identificazione. Gli eritrei di Lampedusa non conoscono i dati, ma hanno ascoltato le storie di chi li ha preceduti nel nostro Paese. Racconti di connazionali arrivati sul finire dellestate e abbandonati al loro destino appena superato lo scoglio lampedusano.
Non hanno solcato mari e deserti infuocati, affrontato i pericoli del viaggio e superato gli orrori dellIsis per essere abbandonati in mezzo a una strada. Ecco perché hanno protestato lo scorso dicembre, sfilando per le vie dellisola al grido no fingerprints! Una protesta che si è ripetuta poco dopo Capodanno, quando un gruppo di loro ha dormito al freddo, sotto la pioggia, nella piazza antistante alla Chiesa di San Gerlando, mentre donne e bambini trovavano riparo allinterno del tempio. La risposta governativa è stato il trasferimento nel Cie di Trapani di 7 stranieri, ritenuti, forse, i leader della protesta. Non hanno fatto in tempo a partecipare allapertura delle due porte giubilari dellisola, quella del Santuario della Madonna di Porto Salvo e la Porta dEuropa, che si sono svolte sabato 16 e domenica 17 gennaio. Per loro si sono aperte soltanto le porte di una cella, dove ad alcuni sono state prelevate le impronte, probabilmente con metodi più convincenti.
(Luca Insalaco - Lampedusa)