(1 dicembre 2015) - Una mostra fotografica, un congresso e uno spettacolo teatrale per parlare della comunità romena impegnata nelle serre del ragusano. Questo è quanto messo in campo dalla Cooperativa Proxima, che organizza a Ragusa levento ROMANIA ANDATA E RITORNO: vita e lavoro nello sfruttamento dal 2 al 5 dicembre 2015 presso Palazzo Cosentini a Ragusa Ibla. Levento prevede un Congresso della durata di 4 giorni che si svilupperà attraverso momenti formativi, informativi e culturali incentrati sulla realtà della comunità migrante romena che vive e lavora nelle zone della Fascia Trasformata, dove si producono ortaggi in serra che raggiungono i mercati di tutta Italia. Saranno presenti rappresentanti del Dipartimento per le Pari Opportunità, diplomatici romeni, esperti accademici, giornalisti, autorità giudiziarie, esponenti sindacali, funzionari del privato sociale e dei Comuni interessati dal fenomeno. Levento inaugura unesposizione della durata di 20 giorni, attraverso la quale il visitatore verrà trasportato da una narrazione multimediale tra le storie di quelle famiglie romene che spinte da sogni tangibili decidono di lasciare il loro Paese per lavorare nelle serre delle campagne ragusane. In aggiunta a questi momenti, il 4 dicembre è prevista la rappresentazione teatrale di Sera Biserica una pièce teatrale che racconta e denuncia, attraverso la storia di Zio (proprietario di una azienda agricola) e delle sue due braccianti Alina e Nicoleta, le situazioni di sfruttamento lavorativo, psicologico e sessuale a cui devono sottostare le donne rumene. Quella della comunità rumena in provincia di Ragusa è una realtà che contraddistingue il territorio a partire dal 2007, con lingresso della Romania nellUnione Europea. Oggi la comunità romena che vive in provincia di Ragusa supera le 7.000 presenze residenti e si stima possa arrivare anche a oltre 10.000 persone contando anche i non residenti. Il 90% proviene dalle regioni di Botoşani, Iaşi e Bacău, le quali vivono di uneconomia agricola di sussistenza. Al contrario del lavoro familiare salariato, il lavoro nelle serre permette loro di migrare con lintero nucleo familiare, anche se moltissime sono le donne che viaggiano da sole. Per risparmiare sul magro salario, che si aggira tra i 15 e i 25 euro giornalieri, accettano di vivere in abitazioni fatiscenti messe a disposizione dai datori di lavoro; case che spesso non rispettano i criteri minimi di abitabilità, quali acqua corrente, luce e servizi sanitari. Inoltre, trovandosi allinterno delle aziende, sono lontani dalle città e isolati tra di loro. Il lavoro nelle serre è pesante, le temperature al loro interno sono molto alte, si è a contatto con prodotti chimici, pesticidi e fitofarmaci, sprovvisti di qualsiasi tipo di protezione. Sono pochi i casi in cui i lavoratori vengono contrattualizzati ma, se perlomeno in passato veniva saldato lintero importo del salario, dagli ultimi quattro anni, in nome della crisi, i datori di lavoro si limitano solo a corrispondere degli acconti settimanali, senza poi adempiere al pagamento completo. È chiaro lo sfruttamento lavorativo a cui si aggiungono anche forme di sfruttamento sessuale consumate su vari livelli, da fenomeni di molestie passando per le convivenze forzate fino ad arrivare a veri e proprio stupri. Nonostante tale fenomeno sia riconosciuto, spesso non vengono prese in considerazione le principali cause che favoriscono questi disagi: la vulnerabilità a cui è soggetta la comunità romena e il sistema che regge leconomia agricola.
(Vincenzo La Monica - Migrantes Ragusa)