(11 novembre 2015) - Unesperienza toccante quella che sto per raccontare, vissuta il 2 novembre scorso, in occasione della celebrazione della giornata dedicata ai defunti, presso il cimitero di Lampedusa, nellambito del progetto realizzato dalla Migrantes.
Alle nove del mattino mi incammino per raggiungere il Coro Multietnico di Messina e il resto del gruppo di animazione, per le prove. Avvicinandomi al cimitero, riesco a lasciarmi alle spalle la quotidianità isolana e ad immergermi nella dimensione della preghiera e dellaccoglienza. Nel giorno in cui ognuno ricorda in modo particolare i propri defunti, dopo aver pregato per il mio fratellino non nato, per un nipote che non ha visto la luce, per alcuni zii morti ancora bambini, mi vengono in mente altri bimbi … quelli non nati, quelli che non hanno mai visto il mondo con i loro occhi, quelli che laria frizzante del mattino non lhanno respirata.
Appena arrivato, vedo i ragazzi del Coro Migrantes insieme al loro maestro Dieudonné, che hanno già cominciato a riscaldare voce e cuore. Con loro, Suor Paola e Suor Maria, insieme alle sorelle lampedusane che si fondono nellunica corale. Riproviamo i canti, mentre il gruppo si completa con larrivo di Fabrizio, che suona la chitarra, di don Andrea, diacono, da pochi giorni nellisola, di suo fratello Giuseppe, di Don Mimmo e di mons. Perego, direttore nazionale della Fondazione Migrantes. Il tutto, sotto la guida dolce e paterna del diacono Santino di Messina.
La polifonia, la lingua africana e quella francese, oltre agli strumenti a percussione diventano carezze ai fratelli del Cielo, a quelli di Lampedusa e a quelli di ogni parte del mondo, ai bambini nati, ma naufragati nel mare del profondo dolore (parole scritte dal piccolo G., di 8 anni). I volti dei presenti sono abbagliati dal sole, ma illuminati da una luce che restituisce alluomo la somiglianza divina della creazione.
Dopo la celebrazione eucaristica, inizia la processione, durante la quale vengono intonati dei canti dolci e struggenti, sostando davanti al sepolcro di Padre Policardi (parroco per quasi mezzo secolo nellisola), continuando tra i tanti lampedusani e lampedusane saliti al Padre, giungendo tra le tombe dei migranti sparse qua e là, fino alle due aree di terreno dove sono concentrate le croci murarie. Sembra che il tempo si sia fermato e che il velo tra le due vite sia sottilissimo … Vita, sì! È la Vita che stiamo celebrando, mentre in diversi asciugano lacrime che non sono lamento, ma compassione e anche profonda emozione per quello che si sta vivendo: la presenza del Signore della Vita in mezzo a noi, che ha accompagnato questa esperienza sin dallinizio.
Tutto quello che abbiamo vissuto labbiamo percepito come un dono del Cielo: lincontro a casa di Germano con gli insegnanti di religione, per illustrarci questi giorni che avremmo vissuto con i fratelli venuti da Messina; limpegno di suor Paola, suor Maria e don Andrea, che hanno presentato alle classi liniziativa dei biglietti che i piccoli hanno scritto e portato nelle tombe dei migranti e dei propri parenti; la danza e la preghiera di Dieudonné; la regia defilata e impeccabile di Germano; lo sguardo attento e delicato di Santino e quello mite e umile di Pablo Ortega.
Il Signore passa nelle nostre vite e quando passa tutto si trasforma, avevano cantato le suore e don Andrea tra i bambini: possa Dio camminare con le nostre gambe affinché le onde impetuose si plachino nel mare delle nostre esistenze e si possa trovare accoglienza in un mondo nuovo, dove, dice don Mimmo, cè spazio per tutti.
Il resto sarà solo Paradiso.
(Alessandro Cordaro - Lampedusa)