Articolo di Maria Veronica Policardi - referente Ai.Bi. a Lampedusa
(17 luglio 2015) - Quasi ininterrottamente in questi giorni di vento favorevole nuove ondate di migranti hanno caratterizzato il punto ancora più caldo del Mediterraneo. Nellappena concluso fine settimana e tra questo lunedì e martedì, tantissimi hanno raggiunto le nostre coste grazie a diverse operazioni di soccorso. I numeri non sono più nellordine dei cento ma si aggirano in un solo giorno, come spesso ormai avviene negli ultimi anni, a quello dei mille. Accolti da quel braccio di terra, che finalmente strappa dal mare i navigatori improvvisati che lo attraversano, solo in centinaia arrivano sul molo Favarolo di Lampedusa. Durante le serene giornate estive anche questi viaggiatori sembrano apprezzare la bellezza di unisola per tanti aspetti molto africana. La maggior parte di loro però non sa nemmeno dove trovarsi e non sceglie neanche di trovarsi lì… lobiettivo comune è più avanti, la Sicilia, la sperata meta finale è ancora più distante, il nord Europa. Il mare che separa la Libia dalla prima costa amica è grande, già in partenza si accorgono che in quelle condizioni non potranno arrivare lontano e contano miglio per miglio di quella distesa dacqua che li separa da un pizzico di libertà. E nelloscurità della notte, nascondendo anche la paura, sconosciuti fra loro ma stretti uno a fianco allaltro, la traversata è ancora più lunga. Il più delle volte segnalano questa difficoltà così da farsi trovare in tempo... prima che tutto sia finito. Stando per ore e ore sempre nella stessa posizione, su un gommone o quando va bene su una barca, nessuno sente più le gambe, chi sorregge i bambini nemmeno le braccia e raggiunti dalle motovedette sanno che possono fidarsi e proprio questi ultimi li lasciano prendere per primi. Una volta recuperati, arrivare sulla terraferma può essere difficoltoso e così in attesa della nuova destinazione di accoglienza, alcuni fanno una brevissima sosta qui a Lampedusa. Il molo Favarolo li abbraccia quasi come una mamma o un papà fa col proprio figlio e di bambini ultimamente ne arrivano davvero tanti. Appena scesi, toccato finalmente terra, i genitori, quando fortunatamente ci sono, li seguono con lo sguardo, anche quello stanco, e forse solo in quel momento riflettono se hanno fatto davvero la scelta giusta, se anche in questo modo, invece, hanno messo a rischio la loro vita. Passati di braccia in braccia dai tanti uomini e da un po di tempo anche da alcune donne di mare, altre braccia, solo in quel momento meno stanche delle precedenti, li accolgono con altrettanto affetto ed emozione. Ragazzini, bambine e neonati, tutti sono affidati a quanti a terra paradossalmente elemosinano dai più poveri qualche sorriso e che solo vedendo luccicare quei dentini si rasserenano. Bagnati e frastornati dallo strano gioco della vita gli appena nati si addormentano, i più piccoli non chiedono nulla, ma osservano, i più grandi già da un po hanno capito che non è un gioco e osservano ugualmente. Nessuno di loro piange, ma chissà quante lacrime hanno versato lungo il Mediterraneo. Appena sbarcati molti stanno in silenzio, ma nei loro occhi come in quelli degli adulti traspare proprio tutto il mare che avrebbero da raccontare, nel loro sguardo cè unimmensa tristezza per quanto subito nella loro terra che nessun film può mostrare e nessun libro può rivelare… la realtà è lontanissima dalla finzione ma qualcuno prova in ogni modo a farla conoscere. Non si può restare indifferenti agli occhi tristi di un bambino che ha appena attraversato il mare. Non si rimane mai indifferenti agli occhi tristi di qualunque bambino, ma questi, noi troppo spesso impotenti, li guardiamo andare via. Il vento sarà nuovamente favorevole, sappiamo bene che tantissimi altri ne partiranno e ogni volta che arrivano o sprofondano, ci si chiede sempre perché per migrare in migliaia debbano affidarsi ancora a uno sgonfio gommone o a un instabile barca.
(Maria Veronica Policardi - referente Ai.Bi. a Lampedusa)