(18 novembre 2014) - «Il Comune ha già disposto il trasferimento dei ragazzi in altre strutture. Trattandosi però di Centri di prima accoglienza, non potranno proseguire il percorso di inserimento sociale e scolastico che hanno avviato nella nostra Casa». Non una casa qualsiasi, ma Casa Mosè, la comunità di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, gestita dallorganizzazione non governativa Ai.Bi. (Associazione Amici dei Bambini), tra le più importanti nel settore dellaccoglienza e dellaffido di ragazzi privi di famiglia. A parlare, con amara delusione, Dinah Caminiti, responsabile, insieme alla sorella Maria Teresa, della struttura di Messina, dove dal dicembre 2013 ad oggi sono stati accolti circa 100 minori giunti in città a seguito di trasferimenti da altri Centri o di sbarchi in porto. I 18 attualmente presenti a Casa Mosé, originari di Mali e Gambia, giunti in città il 21 luglio, per cui lAmministrazione comunale ha deciso lo spostamento, rappresentano purtroppo lanello debole di una catena, alias sistema di accoglienza, mal funzionante, che in questi mesi ha visto protagonisti il Comune e la Prefettura, lUfficio territoriale del governo. Al centro, come sempre, questioni di carattere economico. «LEnte - spiega la Caminiti - non ha mai coperto le spese sostenute in undici mesi di attività (pari a circa 210 mila euro), non essendo mai arrivato dallo Sato il contributo di 130 mila euro, per il semestre gennaio-giugno, riferito ai fondi Msna».
Ad accendersi su questo ping pong di carte bollate anche i riflettori dellemittente televisiva Al Jazeera. «Fino ad oggi - continua la responsabile - abbiamo portato avanti le nostre attività, garantendo ai ragazzi il massimo possibile, contando solo sulle nostre forze. A questo punto, però, non possiamo più farcela ad andare avanti e la decisione di chiudere Casa Mosé, anche se con dolore, è lunica che potevamo prendere». Con conseguenze che non potranno che ricadere sui minori (di età compresa tra i 15 e i 17 anni), nel frattempo iscritti dallAi.Bi. in uno degli Istituti superiori della città. «Otto di loro - aggiunge la Caminiti - frequentano una scuola di calcio ed anche questo è sintomo di quellintegrazione che, giorno dopo giorno, è stata costruita sul territorio». Un territorio che gli stessi ragazzi non intendono abbandonare, come dimostra il sit-in che hanno previsto di organizzare per martedì, giorno del trasferimento.
Casa Mosè ha già rischiato una prima chiusura, nel luglio scorso. Quella volta andò bene e si riuscì a risolvere la situazione con un trasferimento presso unaltra struttura, concessa in comodato duso dalle suore Figlie di Maria Immacolata. Adesso, però, non si vede davvero possibilità di salvezza: laccoglienza, paradossalmente, è stata abbandonata.
Resta la rete di famiglie, più di 1.400 provenienti da tutta Italia, che nellambito del progetto Bambini in Alto Mare hanno offerto la propria disponibilità ad accogliere in affido temporaneo questi ragazzi. Il percorso però non è breve. Il prematuro distacco dalla famiglia ha reso forti questi piccoli migranti, divenuti troppo presto adulti, ma pur sempre bambini.
(Elena De Pasquale - Migrantes Messina)