(28 ottobre 2014) - Ne avevamo già parlato nellarticolo dello scorso 2 settembre, allapertura della stagione agricola, ma recenti inchieste su testate nazionali hanno portato alla ribalta il mal lavoro che si svolge nelle serre del ragusano, ponendo particolare enfasi sullo sfruttamento sessuale di cui sarebbero vittime le lavoratrici rumene. Il polverone sollevato dalla ribalta nazionale ha portato a diverse prese di posizione. Da un lato gli enti che lavorano da anni nel settore e che denunciano, a volte nella più completa solitudine, lo sfruttamento a danno delle lavoratrici; dallaltro lato produttori e amministratori che chiedono a gran voce di non generalizzare per non danneggiare un settore già in crisi.
Stabilire da quale parte stia la verità è difficile. Certamente esistono e sono documentati i casi di donne rumene, talvolta in avanzato stato di gravidanza, abbandonate e accolte da strutture anti tratta, da parrocchie e da servizi di accoglienza diocesani. Il tipo di reato, tuttavia, e la mancanza di dati ufficiali rendono complesso stabilire i contorni e la portata del fenomeno. Recenti indagini effettuate dai carabinieri non hanno portato alla luce elementi di preoccupazione, ma bisogna anche aggiungere che le ispezioni delle forze dellordine si sono svolte nelle aziende più grosse e meglio strutturate, in cui è improbabile che si verifichino episodi del genere. Il rischio più grosso di tutta la vicenda, però, è che laccensione dei riflettori sugli aspetti pruriginosi dei cosiddetti festini agricoli distolga lattenzione dalla complessa situazione di cui il nostro territorio è portatore, con problematiche che riguardano vari aspetti della marginalità sociale, come la segregazione con conseguente mancanza di accesso alle informazioni per le necessità amministrative, la mancata tutela dei diritti lavorativi, la cura dellaspetto sanitario, il fabbisogno abitativo e, soprattutto, la negazione dei diritti dellinfanzia. Molte donne dellest europeo, infatti, prediligono il lavoro nelle serre a quello domestico proprio perché consente loro di avere accanto i bambini. Questi minori, quindi, sono privati della propria età, costretti a vivere in dimore inadeguate, a contatto con i fitofarmaci e con grandi problemi di accesso allistruzione, visto che i luoghi di lavoro si trovano spesso anche a decine di chilometri dalla scuola più vicina e il servizio di scuolabus predisposto dai comuni, a causa della conformazione del territorio e della dislocazione delle serre, non può far altro che predisporre delle fermate in punti strategici non sempre facili da raggiungere.
Di tutto questo si discuterà giovedì prossimo al tavolo del comitato Provinciale per lOrdine e la Sicurezza Pubblica, che la Prefettura ha deciso di aprire anche alle associazioni e ai comuni. Sono stati invitati, infatti, i Sindaci dei Comuni di Acate, Comiso, Santa Croce Camerina e Vittoria, i dirigenti dellASP e della direzione provinciale del Lavoro, il direttore della Caritas di Ragusa, i presidenti dellAssociazione Nuova vita, della Cooperativa sociale Proxima e dellAssociazione Laltro diritto di Palermo. Sarà importante evitare generalizzazioni ed approssimazioni, ma anche cercare di trovare contromisure efficaci ad un fenomeno innegabilmente presente. Linteressamento e le aperture della Prefettura sono un segnale che qualcosa, finalmente, sul territorio si sta muovendo.
(Vincenzo La Monica - Migrantes Ragusa)