(4 agosto 2014) - Secondo una teoria scientifica, il battito dali di una farfalla in una parte del mondo è in grado di provocare un uragano dallaltra parte del globo.
Non ci si può certo stupire se il conflitto che sta insanguinando il Medio Oriente induce i civili inermi a cercare rifugio altrove e che la terra promessa sia quellEuropa di cui la Sicilia è la porta di ingresso. Accade così che, sabato scorso, nel Porto di Palermo siano approdati i primi profughi palestinesi. La crisi israelo-palestinese bussa alle nostre porte con i suoi primi messaggeri ed anche i più distratti e indifferenti non possono fare finta di niente e non considerare le ragioni della pace. I migranti palestinesi viaggiavano assieme ad altri profughi in fuga da guerre e persecuzioni, in prevalenza siriani, libanesi e pakistani. La conta segna 123 persone, di cui 38 donne, una delle quali in stato di gravidanza e per questo, allarrivo, portata subito in ospedale. Sono stati ospitati nella Chiesa di San Giovanni Maria Vianney, a Falsomiele, divenuto ormai il villaggio della solidarietà.
Ciò che colpisce in ognuno degli arrivi è la quantità crescente di minori, sempre più in tenera età. Nellultimo barcone soccorso, i bambini erano ben 35, molti dei quali non raggiungevano neppure i tre anni. Questi piccoli potrebbero riempire un asilo nido, animare giochi e cantare filastrocche. Il vociare è lo stesso, ma questa piccola colonia ha viaggiato prima su un barcone malandato, poi su un mercantile, infine su una motovedetta della Guardia costiera. Non ci sono minori non accompagnati. Arrivati sulla banchina, i bambini cercano tutti la mano della mamma e per la prima volta, dal mare, è arrivato anche un neonato allinterno di un ovetto.
La macchina dellaccoglienza risponde a meccanismi ormai rodati, come conferma il Prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo: Fin dal primo sbarco - ricorda - il piano ha visto un efficace contributo da parte di tutte le componenti, le quali ne hanno permesso la realizzazione in maniera impeccabile, in uno spirito di grande coesione e con unità di intenti, pur nella diversità dei compiti. La Prefettura, va ricordato, coordina una macchina organizzativa che vede coinvolte Protezione civile regionale, Autorità Portuale, Comune di Palermo, Croce Rossa, Capitaneria di Porto e Forze dellOrdine. Uno dei compiti più ostici è sicuramente linserimento nelle strutture di accoglienza, spesso ai limiti di capienza. Disponiamo di 1.056 posti in accoglienza in strutture convenzionate - spiega il Prefetto -. Ci siamo anche avvalsi del grande apporto della Caritas, per una prima sistemazione in emergenza, ma dignitosa. Laiuto della Chiesa ci ha consentito di non lasciare neppure una persona sulla banchina. Certo, se la prima accoglienza risponde a dei protocolli ormai collaudati, nella fase della seconda accoglienza non sono poche le criticità che segnalano associazioni e volontari: Bisogna considerare - sottolinea il Prefetto Cannizzo - che fino al mese di settembre dello scorso anno gli sbarchi rappresentavano un fenomeno sconosciuto per questo territorio. Ciò nonostante, finora non abbiamo riscontrato criticità e la macchina organizzativa ha funzionato bene, sia per gli adulti che per i minori non accompagnati, di cui si occupa il Comune. Anche i componenti dellUfficio Emergenze sociali del Comune di Palermo esprimono soddisfazione per i risultati raggiunti e per lafflato tra i vari soggetti impegnati. Qui non cè distinzione di ruolo, ci differenzia solo la pettorina di colore diverso, ma siamo ormai una famiglia, confermano la responsabile dellufficio, Anna Patrizia Provenzano, e la dottoressa Angela Puccio. Una concordia confermata dalla foto di gruppo che vede insieme forze dellordine e delle istituzioni, volontari e medici. Anche stavolta lAzienda sanitaria ha predisposto un primo screening allarrivo. Si è reso necessario attivare le sirene per un sospetto caso di infarto, che ha colpito un migrante quando ancora viaggiava sulla nave commerciale che lo ha soccorso. Per il resto non si sono registrati particolari allarmi.
Un ruolo fondamentale lo svolgono i mediatori culturali che lavorano per il Comune e per lAsp palermitana. Sono ghanesi, egiziani, eritrei, senegalesi … Ognuno di loro ha una storia di migrazione alle spalle. Cè chi è cresciuto in Italia e chi ha girato il mondo prima di approdare in Sicilia e qui è riuscito ad integrarsi. Tutti mettono a disposizione dei nuovi migranti lesperienza e le competenze che hanno maturato. Ci sono immigrati anche tra i volontari delle parrocchie che si prodigano per dare un volto umano alle procedure burocratiche, distribuendo scarpe e vivande. Una delle volontarie indossa una t-shirt che reca un messaggio significativo: Dio ti ama personalmente!. E la fede si rende operosa per mezzo della carità. (Luca Insalaco - Palermo)