(24 luglio 2014) - I cimiteri ci parlano delle civiltà di un dato tempo, offrono la rappresentazione dei popoli e della loro cultura. Anche il cimitero di Lampedusa non sfugge a questa funzione. Il camposanto di Cala Pisana esprime la storia di questa terra, compreso lultimo ventennio, che lha fatta diventare il simbolo globale della migrazione dei popoli. Tra le tombe dellisola, si scorgono i segni dellesodo che ne fa fatto un approdo di salvezza per nazioni in fuga da guerre e persecuzioni. Qui giace chi non ce lha fatta, chi ha visto svanire il proprio sogno di libertà tra le onde del Canale di Sicilia. Alcuni si sono fermati in prossimità delle coste dellisola, quando il traguardo sembrava ormai raggiunto. È il caso dei tre ragazzi morti lotto maggio del 2011, nel naufragio verificatosi allimboccatura del porto. Quella notte di primavera, a causa di unavaria, il barcone che trasportava più di 500 persone andò a schiantarsi contro gli scogli sotto Cavallo Bianco. Sullisola si prodigarono in tanti - militari, volontari, residenti - per salvare i naufraghi, creando una catena umana che è rimasta nella memoria di tutti. Sembrava che il miracolo si fosse compiuto, che tutti fossero stati portati in salvo. Il giorno successivo, invece, la triste scoperta dei corpi senza vita di questi giovani, colpevoli solo di troppa speranza. Il fatto che, in questo cimitero, soltanto una delle salme abbia uniscrizione anagrafica non toglie dignità alle altre spoglie; aumenta, piuttosto, lamarezza di non potere immaginare il significato del loro nome nella lingua dorigine, di non potere affidarne lanima allunico Dio con lappellativo dato dai loro padri. Conosciamo Esther Ada, il cui funerale vide una grande partecipazione popolare. Di alcuni abbiamo informazioni sommarie, sulla provenienza e sul giorno in cui hanno perso la vita. Per tutti gli altri parlano un numero ed una croce, composta dal custode del cimitero, Vincenzo Lombardo, uomo semplice e di buoni sentimenti. Tra loro anche una donna, lunico corpo posto allombra di un oleandro, a dare pace al suo riposo. «Queste morti si potevano evitare, così come si possono evitare tutte le tragedie di cui continuiamo ad avere notizia» ricorda Paola La Rosa, avvocato e attivista per i diritti dei migranti. «Sono tutti lampedusani» tiene a sottolineare il parroco di Lampedusa, don Mimmo Zambito. Da qui lidea di realizzare un memoriale, che possa ricordare volti e storie di questi giovani. Lopera dovrebbe essere realizzata nel cimitero nuovo, anche grazie ad alcune donazioni di privati, in modo da dare una degna sepoltura e fare in modo che queste vittime innocenti possano essere lampedusane a tutti gli effetti. Le lapidi potrebbero essere corredate da alcuni degli epitaffi scritti dagli studenti lampedusani, che hanno partecipato al progetto educativo Il Viaggio della Vita, realizzato dalla Fondazione Migrantes, con lobiettivo di formare animatori di iniziative interculturali. Liniziativa, di durata triennale, è partita ad ottobre dello scorso anno ed il primo anno si concluderà il prossimo mese di novembre. Le parole dei ragazzi lampedusani, undici i corsisti, andrebbero così ad ingentilire il ricordo dei loro coetanei. Così recita uno degli epitaffi: «Uomini, donne e bambini: vite annientate in un mare di indifferenza. Non conosciamo i vostri volti, nomi, i sogni e le ambizioni, ma sentiamo forte ancora oggi il vostro grido disperato, soffocato da un mare profondo, un mare che a noi dà la vita e a voi ha dato la morte». (Luca Insalaco - Lampedusa)