(10 luglio 2014) - Morire di Speranza. Questo il nome della veglia di preghiera che si è svolta presso la Chiesa di Santa Chiara a Catania, promossa dalla comunità di SantEgidio, che ha visto la partecipazione del Centro Astalli, dei Missionari Vincenziani, della Comunità Giovanni XXII, della Migrantes e della Caritas diocesana. Insieme alle reti Sprar dei consorzi Il Solco e Il Nodo. Un momento in memoria delle tante vittime dei cosiddetti viaggi della speranza verso l‘Europa, lungo le rotte del Mediterraneo, oggi segnate da invisibili e innocenti croci. Sono i corpi di chi ha trovato la morte per cercare la vita a bordo di barche che, invece di essere una via di speranza, sono una via di morte, come aveva ammonito Papa Francesco a Lampedusa lo scorso 8 luglio.
A un anno dalla visita del Sommo Pontefice, purtroppo, la situazione non è mutata. Quello che letteralmente è definito il centro del mondo, negli ultimi mesi, ha continuato, però, ad essere il centro di innumerevoli tragedie consumatesi tra l‘indifferenza generale. La veglia ha posto tanti interrogativi. Domande rivolte non solo ai presenti, ma anche indirettamente alle varie istituzioni. Un invito a riscoprire l‘autentico significato della parola accoglienza, fondata sulla veridicità del messaggio evangelico e sulla capacità di immedesimarsi con empatia cristiana nei sentimenti dello straniero. È stata soprattutto un‘occasione di incontro per i numerosi migranti che da mesi si sono integrati nel tessuto sociale della città e che con le loro testimonianze hanno contribuito a rinsaldare il vincolo dell‘ospitalità.
Emiliano Abramo, responsabile etneo della Comunità di SantEgidio, con viva partecipazione ha ammonito lassemblea presente ad una nuova riscoperta del concetto d‘accoglienza: Dobbiamo imparare ad essere ancora accoglienti, per custodirci gli uni con gli altri.
Siamo capaci di amare, di ospitare lo straniero nella pratica della fede? Misericordioso è infatti colui che apre il cuore e permette allaltro di rigenerarsi, di sentirsi a casa sua, di prendere fiato e di sperimentare lesperienza della condivisione. Parole che hanno concluso la prima parte della veglia, iniziata con una processione composta dai migranti che hanno portato sullaltare una croce avvolta in delle reti da pesca, con a fianco due tele con delle immagini tratte dai recenti sbarchi, entrambe deposte ai lati del Santissimo. Sono seguite le intenzioni di preghiera, proclamate dai rappresentanti delle varie comunità religiose.
Ciascuno ha pregato per il proprio Paese, talvolta martoriato dall‘odio, dalla violenza e dalle guerre. Senza dimenticare la Pace, come valore universale a cui ogni uomo di buona volontà deve tendere per realizzare la koinonia tra le genti. Una serata di preghiera, in cui è stato ricordato per nome chi aveva il diritto di trovare un futuro migliore, ma che, invece, si è trovato condannato dall‘indifferenza umana a perdere la propria vita tra le onde del mare. La veglia si è conclusa parafrasando le parole di Papa Francesco, con lassemblea intera che ha chiesto perdono per le vittime del mare: Chiediamo perdono per lindifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta allanestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi.(Filippo Cannizzo - Migrantes Catania)