(15 maggio 2014) - Quando nel ‘95 sono sbarcati a Messina dalla lontana Asmara per curarsi, mamma Frehiwet e il piccolo Solomon nemmeno immaginavano quanto sarebbe stato laborioso ritrovare il resto della famiglia, papà Berahne e laltro figlio Saimon, rimasti in Eritrea, né sapevano che quella loro famiglia, al momento dimezzata, si sarebbe allargata grazie allincontro con la coppia siciliana che per anni li aveva aspettati senza saperlo: Antonio e Paola. Nella Giornata internazionale della Famiglia, che dal ‘94 si celebra il 15 maggio su iniziativa dellOnu, raccontare la storia di un ricongiungimento inevitabile, anche se per nulla scontato, ci proietta in un mondo di vicendevole comprensione, in cui il concetto tradizionale di famiglia viene arricchito dalladozione, che quando è autentica non può che essere reciproca. In casa - ricorda Antonio con un sorriso - allinizio si parlavano tre lingue. Litaliano tra me e mia moglie e con il piccolo Solomon, che ad Asmara aveva frequentato lasilo delle Suore; lui con la mamma parlava il tigrino e lei con noi comunicava attraverso linglese. Il piccolo frequenta la scuola e segue con scrupolo la terapia mentre la mamma lavora. Giorno dopo giorno diventa più profondo il rapporto con la coppia siciliana con cui si sono adottati, ma dallEritrea arrivano notizie sempre meno confortanti: rastrellamenti notturni alla ricerca di uomini abili da arruolare, tensione sempre più forte con la confinante Etiopia. Frehihwet raccoglie la paura che cresce, le viene dal marito giù nel Corno dAfrica, che teme per sé e per laltro bambino. Decide di partire e preparare la fuga dei familiari. Messina non offre sbocchi a Berhane, in più a Milano vive la cognata che può certo aiutarla. È lì che va ad aspettare che il marito e laltro bimbo la raggiungano, mentre Solomon è al sicuro in Sicilia. Quando la guerra insanguina Eritrea ed Etiopia è il 1998, ma Berhane e Saimon sono ormai a Milano. Prima di richiamare Solomon dalla Sicilia aspettano che completi il ciclo delle elementari e da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, ma quel magico accordo che ha legato una famiglia italiana e una eritrea così intensamente continua a suonare e non cè anno o ricorrenza in cui non si ritrovino. Frehiwet è già cittadina italiana, Solomon sta per laurearsi, Berhane lavora e Saimon sta imparando un mestiere. In questi anni il loro modo di stare al mondo ha incontrato laffetto di tante altre persone, nella loro Milano, città accogliente e spesso anche giusta, perché sa aiutare i suoi figli a trovare la strada del decoro senza stare a guardare il colore della loro pelle. Ma questo non basta. È da notare - ammonisce mons. Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes - che mentre si afferma limportanza del ricongiungimento e dellunità familiare, si debba favorire nella Chiesa e nella società un processo condiviso di integrazione [...] A tale scopo, oltre che ribadire limportanza dellestensione del diritto di cittadinanza ai bambini nati in Italia, possono diventare importanti i cammini educativi di partecipazione della famiglie alla vita della scuola e della società, come anche lestensione del diritto di voto alle elezioni amministrative per gli immigrati regolarmente presenti nel nostro Paese. Oggi gli occhi di Antonio si riempiono di lacrime nel ricordo di una storia a lieto fine, che lo ha coinvolto emotivamente, ma ci confida che prova tanto dolore per i migranti che in questi giorni affollano le banchine dei porti siciliani, dove sbarcano anche i ragazzi eritrei. Io - dice Antonio - mi sento parte di quel Paese che sempre porto dentro di me, vorrei abbracciarli tutti e fare in modo che ciascuna delle loro storie si concluda con lo stesso lieto fine. (Nino Arena - Migrantes Messina)