(11 maggio 2011) - Superare le barriere della paura e dei pregiudizi nellaccoglienza degli immigrati, aprendo loro la porta dellintegrazione.
Lauspicio è stato espresso da mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, che questa mattina ha presieduto una Messa nella cattedrale di St. Mary, a Sydney. Il capo del dicastero vaticano si trova da alcuni giorni in Australia per una visita pastorale.
La Chiesa promuove ovunque il dialogo tra le culture, anche là dove più che al dialogo ci si trova davanti a una mera coesistenza tollerata. Nel corso di una lunga omelia, mons. Vegliò ha riproposto tutti i cardini del magistero ecclesiale in tema di migrazioni. LAustralia, ha detto, è multietnica e multiculturale, ma indifferenza, egoismo, grettezza nei riguardi di chi cerca asilo in un nuovo Paese possono essere sempre in agguato. Ispirandosi alle immagini proposte dalla liturgia della Messa, il presidente del dicastero vaticano per i migranti ha anzitutto messo in luce il punto di partenza cristiano, senza il quale lostilità verso gli immigrati è difficilmente superabile. L‘altra persona - ha affermato - non è un essere astratto, ma una persona reale, alla quale è stato dato il principio interiore della libertà e che desidera lincontro con altre persone. Nel contesto della mobilità umana, ha proseguito, questo significa che il rapporto tra le persone ha un valore molto importante, perché il rispetto, la promozione e laffermazione del senso dellaltro possono trovare spazio in un giusto rapporto interpersonale.
Quindi, mons. Vegliò ha preso spunto dal versetto dellApocalisse - Ecco, io sto alla porta e busso - per una riflessione sul simbolo della porta. La soglia ci casa - ha osservato - segna il confine tra ciò che è pubblico e ciò che è riservato alla famiglia che abita in quella stessa casa, alla sua vita intima e privata. Una soglia è una soglia e non una barriera, ma solo se noi la rendiamo un ponte tra due sponde lontane, un legame tra due mondi lontani, se la intendiamo nel senso di un rapporto, di rispetto delle differenze. Alla porta di un Paese straniero, limmigrato che bussa attende che qualcuno gli apra, per provare a ottenere, per sé e la sua famiglia, quelle opportunità che non ha avuto nella propria terra. Quale sarà - si è chiesto mons. Vegliò - la reazione di coloro che sono all‘interno della casa, sicuri, al riparo, con la certezza di poter usufruire di beni e risorse? Quella porta può rimanere chiusa, in difesa di costumi, tradizioni, mentalità, ma anche di pregiudizi e paure. Oppure, può essere una porta aperta, che diventa accogliente e ospitale, sia pure nel rispetto della giustizia e della verità. Applicato al fenomeno della mobilità umana, questo - ha commentato - non significa certamente favorire lillegalità, ma la promozione della dignità umana con una particolare attenzione alla legittima ricerca di sicurezza e di legalità. Il capo dicastero vaticano ha concluso invitando alla condivisione delle risorse nella solidarietà che, ha ribadito, ha l‘effetto di creare una nuova condizione di vita, in comunione. (Alessandro De Carolis - Radio Vaticana)