Questi è il figlio mio, l’amato: ascoltatelo - Ufficio liturgico nazionale
16 aprile
Domenica di Pasqua
«Risurrezione del Signore»
La Notte e il Giorno di Pasqua
Infiammati dei desideri del cielo

Dopo l’attesa silenziosa, la Chiesa si appresta a vivere la veglia pasquale, madre di tutte le veglie cristiane. Certamente la luce è l’elemento che più colpisce chi partecipa alla Veglia: il fuoco che divampa, la debole fiamma del cero che sfida l’oscurità, l’aula buia che si illumina gradualmente, i piccoli lumi nelle mani dei fedeli e, quindi, la luce di Cristo che anche i neobattezzati accolgono e portano con fierezza. La celebrazione della Pasqua raggiunge il suo apice in questa notte che diventa luce per rallegrare la vita dell’uomo («et nox illuminatio mea in deliciis meis», Preconio pasquale). La Pasqua come evento e come celebrazione è l’inizio e la promessa di ciò che saremo quando saremo una cosa sola con il Vivente. Davvero la Pasqua ci infiamma dei desideri più grandi, come la Chiesa osa chiedere, radunata attorno al fuoco in questa santa notte (cfr. l’orazione per la benedizione del fuoco nuovo)!
La Veglia pasquale più di ogni altra celebrazione necessità dell’audacia di chi sa “perdere tempo” nella ricchezza dei linguaggi rituali. Grazie a questa multimedialità il rito della notte pasquale apre varco verso il mistero del Crocifisso risorto e i fedeli, non sazi di quanto già possiedono, «assomigliano a coloro che attendono il Signore al suo ritorno, in modo che, quando egli verrà, li trovi ancora vigilanti e li faccia sedere alla sua mensa» (Messale Romano, p. 161). Occorre investire in azioni ampie e nobili (cfr. Preparazione e celebrazione delle feste pasquali, n. 82) che lascino il segno nel corpo, nel cuore e nel sentimento degli oranti.
 

- Si celebri veramente di notte e sia una veglia discretamente dilatata nel tempo nella quale si sosta senza fretta nell’ascolto della Parola, nella preghiera e nella lode. La notte stessa, vinta dalla luce del Signore risorto, è il primo simbolo che parla efficacemente all’uomo immerso nelle tante notti esistenziali e in ricerca della vera luce.
- I grandi simboli e i linguaggi impiegati possano veramente “parlare” evitando ogni riduzione minimalistica: il fuoco e il cero pasquale, il preconio pasquale in canto, le letture bibliche nella loro ampiezza e il canto dei salmi, l’acqua battesimale o lustrale, il pane e il vino per la liturgia eucaristica. Non si devitalizzino certi elementi decurtandoli eccessivamente o privandoli della loro natura: le litanie dei santi, ad esempio, siano effettivamente eseguite in canto e, se possibile, si cantino durante il tragitto al fonte battesimale: l’assemblea terrena procede al passo di quella celeste, unite in un unico atto di invocazione.
- Si ricorra ad un numero sufficiente e preparato di ministri per il servizio liturgico, la lettura della Parola di Dio, la distribuzione della comunione eucaristica, il canto e la musica, la predisposizione di tutto ciò che è necessario. Si valorizzi la norma secondo la quale più comunità affidate ad un unico pastore si riuniscano insieme per celebrare con la dovuta solennità i riti pasquali (cfr. Preparazione e celebrazione delle feste pasquali, n. 43).
- Non si trascuri, seppure breve, una sapiente omelia che raccordi i riti al vissuto della comunità aiutando i fedeli a gustare la gioia della risurrezione che invade e rinnova tutta la vita.
  Con la Veglia si entra nel terzo giorno del Triduo, il giorno che il Signore ha fatto (cfr. Sal 118,24).
In questo giorno, pervaso dalla gioia, i cristiani innalzano il sacrificio della lode alla Vittima pasquale e celebrano il memoriale della sua vittoria, così come avviene ogni otto giorni.
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 17-FEB-17
 

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