Congresso Eucaristico Nazionale - Congresso Eucaristico Nazionale
A viso scoperto


«Siamo qui perché alla fine non abbiamo alcun nascondiglio dove nasconderci da noi stessi». C’è la data, 31 maggio 1982, non l’autore perché sono parole che tutti potrebbero dire di sé. Tutti, uno per uno i trenta ospiti attuali della Comunità Ceis di Trasta, tutti con problemi di dipendenza da sostanze, droga o alcol. Parole incise su una tavola di legno ormai sbiadita, tra una chitarra e una scacchiera. Parole che sono una prima risposta alla domanda che tutti vorremmo porre: perché sei qui, che cosa ti è successo?
La comunità, fondata da Bianca Costa che fu collaboratrice di don Picchi e presidente della Federazione italiana comunità terapeutiche, oggi guidata da Ezio Lazzari e Giovanna Moisio, è stata uno dei 35 “luoghi della misericordia” visitati dai delegati al Congresso eucaristico. Un incontro semplice: una breve presentazione, il pranzo in comunità (con la squisita focaccia sfornata dagli ospiti), un breve confronto in cerchio, una brevissima preghiera. E sullo sfondo quelle parole incise sul legno: «Finché un uomo non confronta se stesso negli occhi e nei cuori dei suoi compagni, scappa».
A Trasta smettono di scappare. Si fermano. Fanno i conti con le proprie sofferenze e le risposte sbagliate, autodistruttiva, date al dolore. Non è una comunità di ragazzini impasticcati. Si va dai 20 ai 50 anni. C’è chi è appena arrivato per la prima volta e chi, dopo esserne uscito, c’è ritornato. C’è chi, come Gianluca, 45 anni, di Asti, è stato inseguito dal dolore. A 7 anni gli scoppia in faccia una bottiglia di alcol. Ne esce segnato sul volto e nell’anima. A 13 anni già beve, «vino e birra, per divertimento». Le prime canne. L’alcol allevia il dolore sordo che sale da dentro. L’eroina funziona ancora meglio. «Studio all’Alberghiero, faccio il cuoco, convivo con una ragazza, “gestisco” la situazione. Fino a quando mi arrestano». Un anno di carcere che azzera tutto. «Quando esco vado in Germania e ricomincio a bere. Per questo ora sono qui». Tace per un istante: «Questa vita non me la sono scelta io». Ma è con questa vita che ora sta deve fare i conti.
Volti normali. Come il volto di Roberto, 46 anni compiuti ieri, che si fa di eroina «perché è il migliore antidepressivo». A Trasta da tre mesi, è a pezzi perché dorme forse due ore a notte, «il metadone funziona ma ti intossica». Lui che sul suo diario scrive: «Ma io Odio (maiuscolo)! Come si fa a sapere quanto resisterò?».
Quando lasci la collina e scendi in città, i volti dei trenta combattenti non ti abbandonano. Resistete, amici, resistete.
 
(Umberto Folena)


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 17-SET-16
 

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