Lorenzo Fazzini, Avvenire - 27 aprile 2016
Tedesco di origine, francese di adozione,Christoph Theobald è tra i più letti e citati teologi di oggi a livello internazionale, in particolare per la sua profonda e argomentata riflessione sullo stile evangelico come caratteristica peculiare della presenza cristiana nel mondo. È da poco in libreria Fraternità (Qiqajon, pagine 94, euro 10,00), testo nel quale sono racchiuse due conferenze nelle quali il gesuita del Centre Sèvres di Parigi esplica il senso di questa dimensione di vita. Del resto fu papa Francesco che ne evidenziò limportanza fin dal suo affacciarsi in piazza San Pietro, il 13 marzo di tre anni fa, quando usò, nel primo saluto da pontefice, proprio il termine fratellanza.
Nel suo saggio lei sottolinea molto la dimensione sociale del Vangelo. La Chiesa di oggi ha ben coscienza di questo aspetto del messaggio cristiano?
«Penso che sia esistita una lunga tradizione che ha messo in risalto e in atto questo legame intrinseco tra annuncio evangelico e dimensione sociale. Forse però questo aspetto è diventato più attenuato in unaltra epoca. Mi spiego meglio. In Francia, nel-lItalia settentrionale, in Germania e in Austria, tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo abbiamo visto sorgere un vero cattolicesimo sociale, ad esempio sotto Pio XI e tramite la diffusione dellAzione cattolica. Un cattolicesimo sociale la cui metodologia è stata poi condensata nel motto vedere, giudicare, agire coniato dal teologo belga, poi cardinale, Joseph-Léon Cardijn. È stata questa visione dellannuncio cristiano che ha portato alla stesura della costituzione pastorale conciliare Gaudium et spes, che ha sviluppato la questione sociale del Vangelo rispetto a diversi ambiti: famiglia, economia, politica, pace… Inoltre, durante il Concilio Vaticano II sorse quel gruppo per la Chiesa povera e dei poveri intorno alle figure del cardinale Giacomo Lercaro e di dom Hélder Câmara, che ha poi portato alla conferenza del Celam di Medellìn, alla scelta preferenziale per i poveri, a quella teologia del popolo di cui papa Francesco è un sostenitore. Forse, come accennavo prima, nel periodo turbolento del post-concilio, unepoca molto controversa, cè stato un ritorno sullidentità cristiana nei Paesi del mondo occidentale sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI intorno alla liturgia e alla catechesi. Questo, forse, è avvenuto per una certa paura del relativismo. In questo senso alcune esperienze particolari, come quelle dei preti operai e più in generale del cattolicesimo sociale, sono state messe ai margini. Con Francesco invece, sia con Evangelii gaudium che conLaudato si, il papa torna a chiedere alla Chiesa di intraprendere la strada del cattolicesimo sociale».
Lei ha citato una certa linea che da Lercaro arriva a Francesco. La sensibilità di questo percorso spirituale e teologico è patrimonio comune dellaChiesa di oggi?
«Cè molto da fare, e ci sono resistenze. È quello che penso veramente. Credo che ciò sia presente nellambito laicale così come nel clero. Quello a cui chiama papa Francesco è veramente una conversione, una mutazione di sguardo. Bisogna passare da un interesse della Chiesa che possiamo definire centripeto, per cui i pastori vogliono portare le persone dentro la Chiesa, ad uno sguardo per cui la Chiesa si mette al servizio dellavvenire del mondo, della vita, della cultura, del futuro delle nuove generazioni. Vogliamo luna o laltra prospettiva? Ciò che ci chiede Francesco è una conversione che si rifà allaffermazione di Gesù: Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. E come vorrei che fosse già acceso. Francesco ci indica che il lavoro da fare è anzitutto di carattere spirituale».
InFraternitàlei usa unespressione molto curiosa, quella della Chiesa rabdomante. Cosa significa?
«La formula può sembrare un po sorprendente e metaforica, ma vorrei spiegarla brevemente. Lannuncio del Vangelo non può più avvenire secondo lordine che chiameremmo di impiantazione dallesterno. Unaltra prospettiva invece ci dice che lannuncio del Vangelo è già preceduto dalla presenza discreta di Dio nel cuore della gente e del mondo. Il modo di essere della Chiesa deve seguire quello di Gesù che percorreva la Galilea e andava a cercare le faglie della società con un annuncio di vita che era già atteso dalluomo e dalle donne di quel tempo. Non dobbiamo pensare alla missione come ad un annuncio volontaristico e di carattere istituzionale. Il Vangelo è già lì dove il cristiano arriva a testimoniarlo».
Può fare un esempio concreto di tuttoquesto?
«Prendiamo la lettera enciclica Laudato si, quando il papa dice che la prima dichiarazione di Rio sullambiente è un testo profetico. Questo significa che il tratto di profetismo proprio del popolo di Dio era già presente nel profetismo del movimento ecologico, che non era cristiano. Come ben sappiamo, lecologia non lha iniziata la Chiesa, bensì è nata nellalveo dei cosiddetti movimenti alternativi. Ebbene, la Chiesa ha trovato questo valore altrove, e da lì ha riletto la sua grande tradizione, così come la Scrittura, e ha elaborato una teologia della creazione che prima non aveva esplicitato in tutti i suoi aspetti».