Sentenza della Corte d‘appello di Roma
Con sentenza del 23 dicembre 2015 la Corte dappello di Roma ha rigettato il ricorso proposto dal Pubblico Ministero Minorile (di seguito PMM) contro la sentenza emessa dal Tribunale per i minorenni di Roma nel luglio 2014, che aveva disposto ladozione, ai sensi dellart. 44, lett. d) della legge 184/83, da parte di una donna della figlia biologica della propria convivente omosessuale, nata a seguito di fecondazione eterologa.
Preliminarmente, occorre ricordare che il nostro ordinamento prevede, accanto alladozione cosiddetta legittimante consentita a due persone unite da rapporto di coniugio, una seconda forma di adozione, la cosiddetta adozione in casi particolari ex art. 44 della legge in materia di adozione, ossia unadozione con effetti più limitati rispetto a quella legittimante ma con presupposti meno rigorosi. Nel caso di specie, il Tribunale di Roma ha ritenuto applicabile il citato art. 44 lett. d), che prevede la possibilità di adottare il minore anche quando non ricorrano le condizioni per ladozione legittimante, quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
Al riguardo la Corte dappello ha affermato che lapplicazione di tale norma prescinde dalla dichiarazione di adottabilità del minore, al contrario di quanto sostenuto dal PMM. Lipotesi di cui alla lett. d) dellart. 44 comprende sia il caso che limpossibilità di affidamento preadottivo corrisponda a una situazione di fatto, in quanto il minore è stato dichiarato adottabile ma non è stata reperita una coppia adottante, sia il caso che limpossibilità di affidamento preadottivo corrisponda a unimpossibilità giuridica, in quanto difetta la dichiarazione di abbandono, perché il minore gode di vincoli idonei a garantirgli lambiente adatto alla sua crescita. Linterpretazione restrittiva, sostenuta dal pubblico ministero appellante, secondo la quale anche nelle ipotesi di adozione in casi particolari non si possa prescindere dalla situazione di abbandono del minore, varrebbe a reintrodurre un requisito che il legislatore ha escluso nellart. 44.
La Corte ha quindi ricostruito limpianto normativo in materia di adozione. La regola generale è che ladozione è consentita a una coppia di coniugi in possesso dei requisiti di legge e in favore di un minore dichiarato in stato di adottabilità da una sentenza definitiva che abbia accertato lo stato di abbandono. La sentenza di adozione viene pronunciata dopo un periodo di affidamento preadottivo. Si tratta della cosiddetta adozione piena o legittimante che è irrevocabile, attribuisce al minore lo status di figlio degli adottanti e il loro cognome, lo inserisce a pieno titolo nella loro parentela, fa cessare il rapporto con la famiglia dorigine della quale perde il cognome.
A questa regola fanno eccezione - ha proseguito la Corte dappello - le quattro ipotesi di cui allart. 44 co 1, che non richiedono lo stato di abbandono, trattandosi di casi finalizzati allinstaurazione di vincoli giuridici significativi tra il minore e chi di lui stabilmente si occupa: ladozione in tali casi è consentita anche a chi non è coniugato e alla persona singola, non è previsto laffidamento preadottivo, non cessano i rapporti con la famiglia di origine della quale il minore mantiene il cognome aggiungendovi quello delladottante, il consenso del genitore esercente la potestà è elemento necessario, ladozione è revocabile per gravi motivi.
Lart. 44 lett. d) rappresenta una clausola residuale in cui valutare tutti quei casi non sempre esemplificabili che nella realtà possono presentarsi e che non possono farsi rientrare nelle ipotesi di cui alle lettere a), b) e c). Tale norma è stata ritenuta dalla giurisprudenza applicabile nellipotesi in cui il minore, non in stato di abbandono per la presenza di un genitore accudente e, quindi, nellimpossibilità giuridica di procedere ad un affidamento preadottivo, abbia maturato e consolidato un rapporto interpersonale di riferimento affettivo ed educativo con il convivente del genitore, tale da acquisire unautonoma particolare rilevanza nella prospettiva dello sviluppo della personalità del minore che giustifica, nellinteresse di questultimo, il riconoscimento giuridico del rapporto, dando una forma legale a ciò che di fatto già sussiste nella realtà della vita quotidiana e delle relazioni familiari.
Nel caso di specie, la Corte dappello ha escluso che si possa determinare una situazione di affidamento preadottivo poiché è presente la madre, titolare del pieno esercizio di responsabilità genitoriale, in grado di occuparsene e ha accertato la sussistenza di un profondo legame della minore con la … convivente instaurato sin dalla nascita e caratterizzato da tutti gli elementi affettivi e di riferimento relazionale, interno ed esterno, qualificanti il rapporto di tipo genitoriale/filiale.
La Corte dAppello ha, poi, precisato che non si tratta, quindi, come sostiene il PMM appellante, di affiancare una seconda figura materna o creare un nuovo rapporto genitore-figlio, ma di prendere atto di una relazione già sussistente e consolidata nella vita della minore e valutare lutilità per questultima che la relazione di fatto esistente sia rivestita giuridicamente a tutela della minore stessa. Inoltre, non si tratta di rispondere, … allesigenza di riconoscimento di una bigenitorialità non ancora consentita dalla legge - attività che la Corte non ritiene di dover svolgere perché effettivamente fuorviante, soggetta a evidente strumentalizzazione ideologica e riservata al Legislatore … - ma di valutare il legame esistente tra la minore (e la convivente della madre), questultima considerata autonomamente e non per la relazione con la madre della minore, escludendo alcuna sovrapposizione del rapporto che lega le due figure adulte con quello di tipo filiale ….