Lorenzo Fazzini - Avvenire, 2 gennaio 2016
I due non si sono mai conosciuti. Per età, condizione sociale e storica, riferimenti intellettuali e teologici erano alquanto diversi. Ma sono moltissime le affinità che accomunano Dietrich Bonhoeffer e Aleksandr Men, il primo celebre teologo luterano tedesco, il secondo (meno noto) altrettanto brillante predicatore e pensatore ortodosso in Russia.
Di entrambi nellanno appena concluso si sono celebrati anniversari drammatici: il settantesimo delluccisione di Bonhoeffer per ordine diretto di Hitler nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile 1945; di padre Men il venticinquesimo del misterioso omicidio (9 settembre 1990), avvenuto a poca distanza dalla sua parrocchia rurale di Novaïa Derevnia, non lontano da Mosca. Ora un libro, da poco disponibile in francese, mette sapientemente a confronto gli itinerari teologici di questi due protagonisti del pensiero religioso, ravvisando tra il pastore protestante e il pope ortodosso le molte e non scontate connessioni.
Tanto più che a firmare questo singolare raffronto (frutto di un corso di studi al Collège des Bernardins di Parigi) è Michel Evdokimov, figlio del compianto Paul, teologo ortodosso del Saint-Serge di Parigi, già osservatore invitato al Concilio Vaticano II. Il frutto del suo lavoro è Deux martyrs dans un monde sans Dieu (Editions Salvator, pagine 160, euro 17). Quali dunque queste affinità elettive tra i due? Secondo Evdomikov, anzitutto laccettazione della secolarizzazione come nuova condizione in cui il cristianesimo è chiamato ad esprimersi nellera contemporanea. Per i due «era inutile lamentarsi della secolarizzazione, meglio accettarla nella misura in cui essa allargava lo spazio del libero sviluppo delluomo al quale i cristiani possono imprimere i loro orientamenti». Anzi: «Bonhoeffer e Men erano perfettamente daccordo nellaffermare: non abbiate paura della secolarizzazione. Non si tratta di un fenomeno transitorio. Non bisogna lamentarsi di essa, quanto invece vedervi una dimensione positiva per la libertà umana».
Ma è su un dato culturale quanto mai controverso, e cioè lateismo, che il teologo Dietrich e il predicatore Aleksandr trovano una singolare unione di visione: «Padre Men arriva a dire che lateismo è unoccasione per la fede», scrive Evdokimov, docente di Letteratura comparata alluniversità di Poitiers. Addirittura, ricorda lo studioso, Men non si lamentava dellateismo scientifico che attanagliava lUnione sovietica nella quale gli era capitato di vivere, lui che innanzitutto era un biologo consultato da personaggi come Aleksandr Soltenicyn, la vedova di Mandelstam, Nadezda, il teologo Antaolij Krasnov- Levitin: «La Chiesa ha ricevuto dal cielo un dono magnifico: non mettetevi a ridere, questo dono è lateismo, lateismo militante anti-cristiano», scriveva. Il motivo di tale grazia consisteva nel fatto che lateismo poteva servire a purificare sempre più il cristianesimo, ad esempio, da quella visione del Dio-tappabuchi sulla quale molto ha riflettuto Bonhoeffer. Tanto più - ricorda Evdokimov - che questultimo durante la sua detenzione nel carcere di Tegel si trovò a confrontare la propria proposta cristiana con molti non credenti ed entrò così in dialogo con loro.