Liturgia delle ore - Anno B (2014-2015)
Ufficio delle letture




V. O Dio, vieni a salvarmi

R. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio
e allo Spirito Santo.
Come era nel principio, e ora e sempre
nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia.

Questa introduzione si omette quando si comincia l'Ufficio con l'Invitatorio.

INNO
O Cristo, Verbo del Padre,
re glorioso fra i santi,
luce e salvezza del mondo,
in te crediamo.

Cibo e bevanda di vita,
balsamo, veste, dimora,
forza, rifugio, conforto,
in te speriamo.

Illumina col tuo Spirito
l’oscura notte del male,
orienta il nostro cammino
incontro al Padre. Amen.


1 ant. Benedici il Signore, anima mia,
          non dimenticare tanti suoi benefici.

SALMO 102 Inno alla misericordia di Dio
 
Grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, venne
a visitarci dall’alto un sole che sorge
(cfr. Lc 1, 78).
I (1-7)
Benedici il Signore, anima mia, *
   quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia, *
   non dimenticare tanti suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe, *
   guarisce tutte le tue malattie;
salva dalla fossa la tua vita, *
   ti corona di grazia e di misericordia;
egli sazia di beni i tuoi giorni *
   e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.
Il Signore agisce con giustizia *
   e con diritto verso tutti gli oppressi.
Ha rivelato a Mosè le sue vie, *
   ai figli d'Israele le sue opere.


1 ant. Benedici il Signore, anima mia,
          non dimenticare tanti suoi benefici.


2 ant. Come il padre ama i suoi figli,
           il Signore ha pietà di chi lo teme.

II (8-16)
Buono e pietoso è il Signore, *
   lento all'ira e grande nell'amore.
Egli non continua a contestare *
   e non conserva per sempre il suo sdegno.
Non ci tratta secondo i nostri peccati, *
   non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Come il cielo è alto sulla terra, *
   così è grande la sua misericordia
     su quanti lo temono;
come dista l'oriente dall'occidente, *
   così allontana da noi le nostre colpe.
Come un padre ha pietà dei suoi figli, *
   così il Signore ha pietà di quanti lo temono.
Perché egli sa di che siamo plasmati, *
   ricorda che noi siamo polvere.
Come l'erba sono i giorni dell'uomo, *
   come il fiore del campo, così egli fiorisce.
Lo investe il vento e più non esiste *
   e il suo posto non lo riconosce.


2 ant. Come il padre ama i suoi figli,
           il Signore ha pietà di chi lo teme.


3 ant. Benedite il Signore,
          voi tutte opere sue.

III (17-22)
La grazia del Signore è da sempre, *
   dura in eterno per quanti lo temono;
la sua giustizia per i figli dei figli, †
   per quanti custodiscono la sua alleanza *
   e ricordano di osservare i suoi precetti.
Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono *
   e il suo regno abbraccia l'universo.
Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, †
   potenti esecutori dei suoi comandi, *
   pronti alla voce della sua parola.
Benedite il Signore, voi tutte sue schiere, *
   suoi ministri, che fate il suo volere.
Benedite il Signore, voi tutte opere sue, †
   in ogni luogo del suo dominio. *
   Benedici il Signore, anima mia.


3 ant. Benedite il Signore,
          voi tutte opere sue.


V. Fammi capire i tuoi insegnamenti:

R. mediterò i tuoi prodigi, Signore.


PRIMA LETTURA
​Dal libro del profeta Daniele
5, 1-2. 5-9. 13-17. 25-31


Il giudizio divino durante il banchetto di Baldassar
     Un giorno il re Baldassar imbandì un gran banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino. Quando Baldassar ebbe molto bevuto, comandò che fossero portati i vasi d'oro e d'argento che Nabucodonosor suo padre aveva asportati dal tempio, che era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine.
   In quel momento apparvero le dita di una mano d'uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano, il re cambiò d'aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l'uno contro l'altro.
   Allora il re si mise a gridare, ordinando che si convocassero gli astrologi, i caldei e gli indovini. Appena vennero, il re disse ai saggi di Babilonia: «Chiunque leggerà quella scrittura e me ne darà la spiegazione sarà vestito di porpora, porterà una collana d'oro al collo e sarà il terzo signore del regno».
   Allora entrarono nella sala tutti i saggi del re, ma non poterono leggere quella scrittura né darne al re la spiegazione.
   Il re Baldassar rimase molto turbato e cambiò colore; anche i suoi grandi restarono sconcertati.
   Fu allora introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: «Sei tu Daniele un deportato dei Giudei, che il re mio padre ha condotto qua dalla Giudea? Ho inteso dire che possiedi lo spirito degli dèi santi, e che si trova in te luce, intelligenza e sapienza straordinaria. Poco fa sono stati condotti alla mia presenza i saggi e gli astrologi per leggere questa scrittura e darmene la spiegazione, ma non sono stati capaci. Ora, mi è stato detto che tu sei esperto nel dare siegazioni e sciogliere enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d'oro e sarai il terzo signore del regno».
   Daniele rispose al re: «Tieni pure i tuoi doni per te e da' agli altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione, di cui la lettura è questa: MENE, TEKEL, PERES, e questa ne è l'interpretazione: Mene: Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine. Tekel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante. Peres: il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani». Allora, per ordine di Baldassar, Daniele fu vestito di porpora, ebbe una collana d'oro al collo e con un bando pubblico fu dichiarato terzo signore del regno.
   In quella stessa notte Baldassar re dei Caldei fu ucciso: Dario il Medo ricevette il regno, all'età di circa sessantadue anni.
 


RESPONSORIO
Cfr. Sal 74, 6. 8. 9; Ap 14, 9. 10

R. Non alzate la testa contro il cielo, perchè da Dio
viene il giudizio: è lui che abbatte l'uno e innalza
l'altro.
* Nella mano del Signore è un calice: ne
berranno tutti gli empi della terra.

V. Chiunque adora la bestia e la sua statua, berrà il
vino dell'ira di Dio.

R. Nella mano del Signore è un calice: ne berranno
tutti gli empi della terra. 


SECONDA LETTURA
Dalle «Lettere» di Sulpicio Severo


(Lett. 3, 6. 9-10. 11. 14-17. 21; SC 133, 336-343)

​Martino povero e umile
     Martino previde molto tempo prima il giorno della sua morte.
Avvertì quindi i fratelli che ben  presto avrebbe cessato di vivere. Nel frattempo un caso di particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di Candes. I chierici di quella chiesa non andavano d'accordo tra loro e Martino, ben sapendo che ben poco gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la pace, non ricusò di mettersi in viaggio per una così nobile causa. Pensava infatti che se fosse riuscito a rimettere l'armonia in quella chiesa avrebbe degnamente coronato la sua vita tutta orientata sulla via del bene.
   Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o chiesa dove si era recato finchè la pace non fu ristabilita. Ma quando già pensava di far ritorno al monastero, sentì improvvisamente che le forze del corpo lo abbandonavano. Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte ormai imminente. Tutti si rattristarono allora grandemente, e tra le lacrime, come se fosse uno solo a parlare, dicevano: «Perché, o padre, ci abbandoni? A chi ci lasci, desolati come siamo? Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi ci difenderà dai loro morsi, una volta colpito il pastore? Sappiamo bene che tu desideri di essere con Cristo; ma il tuo premio è al sicuro. Se sarà rimandato non diminuirà. Muoviti piuttosto a compassione di coloro che lasci quaggiù».
   Commosso da queste lacrime, egli che, ricco dello spirito di Dio, si muoveva sempre facilmente a compassione, si associò al loro pianto e, rivolgendosi al Signore, così parlò dinanzi a quelli che piangevano: Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà.
   O uomo grande oltre ogni dire, invitto nella fatica, invincibile di fronte alla morte! Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe paura di morire e non si rifiutò di vivere. Intanto sempre rivolto con gli occhi e con le mani al cielo, non rallentava l'intensità della sua preghiera. I sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo pregavano di sollevare un poco il suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli però rispose: Lasciate, fratelli, lasciate che io guardi il cielo, piuttosto che la terra, perché il mio spirito, che sta per salire al Signore, si trovi già sul retto cammino. Detto questo si accorse che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora: Che fai qui, bestia sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di Abramo mi accoglie.
   Nel dire queste parole rese la sua anima a Dio.
   Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile entra ricco in paradiso.
 


RESPONSORIO

​R. Martino, uomo santo, non ha conosciuto la
doppiezza, il giudizio cattivo e di condanna.

* La sua bocca parlava solo di Cristo, di pace
e di amore.

V. Uomo meraviglioso! Non ebbe paura della
morte, e non rifiutò le fatiche della vita.

R. La sua bocca parlava solo di Cristo, di pace
e di amore.


ORAZIONE
     O Dio, che hai fatto risplendere la tua gloria nella vita e nella morte di san Martino vescovo, rinnova in noi i prodigi della tua grazia, perchè né morte né vita ci possano mai separare dal tuo amore. Per il nostro Signore.
       Benediciamo il Signore.

       R. Rendiamo grazie a Dio.


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 11-NOV-15
 

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