Sussidio Pasqua 2015 - Ufficio liturgico nazionale
17 maggio - Ascensione del Signore
Una Chiesa presente nella storia
L’Evento: “Il Signore agiva insieme con loro”
L’Evento, accennato dai vangeli, è amplificato dagli Atti, che hanno cura di sottolineare, prima dell’Ascensione al cielo, la presenza del Risorto ai discepoli per quaranta giorni (tradizionalmente, il periodo dell’attesa), per fortificarli, formarli e istruirli. Il culmine di questo cammino comune si consuma, non casualmente, “a tavola”: come sulla strada di Emmaus, è la comunione della Mensa il vero luogo della rivelazione. Ma anche la dimensione trinitaria dell’episodio è determinante: il Padre è colui che adempie la promessa del battesimo nello Spirito Santo, il Figlio rivela il Padre. Seppure una nube - che nella Bibbia è segno certo della Presenza divina - lo vela attraendolo al Padre e sottraendolo agli occhi del corpo, egli continua sulla terra la sua presenza, divenuta universale. L’Ascensione del Signore non è assenza ma Presenza diversa; il distacco dalle coordinate spazio-temporali rende la sua apparente distanza una presenza a tutti nella sfera dello Spirito. Egli non va dunque cercato nell’alto di cieli astratti, ma nella concretezza della terra, nel Pane e nella Parola, nella comunione fraterna, nella preghiera, nel volto del povero che, come ripete spesso papa Francesco, è la carne di Cristo… Le mani, i piedi, gli occhi, la voce, il cuore dei discepoli sono i modi in cui nella storia il Risorto si fa presente a chi - cioè a chiunque - ha bisogno di Lui. Tutti coloro che fanno esperienza del Risorto e divengono sue membra vive sono chiamati ad essere suoi testimoni e strumenti di grazia per gli altri.
 
La Chiesa: comunione di diversi
La lettera agli Efesini mostra come l’apostolo abbia a cuore l’unità della Chiesa nella comunione trinitaria: un solo Spirito, un solo Cristo Signore, un solo Padre origine dell’unica fede e dell’unico corpo che è la Chiesa. Per questo il Corpo di Cristo non è unità piatta e indistinta ma unione armonica di ruoli e ministeri, di persone tutte diverse e tutte insignite di pari dignità. Le diversità non devono essere schiacciate ma valorizzate affinché possano servirsi a vicenda nella pace.
 
Il nostro presente, il nostro futuro: la sfida dell’ecclesialità
“Se ben intesa, la diversità culturale non minaccia l’unità della Chiesa. È lo Spirito Santo, inviato dal Padre e dal Figlio, che trasforma i nostri cuori e ci rende capaci di entrare nella comunione perfetta della Santissima Trinità, dove ogni cosa trova la sua unità. Egli costruisce la comunione e l’armonia del Popolo di Dio. Lo stesso Spirito Santo è l’armonia, così come è il vincolo d’amore tra il Padre e il Figlio. Egli è Colui che suscita una molteplice e varia ricchezza di doni e al tempo stesso costruisce un’unità che non è mai uniformità ma multiforme armonia che attrae. L’evangelizzazione riconosce gioiosamente queste molteplici ricchezze che lo Spirito genera nella Chiesa. Non farebbe giustizia alla logica dell’incarnazione pensare ad un cristianesimo monoculturale e monocorde… Lo Spirito Santo arricchisce tutta la Chiesa che evangelizza anche con diversi carismi. Essi sono doni per rinnovare ed edificare la Chiesa. Non sono un patrimonio chiuso, consegnato ad un gruppo perché lo custodisca; piuttosto si tratta di regali dello Spirito integrati nel corpo ecclesiale, attratti verso il centro che è Cristo, da dove si incanalano in una spinta evangelizzatrice. Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene di tutti. Un’autentica novità suscitata dallo Spirito non ha bisogno di gettare ombre sopra altre spiritualità e doni per affermare se stessa. Quanto più un carisma volgerà il suo sguardo al cuore del Vangelo, tanto più il suo esercizio sarà ecclesiale. È nella comunione, anche se costa fatica, che un carisma si rivela autenticamente e misteriosamente fecondo. Se vive questa sfida, la Chiesa può essere un modello per la pace nel mondo. Le differenze tra le persone e le comunità a volte sono fastidiose, ma lo Spirito Santo, che suscita questa diversità, può trarre da tutto qualcosa di buono e trasformarlo in dinamismo evangelizzatore che agisce per attrazione. La diversità dev’essere sempre riconciliata con l’aiuto dello Spirito Santo; solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, al tempo stesso, realizzare l’unità. Invece, quando siamo noi che pretendiamo la diversità e ci rinchiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, provochiamo la divisione e, d’altra parte, quando siamo noi che vogliamo costruire l’unità con i nostri piani umani, finiamo per imporre l’uniformità, l’omologazione. Questo non aiuta la  missione della Chiesa” (EG 117; 130-133).
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 09-MAR-15
 

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