di Stefano De Martis
Adesso il digitale terrestre cè. Non è più soltanto unipotesi tecnologica dalle prospettive incerte. Unintera regione, la Sardegna, già dallo scorso autunno è passata completamente dalla tv analogica al nuovo sistema. In Valle dAosta, in Trentino, a Torino e nella provincia di Cuneo, ora anche a Roma e in buona parte del Lazio, due delle reti nazionali di Rai e Mediaset ( Rai2 e Rete4) sono visibili soltanto in digitale ( switch- over) in attesa dello spegnimento di tutto lanalogico ( switch- off), previsto per il prossimo autunno. Se si aggiunge che già da alcuni mesi vengono venduti solo apparecchi televisivi attrezzati per ricevere il nuovo segnale, il quadro appare molto più avanzato di quello che la scadenza finale di tutto il processo - fissata a livello europeo per il 2012 - potrebbe lasciar intendere. Si è capito anche che non si trattava dellennesima anomalia italiana, del capriccio o dellinteresse di qualcuno. La trasformazione in atto coinvolge anche gli altri Paesi dellUnione Europea e investe terre di altri continenti, per esempio gli Usa di Barak Obama. Per una volta lItalia non è nelle posizioni di coda. Si calcola che già con il prossimo anno il 70 per cento della popolazione italiana sarà ‘ digitalizzato‘. Ma che cosa cambia con il nuovo sistema? La trasmissione in digitale terrestre implica un minor inquinamento elettromagnetico; una migliore qualità del segnale; la possibilità, ancora da sviluppare appieno, di un utilizzo interattivo dellapparecchio televisivo. È fuor di dubbio, però, che leffetto più macroscopico del nuovo sistema sia laumento molto rilevante del numero dei canali che si potranno ricevere ordinariamente. Tale che tutta la popolazione, e non soltanto la pur numerosa minoranza dei possessori di parabola satellitare, si troverà a scegliere tra decine di opzioni possibili. E proprio questo esito svela il carattere ambivalente che ogni grande trasformazione tecnologica porta con sé. Se infatti in questi giorni, comprensibilmente, linteresse dellopinione pubblica è concentrato su aspetti pratici come lacquisto del decoder e la puntuale copertura del territorio ( bisognerà mettere in campo tutti gli strumenti e i sussidi perché nessuno sia tagliato fuori, soprattutto nelle fasce più deboli della società), è sui contenuti che occorre accendere i riflettori e, se necessario, suonare anche i campanelli dallarme. Che cosa sarà trasmesso nei tanti canali che arriveranno direttamente nelle case degli italiani? Sarebbe un ben triste pluralismo quello che si limitasse a garantire una massiccia presenza di grandi gruppi editoriali, magari con qualche nuovo ingresso dallestero, e moltiplicasse non le nuove opportunità, ma gli spazi di una brutta televisione di cui già conosciamo le prodezze. Vigilanza collettiva ed educazione al senso critico sono due virtù che istituzioni, gruppi sociali, famiglie e cittadini dovranno coltivare con maggior impegno e rigore che in passato. Ma è anche sul piano dellofferta positiva che occorrerà agire, valorizzando o quantomeno non penalizzando ( nel posizionamento sul telecomando, nei metodi di rilevazione) il ruolo dei fornitori indipendenti di contenuti di qualità. In questo senso la scelta di far esistere una tv come Sat2000 si sta rivelando lungimirante. Nella grande arena della nuova televisione lemittente dei cattolici italiani cè. Con la sua programmazione originale e la sua professionalità. Proposta alla sensibilità dei credenti e alla curiosità intelligente di tutti.