Sussidio Quaresima Pasqua 2015 - Ufficio liturgico nazionale
1 marzo
II domenica di Quaresima

+  Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
 
Il cero pasquale, acceso nel fuoco divampante della veglia pasquale, che da luce e guida i fedeli nel loro esodo dal peccato alla vita nuova e li conduce a gustare i frutti della terra promessa, è il segno per eccellenza del Signore Risorto! Il significato di questo cero si manifesta pienamente sul monte della trasfigurazione. Il cuore ardente di Gesù illumina le sue vesti e investe gli apostoli riempiendoli di stupore e di paura: essi comprendono infatti di dover essere anche loro luce, pur essendo cosi lontani, nelle tenebre; di dover possedere anch’essi nel cuore il fuoco dell’amore che arde nel cuore di Gesù, pur essendo così spenti, nel gelo dell’animo! Non si può essere nella luce, non si può dare luce se non scaturisce dal cuore un amore grande! Gesù ha scelto di andare a morire per gli uomini, ha scelto l’amore grande che ha in sé la vera caratteristica che lo rende tale, quella del sacrifico. Un amore che non costa, non è vero amore; un amore che non fa sentire nelle viscere la fatica, non è vero amore; un amore che non supera la nostra voglia di scegliere chi, quando e come amare, non è vero amore; amore ai nemici, amore che perdona, amore che non attende ricompensa... amore maturo, che può nascere solo dall’immersione nell’Amore di Dio. È solo a partire da un cuore arso dall’Amore divino che la vita si trasfigura: lo sguardo si illumina, le parole si addolciscono, i gesti si riempiono di grazia. Noi diventiamo luce nella Luce, veri ceri pasquali che si consumano e, nel consumarsi della cera, illuminano, con una fiamma che si innalza libera verso l’alto.
 
Salgo l’irta montagna della mia maturità, il cammino è difficile, le rocce pungenti.
Ho paura perché i miei piedi e le mie mani
toccano le  rocce sfuggevoli del mio egoismo e della mia superficialità.
All’improvviso scivolo e cado: come potrei non farlo, è troppo difficile…
Ma una corda mi trattiene: Gesù è arrivato alla cima e mi sta tirando su.
Recupero la parete rocciosa e riprovo, acquisto sicurezza…
si può cadere, ma ci si può risollevare e proseguire se qualcuno ti sostiene.
E arrivo alla cima, mi distendo a terra per riprender fiato rivolto verso il cielo
e vedo sopra di me Lui, Gesù, che mi guarda;
vedo il  mio volto riflesso nei  suoi occhi  e nel suo cuore;
mi alzo e vedo la bellezza del paesaggio, lo splendore del cielo, respiro la purezza dell’aria;
ritrovo veramente me stesso, la mia vera umanità.
La fatica e le cadute non sono state vane… sono un uomo nuovo.
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 17-FEB-15
 

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