Il titolo potrebbe effettivamente apparire un po scoraggiante per avviare un confronto con gli operatori dellinformazione, nel contesto dellanno Paolino. Ma in realtà si tratta solo di un provocatorio volumetto di J. Derrida, che intende porre al centro il rapporto tra religione e media. Lintellettuale francese, ritenuto il padre del decostruzionismo, si lascia incuriosire dal giorno in cui Dio convoca Abramo per il sacrificio di Isacco e, data la delicatezza dellincarico, si preoccupa che la cosa non assuma i toni di una notizia di cronaca: Mi raccomando Abramo: questa volta niente giornalisti!. Lungo le poco più di 70 paginette Derrida affronta en passant diverse questioni, attribuendo al cristianesimo una specifica qualità e cioè la sua ‘mediatizzazione, in virtù della logica dellIncarnazione. Di tale capacità mediatica che è connaturale al cristianesimo e ne spiega anche il cosmopolitismo, partecipano in qualche misura anche le altre religioni (in particolare egli cita lebraismo, lislam e il buddismo) dando così origine a quel ‘ritorno della religione che, per sé, vuol dire semplicemente ‘ritorno sulla scena. Quella mediatica appunto. Dopo secoli di oscurantismo o di censura, come in taluni regimi fortunatamente eclissatisi, si torna a percepire lesperienza religiosa e ci si confronta in uno spazio pubblico intorno alla domanda sul senso della vita. Naturalmente questo rapporto media e religione è pure lo sfondo della fatica di tanti giornalisti, spesso accusati di lasciarsi piegare alle logiche del sensazionalismo e della politicizzazione. Ecco spiegata la ragione di un momento di riflessione che offra a quanti sono protagonisti nel mondo dei media una boccata dossigeno. Lincontro è pensato a due voci. Ci si vuol lasciare provocare, anzitutto, da una insuperabile leadership comunicativa che è quella di Paolo di Tarso la cui vigorosa personalità ha dato un impulso decisivo allesperienza cristiana. Senza Paolo in effetti il Vangelo non sarebbe arrivato ad intercettare le vie di comunicazione dellimpero romano. Più determinanti di tutto, però, furono non semplicemente le migliaia di chilometri percorsi nei viaggi, quanto probabilmente la forza della sua comunicazione, di cui abbiamo riprova tangibile nel suo celebre epistolario. Laltra voce da cui ci si vuol lasciare provocare dopo quella del biblista (grazie alla presenza di Romano Penna) sarà lesperienza professionale di un giornalista di razza: Igor Man. A partire dalla sua storia sarà più facile far emergere, al di là della idealità, le condizioni concrete e le possibilità reali in cui si gioca la libertà e la responsabilità del singolo operatore dellinformazione. Non resta, dunque, che partecipare a questo evento, promosso congiuntamente dal lUfficio nazionale per le comunicazioni sociali e il Servizio nazionale per il progetto culturale e previsto per il prossimo 26 febbraio alle ore 12 a Roma, presso la sala del Giubileo (Via di Porta Castello, 44). DOMENICO POMPILI Direttore Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali C.E.I.