Sussidio Quaresima 2014 - Ufficio liturgico nazionale
25 maggio - VI Domenica di Pasqua
Sono sempre con voi


La liturgia della VI domenica di Pasqua orienta il nostro sguardo al grande dono che la Chiesa riceve dal Risorto, lo Spirito Santo: “Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito, perché rimanga con voi sempre”.
Questa parola di Gesù accresce la nostra gioia pasquale, consola la nostra radicale solitudine e ci spiega la promessa fatta da Gesù mentre ascende al cielo: “Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Egli rimane con noi mediante lo Spirito. Anzi, ora non è solo “presso di noi” ma “in noi” come ci ricorda il Vangelo di questa domenica.
L’evangelista Giovanni usa il termine “Paraclito”. È un’espressione pregnante dai molteplici significati, tutti  utili a descrivere l’azione dello Spirito Santo nella vita del credente come difensore contro il male, sostegno nel momento della prova, forza nella testimonianza della verità.
Il termine “Paraclito” è attinto dal linguaggio giuridico e designa colui che si mette accanto all’accusato per aiutarlo a difendersi. In questo senso è usata anche in Gv 14,26; 15,26 e 16,7. Occorre pensare alle molteplici e grandi difficoltà che hanno dovuto affrontare i primi discepoli di Gesù per dare prova della loro fedeltà al Vangelo. In situazioni di forte ostilità e di persecuzione si comprende in modo tutto particolare la necessità di un “avvocato” divino per affrontare le persecuzioni, la lotta per la verità e rimanere saldi nella fede.
Ma ancora oggi Dio Padre, per la preghiera di Gesù, continua a mandare lo Spirito Santo. Anche oggi non mancano le persecuzioni a causa della fede e i martiri che versano il loro sangue per portare il Vangelo e rimanere fedeli a Cristo non sono meno numerosi dei primi tempi del cristianesimo. Ma, come ricorda l’Apostolo Pietro nella seconda lettura,  occorre essere sempre pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è noi. Presenza, luce, forza: sono doni dello Spirito ai credenti sempre necessari, per tutti. Ma ci sono stagioni della vita nelle quali il bisogno di sentirsi difesi, aiutati e incoraggiati è ancora più urgente.
«Voglio continuare a credere in un disegno di bene»  mi diceva Gianfranco pochi giorni prima di morire per un tumore ai polmoni, «ma ho paura di non farcela. Non lasciarmi solo».
La sofferenza è un’esperienza che, se da un lato può indicarci ciò che nella vita è essenziale e vero, dall’altra può intristirci e abbrutirci.
È un’esperienza seria per la quale non occorrono parole consolatorie ma necessita di vera consolazione.
“Il dolore isola assolutamente - scrive il filosofo E. Levinas - ed è da questo isolamento assoluto che nasce l’appello all’altro, l’invocazione all’altro”. Le pagine dei vangeli sono piene di racconti nei quali Gesù mostra attenzione e predilezione ai malati e ai sofferenti. Talvolta li incontra casualmente, altre volte lo cercano, altre ancora glieli portano davanti per farli guarire. E Gesù non ha fatto mai mancare il segno della solidarietà, della compassione e della comunione; talvolta della guarigione, sempre della cura.
Ai discepoli mandati dal maestro a continuare la sua missione egli affida principalmente due attenzioni: annunciare il vangelo e guarire/curare i malati (cfr. Lc 9,17). Effusa dal dono dello Spirito anche la Chiesa è chiamata a portare la consolazione di Dio per sostenere i malati e difenderli dal male. Il ministero dell’apostolo Filippo narrato dagli Atti degli Apostoli nella prima lettura di questa VI domenica di Pasqua ne è un esempio. Con la potenza dello Spirito egli va in una città della Samaria per annunciare il Cristo, e la sua predicazione è accompagnata da segni, gli stessi che avevano accompagnato quella di Gesù: la guarigione degli indemoniati e di molti storpi e paralitici. Per la potenza dello Spirito che accompagna il ministero dell’Apostolo, vengono operate guarigioni nel corpo e nello spirito di molti. Sono segni, come opportunamente li chiama il libro degli Atti degli Apostoli, da leggersi alla luce della Pasqua del Signore che abbiamo celebrato solennemente e che in ogni domenica si rinnova. Sono i segni della salvezza definitiva portata da Cristo morto e risorto. Sono i segni della guarigione definitiva che ci sarà donata nella risurrezione del nostro corpo mortale.
Papa Francesco ricevendo nel novembre scorso i volontari dell’UNITALSI, associazione nata per accompagnare i malati a Lourdes ma che nel tempo ha moltiplicato il suo impegno a favore delle persone sofferenti con un’attenzione che va ben oltre i pellegrinaggi, ha esortato ad essere perseveranti nel portare segni di resurrezione e ha definito la cura dei malati  “ministero della consolazione”.  
«La vostra associazione - ha detto papa Francesco - si dedica alle persone ammalate o in condizioni di fragilità, con uno stile tipicamente evangelico. Infatti, la vostra opera non è assistenzialismo o filantropia, ma genuino annuncio del Vangelo della carità, è ministero della consolazione …  Siete uomini e donne, mamme e papà, tanti giovani che, mossi dall’amore per Cristo e sull’esempio del Buon Samaritano, di fronte alla sofferenza non voltate la faccia dall’altra parte. … Al contrario, cercate sempre di essere sguardo che accoglie, mano che solleva e accompagna, parola di conforto, abbraccio di tenerezza. Non scoraggiatevi per le difficoltà e la stanchezza, ma continuate a donare tempo, sorriso e amore ai fratelli e alle sorelle che ne hanno bisogno. Ogni persona malata e fragile possa vedere nel vostro volto il volto di Gesù; e anche voi possiate riconoscere nella persona sofferente la carne di Cristo».
            Proprio quel giorno Rita, una ragazza disabile e malata, ha voluto testimoniare la trasformazione avvenuta in lei per la presenza di amici che, nel nome del Vangelo, hanno voluto rompere la sua solitudine e l’hanno aiutata a ritrovare dignità e voglia di vivere: «Era tempo ormai che più nessuno considerava la mia persona: io ero la mia malattia e la mia carrozzina. Ma non ero considerata e trattata come una persona». E dopo aver descritto la sua amarezza che si rinnovava ogni volta che veniva guardata con sentimento di falsa compassione  ha concluso: «ho ricominciato a vivere quando sono stata accolta e trattata dagli amici dell’Associazione non come una malata ma come una persona, non per la mia disabilità ma per la mia dignità di persona. Mi hanno chiamato per nome».
Rita è ancora sulla sua carrozzella e la sua malattia va avanti ma, come testimonia lei stessa,  «mi sono sentita raggiunta dall’amore di Dio attraverso il cuore di questi amici che mi hanno ridonato una famiglia, una dignità, la forza di andare avanti e persino la gioia di essere al mondo».
            «Il Padre vi manderà un altro Paraclito», ha promesso Gesù. È lo Spirito consolatore che ci raggiunge e ci dona presenza di Dio, luce e sostegno. È lo Spirito che mediante la Chiesa, la Parola e i Sacramenti ci dona la salvezza ed è lo stesso Spirito che ancora oggi suscita ministri di consolazione.
Ha scritto Benedetto XVI nella Spe salvi: «Accettare l‘altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è divenuta sofferenza condivisa, nella quale c‘è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell‘amore. La parola latina con-solatio, consolazione, lo esprime in maniera molto bella suggerendo un essere-con nella solitudine, che allora non è più solitudine» (38).
            Cambiano i nomi delle malattie ma restano i malati; cambiano le povertà ma restano i poveri. Dobbiamo solo guardarci attorno per vedere dove portare i semi della Pasqua che anche in questa domenica abbiamo celebrato.     
 
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 18-MAR-14
 

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