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Piccoli lettori crescono


Per ora sono ancora quelli che alzano la media na­zionale, perciò i bambini e i ragazzi che leggono sono un patrimonio da coltivare con cu­ra. In un Paese che in quanto a lettura non ha mai brillato, i libri restano oggetti desiderabili e praticati dal 60% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni, con un picco virtuoso tra i 2 e i 5 anni del 63,3%. Una bella fotografia del­la giovinezza se si considera che la media nazionale è ampia­mente al di sotto: solo il 46% de­gli italiani dichiara di leggere a malapena un libro in un anno. Dato che fa più impressione let­to al contrario, dalla parte di quei 54 connazionali su cento che non leggono niente di niente. In questo deserto sconfortante i numeri sono utili e non solo per­ché sottolineano quanto gli a­dulti forniscano alle giovani ge­nerazioni un pessimo esempio. I dati ci inchiodano a guardare lontano e, nel segnalarci che più si cresce più i lettori si riducono, dovrebbero indurci ad arginare l’emorragia futura: a lavorare perché l’abitudine alla lettura, che sappiamo attecchire tra bambini e ragazzi – i nativi digi­tali, la generazione nata e cre­sciuta a pane e Web – si radichi in maniera così profonda da su­perare l’adolescenza e diventare una fedeltà per la vita. Il dato è che oggi il libro non è più solo ma se vogliamo che il lettore sopravviva e cresca raffi­nato ed esigente, con la capacità di discernere quello che legge, come e dove lo legge, bisogna impegnarsi e iniziare presto con l’esempio e la proposta e non gli imperativi o le imposizioni: a ca­sa, in famiglia, a scuola e – per­ché no? – in parrocchia dove i li­bri ma ancor di più il giornale possono diventare per i ragazzi una proposta di aggregazione e di confronto, strumenti capaci di aprire porte su tanti mondi possibili e punti di vista, di su­scitare dibattiti e voglia di saper­ne di più. L’abitudine, la passione e la fe­deltà al libro o al giornale cre­scono su un terreno in cui mol­ti devono aver seminato, perché strada facendo saranno in tanti a remare contro. È una scom­messa che si dovrebbe giocare sui destini di bambini e ragazzi, sulla loro formazione: dare ap­puntamenti fissi con la parola scritta – l’immaginario della nar­rativa e la realtà dell’attualità – a una generazione che è sempre più attratta dal virtuale, dal mon­do delle immagini e dal flusso veloce e ininterrotto delle infor­mazioni.
È un fatto che per ogni bambino la consuetudine a leggere abbia ottimi effetti collaterali come il miglioramento delle competen­ze linguistiche, una crescita del­la capacità di ascolto e concen­trazione, di comprensione e di organizzazione del pensiero, l’af­finamento di una maturità e­motiva, nella sfera dei sentimenti e del senso morale. Un bagaglio di consapevolezza che i più gio­vani vanno aiutati a costruire e accrescere.
Certo è un impegno sostanzioso che tocca agli educatori: a loro non si chiede di fare i bibliote­cari o gli insegnanti ma di susci­tare interessi e entusiasmi, di contagiare ai più giovani il pia­cere della lettura in qualità di a­dulti di riferimento che danno valore alla crescita personale e spirituale dei più giovani, alla ri­flessione su di sé e sul mondo. Calvino sosteneva che le storie sono l’enciclopedia dei destini umani. L’attualità su cui si a­prono le finestre dell’informa­zione non è da meno, con un valore aggiunto: sui fatti e sulle opinioni ci si confronta, ci si al­lena a pensare criticamente con la propria testa. Per i cittadini di domani è un’assicurazione sulla propria libertà.
 
(Rossana Sisti)
 
Nella pagina in allegato anche alcune interessanti testimonianze...


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 23-APR-13
 

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